«I crimini di cui un popolo si vergogna costituiscono la sua vera storia», ha scritto Jean Genet ne I paraventi.

Un’insopportabile aria circense, tumultuante, volteggiante, sporca di sangue e terriccio, accompagna lo strazio di una famiglia, macinata dal tritacarne mediatico.

Dispositivi di pornografia del dolore, colate laviche di sensazionalismo grottesco, trash, esibito in piano-sequenza sui volti arcigni di commentatori che la televisione usa massivamente, riciclandoli in un range che sagittalmente fende l’universo, spaziando dal calcio alla situazione di Gaza, fino alla cronaca nera.

Dietro la vergogna richiamata da Genet, avanza lo spirito dei tempi e di un popolo che annega nella morbosa ricerca di vittime da usare come tavolozza carnografica per i propri scopi, siano essi autopromozionali o politici o ideologici.

Del corpo della povera Giulia, uccisa, abbandonata nel folto di una natura provinciale, non importa già a nessuno, non c’è pace, né compassione, ...

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QOSHE - Scrivono “Giulia Cecchettin” ma intendono, tragicamente, “Io” - Andrea Venanzoni
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Scrivono “Giulia Cecchettin” ma intendono, tragicamente, “Io”

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21.11.2023

«I crimini di cui un popolo si vergogna costituiscono la sua vera storia», ha scritto Jean Genet ne I paraventi.

Un’insopportabile aria circense, tumultuante, volteggiante, sporca di sangue e terriccio, accompagna lo strazio di una famiglia, macinata dal tritacarne mediatico.

Dispositivi di pornografia del........

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