Ilaria Salis (al centro), la 39enne docente milanese da 13 mesi in carcere in Ungheria, durante il processo nell’aula di tribunale a Budapest lo scorso 28 marzo (foto Ansa)

Giovanni Sallusti ha ben affrescato il paradosso nel suo libro Mi mancano i vecchi comunisti (Liberilibri); non mancano a nessuno, ovviamente, ma davanti allo spettacolo, sovente farsesco, del disfacimento della attuale sinistra, a qualcuno quel pensiero è senza dubbio alcuno venuto. Perché, una volta, la forma-partito ispirata a una visione del mondo, una visione turpe e liberticida per carità ma almeno strutturata, portava alla compilazione delle liste elettorali con un piglio geometrico, attento a variabili ed elementi territoriali, sociali, culturali, prettamente politici. Oggi invece in questo tritacarne sospeso tra accelerazione social, contingenza spicciola e variamente segnaletica, assistiamo a scenari che sembrano apparire sputati fuori da uno spettacolo comico. E nemmeno dei più divertenti.

Elly Schlein e le liste del Pd. Tragedia, farsa e soap opera

La storia, come usava dire Hegel citato poi da Marx, tende sempre a ripetersi, la prima volta è tragedia, poi diviene farsa. Ecco, ora noi siamo nel punto che va lasciandosi alle spalle pure la farsa e che farebbe finire Marx sulle assi del palcoscenico di Zelig, a prendersi qualche torta in faccia, in una psicogeografia da avanspettacolo.

Mi riferisco in particolare alla querelle, trascolorante nella livida soap-opera, della candidatura di Iaria Salis nelle liste del Pd in vista delle elezioni europee. Parliamoci chiaro; l’intera operazione di riempimento delle liste da parte della Schlein si sta rivelando un calvario capace di regalare soddisfazioni agli avversari e al contempo mal di pancia interni al partito davvero non da poco.

Leggi anche:

Gli Insopportabili

Agenzia Antifa

Protestano le donne del partito, contro la eventuale candidatura della Schlein come capolista in tutte le circoscrizioni perché poi loro pagherebbero, ironia della sorte e dei sistemi politicamente corretti a ‘quote’, le ferree regole delle quote rosa in tema di candidatura.

Protestano le varie anime e le varie correnti del partito, per una serie di nomi, da quello del giornalista Paolo Berizzi a quello della matematica-scrittrice Chiara Valerio, fatti circolare in queste ore e che appaiono più specchietti per le allodole, iper-identitari nella loro morfologia più che frutto di un qualsiasi ragionamento anche solo vagamente politico.

Le sfumature grottesche della tentata candidatura di Ilaria Salis

Ma non c’è dubbio che il punto dove si intersecano e assommano le vicende più grottesche, le sfumature più incredibili e dadaiste, dove si consuma la nascita di un autentico surrealismo elettorale, sia la vicissitudine tormentata della ventilata candidatura di Ilaria Salis. L’antifascista in carcere in Ungheria, in attesa di giudizio, con sulla testa una serie di capi di imputazione non esattamente banali e con alle spalle una serie altrettanto non banale di condanne e di denunce e di segnalazioni alle autorità di polizia, a certificare notarilmente l’appartenenza della insegnante alla galassia del radicalismo di sinistra.

Dapprima, la candidatura era stata fatta balenare, in un estro di apparente genio non poi così geniale, quale segno di attenzione sulle condizioni detentive a cui la Salis è sottoposta in Ungheria. Una sorta di richiamo pubblico, segnaletico, simbolico e umanitario. Come spesso avviene, però, al pari della metafora dell’apprendista stregone, la materia animata fugge dalle mani di chi l’ha creata. E così è stato.

La “candidatura umanitaria” di chi è accusato di appartenere a gruppi dediti alla violenza politica presenta sempre delle esternalità negative politiche non da poco. Per la stessa persona sottoposta a processo, d’altronde. La politicizzazione della vicenda giudiziaria non a caso, e questo lo ha riconosciuto il padre della detenuta, rischia di ritorcersi contro la stessa figlia. E sul fronte del partito e della sua credibilità, una simile candidatura rischia di esporre a tutta una serie di ficcanti e non secondarie critiche.

Candidatura Salis. Il primo colpo di scena

Val la pena di rammentare, ad esempio, come il Pd sia il partito che ha patrocinato una mozione di sfiducia contro una ministra in quanto la stessa è indagata: non male poi candidare una persona sottoposta a processo non per reati di opinione o in quanto perseguitata politica ma per vicende di violenza politica.
Poi magari la Salis uscirà indenne dalla vicenda giudiziaria ungherese, ma intanto il Pd ha per l’ennesima volta certificato un forte doppio standard. E che la candidatura, in tutta evidenza idea estemporanea e poco meditata, sia faccenda spinosa e che sia stata gestita assai male, ce lo testimonia il recentissimo colpo di scena.

Dopo un intero pomeriggio sospeso in un limbo di “forse la candidiamo”/”forse non la candidiamo”, alcuni organi di stampa riportano un laocoontico groviglio di intenzioni, aspirazioni, si dice, però, vedremo, con, in fondo, la presa di posizione della Schlein. “La candidatura di Ilaria Salis non è in campo”, comunica la segretaria Dem. Ma la smentita, lo sanno e lo riportano tutti, è più che altro figlia del caos e dei timori ormai espressi dalla famiglia: la netta virata politica impressa alla vicenda rischia di peggiorare, in maniera palese, le condizioni della Salis stessa. Ragion per cui o la candidatura viene blindata e portata ad elezione certa, oppure la stessa finirebbe per essere rovinosa; sia per la detenuta sia per lo stesso PD che ci rimetterebbe la faccia, avendo nei fatti concorso a peggiorare la situazione della Salis.

Chi ha da perdere candidando Ilaria Salis? Tutti

Una candidatura per cui, paradosso tra i paradossi, hanno tutti da perdere. La Salis ad essere candidata e non eletta, finendo così per divenire ancora più invisa alle autorità ungheresi. Il Pd a candidarla e non farla eleggere, peggiorando la sua situazione. La Salis a essere candidata ed eletta, cosa che la garantirebbe di lasciare le galere ungheresi finendo però per divenire corpo estraneo e potenziale spina nel fianco di un partito a cui è del tutto aliena e che, c’è da giurarci, finirebbe poi per cercare di liberarsene politicamente per non incappare in incidenti di percorso.

Il Pd che avrebbe una euro-deputata per certi versi ostile alla sua stessa agenda, e che, elemento questo devastante, dovesse la stessa poi finire per essere condannata per atti di violenza politica, getterebbe uno stigma significativo sul partito. Un cul-de-sac, una tremenda vicenda lose-lose gestita dalla Schlein con infantilismo politico superficiale. Ma non è mica questo il colpo di scena, no.

Il secondo, clamoroso, colpo di scena

Il bello, o il brutto, dipende dai punti di vista, arriva nella mattinata del 4 aprile. Simone Canettieri sul Foglio scrive che la stessa Salis non avrebbe alcuna intenzione di candidarsi da indipendente nelle liste di un partito che non la rappresenta. D’altronde già il giorno precedente, sempre con il Foglio, il padre della Salis si era lasciato andare a uno sfogo contro la gestione non esattamente brillante della vicenda elettorale da parte del Pd.

Che ora sia la Salis a tirarsi indietro, a quanto viene riportato, è una smentita clamorosa all’attivismo scarsamente coordinato con il resto del partito da parte della Schlein. Un ribaltamento della situazione degno davvero del noto meme con Giovanni di Aldo, Giovanni e Giacomo intento a dire “cioè, si sta ribaltando la situazione”. Stia attenta la Schlein a non farsi ribaltare anche la sua segreteria.

https://t.co/dClDxDV9c1 pic.twitter.com/aA9IyvXxyv

— Andrea Venanzoni (@AndreaVenanzoni) April 4, 2024

QOSHE - La candidatura di Ilaria Salis nel Pd è puro surrealismo politico - Andrea Venanzoni
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

La candidatura di Ilaria Salis nel Pd è puro surrealismo politico

11 1
05.04.2024
Ilaria Salis (al centro), la 39enne docente milanese da 13 mesi in carcere in Ungheria, durante il processo nell’aula di tribunale a Budapest lo scorso 28 marzo (foto Ansa)

Giovanni Sallusti ha ben affrescato il paradosso nel suo libro Mi mancano i vecchi comunisti (Liberilibri); non mancano a nessuno, ovviamente, ma davanti allo spettacolo, sovente farsesco, del disfacimento della attuale sinistra, a qualcuno quel pensiero è senza dubbio alcuno venuto. Perché, una volta, la forma-partito ispirata a una visione del mondo, una visione turpe e liberticida per carità ma almeno strutturata, portava alla compilazione delle liste elettorali con un piglio geometrico, attento a variabili ed elementi territoriali, sociali, culturali, prettamente politici. Oggi invece in questo tritacarne sospeso tra accelerazione social, contingenza spicciola e variamente segnaletica, assistiamo a scenari che sembrano apparire sputati fuori da uno spettacolo comico. E nemmeno dei più divertenti.

Elly Schlein e le liste del Pd. Tragedia, farsa e soap opera

La storia, come usava dire Hegel citato poi da Marx, tende sempre a ripetersi, la prima volta è tragedia, poi diviene farsa. Ecco, ora noi siamo nel punto che va lasciandosi alle spalle pure la farsa e che farebbe finire Marx sulle assi del palcoscenico di Zelig, a prendersi qualche torta in faccia, in una psicogeografia da avanspettacolo.

Mi riferisco in particolare alla querelle, trascolorante nella livida soap-opera, della candidatura di Iaria Salis nelle liste del Pd in vista delle elezioni europee. Parliamoci chiaro; l’intera operazione di riempimento delle liste da parte della Schlein si sta rivelando un calvario capace di regalare soddisfazioni agli avversari e al contempo mal di pancia interni al partito davvero non da poco.

Leggi anche:

Gli Insopportabili

Agenzia Antifa

........

© Tempi


Get it on Google Play