Difendere la fiducia. È questa la parola d’ordine con cui il Governo è chiamato ad affrontare il Def. Il Documento di economia e finanza va varato entro una settimana e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha un solo obiettivo: non perdere il capitale di credito riconquistato dall’Italia sui mercati internazionali in quest’anno e mezzo di governo. Si spiega così la fretta con cui ha varato il decreto (era ora) per imporre lo stop davvero definitivo al Superbonus. Una mossa che da un lato serve a mettere un punto al lievitare di cifre che restano mostruose, dall’altro a inviare un chiaro segnale a chi acquista i nostri titoli del debito pubblico, confermando che la linea del rigore nella gestione dei conti non cambierà. Il meno leghista dei ministri finora si è mosso bene e in anticipo. Tuttavia, non essendoci all’orizzonte interventi seri e strutturali sul lato della spesa, la coperta è destinata a restare corta. L’Esecutivo si è rassegnato all’idea di una crescita «modesta», per dirla con le parole dello stesso Giorgetti, pari all’1%, in ribasso rispetto all’1,2% indicato dall’Esecutivo nello scorso autunno, ma pur sempre superiore rispetto alle ultime previsioni della Commissione europea e del Fondo monetario internazionale, che ipotizzavano un +0,7%. La crescita economica in Italia è stata «frenata dall’inasprimento delle condizioni creditizie, nonché dai prezzi dell’energia ancora elevati; i consumi hanno ristagnato e gli investimenti si sono contratti», annotava la Banca d’Italia a gennaio nel suo bollettino economico. La stima di via Nazionale è che quest’anno il Pil potrebbe fermarsi allo 0,6%. Per smentirla Palazzo Chigi può contare essenzialmente su due cose: 1) che l’atteso calo dei tassi d’interesse nella seconda metà dell’anno faccia ripartire velocemente gli investimenti privati; 2) che la realizzazione del Pnrr, prevista nel 2024 in forte accelerazione, metta benzina nel motore della crescita. Tuttavia, va messo nel conto che la sacrosanta chiusura del pozzo senza fondo del Superbonus 110% determinerà un effetto recessivo, con l’inevitabile corollario di un possibile intervento correttivo. Per questo occorre prudenza e non mettere la polvere sotto il tappeto. Se avesse ragione Bankitalia con le sue previsioni sarebbe un problema, perché mancherebbero all’appello un bel po’ di miliardi. Nell’attesa di capire come andrà a finire, la verità è che l’illusione dei lavori edilizi gratis ha scavato una voragine nei conti pubblici di cui non si vede la fine. Questa vicenda dovrebbe insegnarci che con la Repubblica dei bonus è ora di finirla, perché si va in malora. È uno scandalo che l’Italia debba spendere l’8% del suo Pil per pagare gli interessi sul debito: è molto più di quello che investiamo per tutta la spesa sanitaria e il doppio di quanto paghiamo per l’istruzione. Così, giusto per citare un paio di voci con cui a destra e a sinistra ci si riempie abitualmente la bocca un giorno sì e l’altro pure, senza sapere bene di cosa si parla. Giova ricordare che sul Superbonus 110%, uno dei più grandi disastri finanziari della storia repubblicana, tutti i partiti del governo Conte 2 e tutti quelli del centrodestra all’epoca all’opposizione si divisero solo tra chi lo voleva e chi ne voleva di più. Tutti insieme si contesero poi il merito di averlo difeso dagli artigli di Mario Draghi che voleva rottamarlo, ma i partiti preferirono rottamare lui. Il grande cambiamento in Italia lo faremo quando qualcuno avrà il coraggio di spiegare agli elettori che i soldi pubblici non sono mai soldi degli altri; sicché i debiti non sono di un qualcun altro indefinito, ma i nostri. E soprattutto dei nostri figli e nipoti. Il giorno che questo concetto diventerà chiaro non succederà più che, di fronte ad una spesa impossibile da finanziare, si dica sempre che è colpa dei mercati, dell’Europa, delle banche o di chissà chi altro. Invece è semplicemente colpa nostra. Se il super disastro del Superbonus servirà almeno a capire questo, non avrà fatto danni invano.

QOSHE - Non sprecare la fiducia: Giorgetti scava la trincea - Vincenzo Nardiello
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Non sprecare la fiducia: Giorgetti scava la trincea

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05.04.2024

Difendere la fiducia. È questa la parola d’ordine con cui il Governo è chiamato ad affrontare il Def. Il Documento di economia e finanza va varato entro una settimana e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha un solo obiettivo: non perdere il capitale di credito riconquistato dall’Italia sui mercati internazionali in quest’anno e mezzo di governo. Si spiega così la fretta con cui ha varato il decreto (era ora) per imporre lo stop davvero definitivo al Superbonus. Una mossa che da un lato serve a mettere un punto al lievitare di cifre che restano mostruose, dall’altro a inviare un chiaro segnale a chi acquista i nostri titoli del debito pubblico, confermando che la linea del rigore nella gestione dei conti non cambierà. Il meno leghista dei ministri finora si è mosso bene e in anticipo. Tuttavia, non essendoci all’orizzonte interventi seri e strutturali sul lato della spesa, la coperta è destinata a restare corta. L’Esecutivo si è rassegnato all’idea di una crescita «modesta», per........

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