E ti pareva. Di fronte alla riforma dell’elezione diretta del premier, davanti ad un cambiamento necessario per modernizzare le nostre istituzioni, la sinistra reagisce nell’unico modo che conosce: gridando alla «svolta autoritaria». Da un lato la destra avanza una proposta di forte innovazione, ma non di rottura col modello costituzionale esistente; dall’altro la sinistra oppone la conservazione dello status quo. Il disegno di legge sul premierato approvato ieri dal Consiglio dei ministri ha fatto venire l’orticaria a Elly Schlein. La segretaria del Pd lo ha stroncato con tre giudizi che equivalgono ad altrettante opinioni che nulla c’entrano con la legge in discussione: quella del premierato, ha detto la leader del Nazareno, «è una proposta che affossa la Repubblica parlamentare, indebolisce le prerogative del Presidente della Repubblica ed esautora il Parlamento». C’è da chiedersi dove la Schlein abbia letto queste cose, perché nel testo licenziato dal Governo non ce n’è traccia neanche alla lontana. Anzi. Vediamo perché. 1) La proposta non affossa proprio per nulla la Repubblica parlamentare. Com’è a tutti noto, la destra, da sempre fautrice del presidenzialismo, vi ha rinunciato proprio per favorire il formarsi di una maggioranza la più ampia possibile in Parlamento. La scelta del premierato non muta il carattere parlamentare della nostra Repubblica, che non diventa affatto una Repubblica presidenziale. 2) Questo progetto costituzionale non indebolisce le prerogative del Presidente della Repubblica. Al contrario, se una critica può essere mossa alla riforma è proprio quella di non avere toccato i poteri del Quirinale. Basti pensare che il premier non può neanche nominare e revocare i suoi ministri, come pure sarebbe logico in conseguenza di un’investitura popolare diretta. Se invece la Schlein si riferisce alla norma anti-ribaltone, che in caso di crisi di governo obbliga il Capo dello Stato a incaricare un parlamentare candidato nella stessa coalizione del premier dimissionario o sfiduciato beh, parliamo del minimo sindacale. Si tratta di garantire il rispetto del responso delle urne, ed evitare quei giochi di palazzo che troppe volte hanno portato a Palazzo Chigi chi non aveva il consenso degli italiani. 3) La proposta dell’Esecutivo non esautora affatto il Parlamento. Anche qui, il ruolo delle Camere resta intatto. Anche in questo caso sarebbe stato auspicabile un intervento più deciso, ma ciò avrebbe avuto un senso solo nell’ambito di un più generale ribilanciamento complessivo dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Un problema che la riforma approvata ieri non affronta. A meno che Schlein non si riferisca al premio di maggioranza, che per la prima volta viene costituzionalizzato. Ma prevedere che il premier eletto abbia numeri sufficienti per governare è addirittura ovvio: altrimenti gli italiani che lo voterebbero a fare? Cos’è che si esautora quindi? Mah. La verità è che la reazione di Schlein fotografa la deriva massimalista del Pd: dinanzi al tentativo del centrodestra di realizzare una riforma di cui tutti parlano da 40 anni senza riuscire a combinare nulla, il Pd risponde salendo sulle barricate. Una socialconfusione quella di Schlein, che probabilmente tornerà buona per andare a braccetto con M5S e la Cgil quando si tratterà di fare muro contro il premierato. Meloni dimostra di essere intenzionata a giocare la partita delle riforme istituzionali non per manganellare la Costituzione, come sostiene una sinistra sempre più fuori dal tempo e dalla realtà, ma per trovare soluzioni a un problema reale della Nazione: la presenza di Governi deboli dotati di poteri fragili. Appartiene al bagaglio culturale di una sinistra di governo il considerare “fascista” il rafforzamento della figura del premier? Appartiene a una sinistra credibile bollare come «svolta autoritaria» la modifica di appena 5 articoli della Costituzione? Tutto questo è ridicolo. Se le sinistre sceglieranno il muro contro muro, alla fine decideranno gli italiani col referendum. Saranno loro a spazzare via il fronte della conservazione.

QOSHE - Piccole bugie contro la grande riforma - Vincenzo Nardiello
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Piccole bugie contro la grande riforma

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04.11.2023

E ti pareva. Di fronte alla riforma dell’elezione diretta del premier, davanti ad un cambiamento necessario per modernizzare le nostre istituzioni, la sinistra reagisce nell’unico modo che conosce: gridando alla «svolta autoritaria». Da un lato la destra avanza una proposta di forte innovazione, ma non di rottura col modello costituzionale esistente; dall’altro la sinistra oppone la conservazione dello status quo. Il disegno di legge sul premierato approvato ieri dal Consiglio dei ministri ha fatto venire l’orticaria a Elly Schlein. La segretaria del Pd lo ha stroncato con tre giudizi che equivalgono ad altrettante opinioni che nulla c’entrano con la legge in discussione: quella del premierato, ha detto la leader del Nazareno, «è una proposta che affossa la Repubblica parlamentare, indebolisce le prerogative del Presidente della Repubblica ed esautora il Parlamento». C’è da chiedersi dove la Schlein abbia letto queste cose, perché nel testo licenziato dal Governo non ce n’è traccia neanche alla........

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