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Stando a un recente sondaggio condotto negli Stati Uniti, il 67 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni considera gli ebrei degli oppressori. Si badi, non Israele, ma proprio gli ebrei. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, scrive Brendan O’Neill sullo Spectator, è diventato «di moda considerare gli ebrei come problematici». Il sondaggio chiedeva: «Pensate che gli ebrei come classe siano oppressori e debbano essere trattati come oppressori o si tratta di una falsa ideologia?». Per due terzi degli intervistati appartenenti alla cosiddetta Generazione Z sì, sono oppressori.

TikTok e antisemitismo

«Benvenuti nell’era del fascismo di TikTok», commenta O’Neill, riferendosi al social network che più va di moda tra chi oggi ha attorno ai vent’anni. Solo il 9 per cento degli over 65 la pensa così: difficile, davanti a questi numeri, non pensare ai danni delle identity politics da anni in voga nelle scuole e università americane: «Le Olimpiadi dell’Oppressione, con la loro spietata suddivisione di ogni gruppo etnico in base al loro presunto vittimismo o presunto privilegio, hanno chiaramente alimentato una nuova disumanità», commenta l’editorialista dello Spectator e di Spiked, «ha convinto i giovani che le persone sono “oppresse” o “oppressori”, vale a dire “buone” o “cattive”. Neri, musulmani, trans: oppressi e quindi meritevoli della tua simpatia. Uomini bianchi, cisgender, ebrei: oppressori, e quindi meritevoli della vostra disapprovazione. Sotto la bandiera dell’“antirazzismo”, il razzismo più antico del mondo è stato riabilitato».

Dalle identity politics all’antisemitismo

In tutto ciò è notevole il cortocircuito per cui ad accusare gli ebrei di essere oppressori sono tendenzialmente le persone di sinistra, cioè quelle che si definiscono orgogliosamente antifasciste. Dal 7 ottobre in Occidente ci sono state numerose manifestazioni antisemite, quasi sempre legate al mondo delle università e molti ebrei sono stati aggrediti per il solo fatto di essere ebrei.

Ma se per tanti questi attacchi sono inconcepibili, scrive il settimanale conservatore britannico, «per altri, cosa spaventosa, sono atti di vendetta contro gli “oppressori”». Anni di propaganda giustificazionista nei confronti di chi fa violenza contro l’oppressore di turno (basta pensare a Black Lives Matter) fanno sì che le persone pensino sia un diritto insorgere contro chi gode di qualche “privilegio”. «La correttezza politica apre la strada ai pogrom». L’ideologia woke è un ribaltamento della realtà che “funziona”: filtrato attraverso la lente deformante delle identity politics il pogrom di Hamas del 7 ottobre diventa una rivolta degli oppressi contro gli ebrei oppressori. «È qui», commenta O’Neill, «che gli ultimi decenni di politica del risentimento, vittimismo competitivo e anti-bianco ci hanno portato». A forza di dire che gli ebrei sono tiranni la violenza antiebraica è una “liberazione”.

L’alleanza tra giovani occidentali e islamisti di Hamas

È inquietante l’alleanza tra giovani occidentali istruiti e gli islamisti di Hamas, anche se – scrive sul Wall Street Journal Michael Segal – il sostegno ai terroristi da parte degli studenti «non ha sorpreso nessuno che abbia seguito i commenti dei giornali studenteschi negli ultimi anni, dove queste idee sono sostenute da tempo». La novità, scrive il neuroscienziato nella sua opinion, «è che queste idee sono emerse all’attenzione del pubblico». E ciò è un bene.

«Non dobbiamo reagire in modo eccessivo né aspettarci che quest’odio degeneri in tutti gli Stati Uniti», spiega, perché «per avere un effetto sulla vita reale, le idee devono emergere dall’ombra, e a quel punto potrebbero non sopravvivere». L’antisemitismo più che strisciante nelle facoltà americane ha un’origine ben precisa, «la popolarità di un’ideologia basata sull’identità nota come “intersezionalità” che pretende privilegi speciali per tutti i gruppi ritenuti oppressi. L’intersezionalità crea un ordine gerarchico con neri, musulmani e LGBT in alto e bianchi, asiatici orientali ed ebrei in basso. Il risultato è una coalizione demenziale in cui i suprematisti islamici che odiano i gay e i devoti dell’intersezionalità gay partecipano alle stesse manifestazioni, ed emergono gruppi che suonano come parodie, come Queers for Palestine».

Ma i manifestanti identitari non vinceranno

Fino a che certe idee folli prosperano su internet danno l’impressione di essere condivise da molte più persone. Non solo, anche per colpa delle semplificazioni giornalistiche si pensa che ci siano politici che le condividano solo perché arrivano da mondi a loro affini. Segal fa l’esempio dei suprematisti bianchi, fenomeno sgonfiatosi in fretta dopo che i leader della destra americana li hanno criticati, compreso Donald Trump.

«Lo stesso sta accadendo ai manifestanti identitari emersi alla luce del sole dopo il massacro del 7 ottobre. Se si aspettavano il sostegno dei leader della sinistra, sono rimasti delusi. Il presidente Biden ha sostenuto la sconfitta di Hamas, così come il senatore democratico John Fetterman. In una lettera della scorsa settimana in cui denunciava Israele per il modo in cui sta conducendo la sua campagna a Gaza, anche il senatore Bernie Sanders ha riconosciuto che lo Stato ebraico “ha il diritto di andare in guerra contro Hamas”».

Preoccuparsi ma non troppo, dice l’opinionista del Wsj. Gli anticorpi a certi eccessi funzionano ancora negli Stati Uniti e «la luce del sole è il migliore dei disinfettanti», diceva Louis Brandeis. E non è vero che le idee dei giovani oggi saranno quelle di tutta la società domani. «Gli studenti crescono. Iniziano come pacifisti finché non si rendono conto che qualcuno vuole ucciderli. Iniziano come socialisti finché non si rendono conto che il socialismo porta alla rovina economica. Nel mondo reale, imparano attraverso l’esperienza e l’esposizione ad altri punti di vista che molte politiche che sembrano belle portano a conseguenze terribili».

QOSHE - «Ebrei oppressori». In Usa cresce l’antisemitismo, ma gli anticorpi ci sono - Piero Vietti
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«Ebrei oppressori». In Usa cresce l’antisemitismo, ma gli anticorpi ci sono

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01.01.2024

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Stando a un recente sondaggio condotto negli Stati Uniti, il 67 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni considera gli ebrei degli oppressori. Si badi, non Israele, ma proprio gli ebrei. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, scrive Brendan O’Neill sullo Spectator, è diventato «di moda considerare gli ebrei come problematici». Il sondaggio chiedeva: «Pensate che gli ebrei come classe siano oppressori e debbano essere trattati come oppressori o si tratta di una falsa ideologia?». Per due terzi degli intervistati appartenenti alla cosiddetta Generazione Z sì, sono oppressori.

TikTok e antisemitismo

«Benvenuti nell’era del fascismo di TikTok», commenta O’Neill, riferendosi al social network che più va di moda tra chi oggi ha attorno ai vent’anni. Solo il 9 per cento degli over 65 la pensa così: difficile, davanti a questi numeri, non pensare ai danni delle identity politics da anni in voga nelle scuole e università americane: «Le Olimpiadi dell’Oppressione, con la loro spietata suddivisione di ogni gruppo etnico in base al loro presunto vittimismo o presunto privilegio, hanno chiaramente alimentato una nuova disumanità», commenta l’editorialista dello Spectator e di Spiked, «ha convinto i giovani che le persone sono “oppresse” o “oppressori”, vale a dire “buone” o “cattive”. Neri, musulmani, trans: oppressi e quindi meritevoli della tua simpatia. Uomini bianchi, cisgender,........

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