Infilarsi subito nello spiraglio. Capita a volte che la storia offra l’occasione di esercitare un ruolo da protagonista anche a chi non ne avrebbe i galloni. Primo indizio. Pochi hanno notato l’assenza dell’ambasciatore italiano tra quelli europei convocati dal Governo iraniano dopo l’attacco a Israele. Il regime degli ayatollah ha dichiarato di aver protestato con i diplomatici dopo le parole «irresponsabili» delle loro Nazioni: forse Roma non aveva condannato con la stessa fermezza i droni e i missili lanciati da Teheran? Certo che no. Allora perché siamo stati trattati diversamente da tedeschi, francesi e britannici? Secondo indizio. Quale ministro degli Esteri europeo può permettersi di alzare il telefono e parlare per oltre un’ora con il suo omologo iraniano nel pieno della crisi in corso? Risposta: quello italiano. È accaduto venerdì scorso quando, appena poche ore prima dell’attacco, Antonio Tajani ha ottenuto da Hossein Amir-Abdollahian la rassicurazione che sarebbe stata salvaguardata l’incolumità dei soldati italiani che operano in Libano lungo la Linea Blu, il “confine non confine” che separa Israele dai terroristi di Hezbollah al soldo di Teheran. Terzo indizio. Questi due episodi non nascono dal caso, ma da un rapporto solido e antico. L’Italia è stata per anni il primo partner commerciale dell’Iran in Europa e da quelle parti ci considerano i più “vicini” tra gli occidentali, con una storia di rapporti bilateriali antica e consolidata. Non c’è bisogno di scomodare Marco Polo. Insomma, per farla breve, il nostro Governo nonostante la postura totalmente allineata e coperta agli Usa è considerato dalla teocrazia islamica ancora un interlocutore credibile. Un ruolo amplificato dalla felice circostanza che Roma detiene la presidenza di turno del G7, la cui sezione Esteri è in corso a Capri. Al contempo gli Stati Uniti non sono per nulla certi di riuscire a tenere a freno Israele: per Biden un’ulteriore espansione dell’incendio mediorientale a pochi mesi dalle presidenziali Usa sarebbe esiziale. Il tempo per evitare l’esclation stringe e mai come ora Washington ha bisogno di mediatori e canali di dialogo. Per Meloni è una grande opportunità. Lo dimostra il bilaterale tenuto a Capri tra Tajani ed il segretario di Stato americano, Blinken, da cui sono emerse nuove sanzioni all’Iran con la convergenza del G7 Esteri. Non che servano a qualcosa, ma è significativo che da qui sia partito un segnale politico e di solidarietà a Israele, affinché la sua reazione non mandi la situazione fuori controllo. Altri due elementi completano il quadro: 1) la fedeltà atlantica dell’Italia non può essere messa in discussione da nessuno; 2) Meloni ha ottimi rapporti anche con il premier israeliano Netanyahu. I vertici di questo quadrilatero Roma-Teheran-Tel Aviv-Washington disegnano il perimetro di un possibile spiraglio negoziale. Per una serie di circostanze l’Italia potrebbe esercitare il ruolo di facilitatore. Come contropartita di questo sforzo, la premier potrebbe chiedere agli Usa un maggiore impegno della Nato nel Mediterraneo, dove più in pericolo sono i nostri interessi nazionali. Infatti, mentre l’Italia è in prima linea nelle missioni che presidiano il fianco Nord-Orientale dell’Alleanza, rispettando così il principio di solidarietà tra alleati, il nostro estero vicino è sostanzialmente sguarnito. I russi sono in Cirenaica; i turchi in Libia e Tunisia; i cinesi, assieme agli uomini di Putin, dilagano in Africa, di fronte casa nostra. Se Mosca costruirà una sua base a Tobruk, come ha già fatto in Siria, quale sarà la nostra risposta? Questi sono fatti che da queste colonne evidenziamo da mesi. Ora c’è una novità: lunedì Sergio Mattarella ha ammonito che «non ci può essere separazione tra sicurezza del fianco Nord e sicurezza del fianco Sud dell’Alleanza». Anzi, ha aggiunto il Capo dello Stato, «va colmato il deficit del progressivo venir meno dell’attenzione all’area mediterranea e medio-orientale». Magnifico. Un impegno dell’Italia tra Iran e Israele potrebbe essere il giusto viatico per esigere che quel «deficit» venga colmato. Ma bisogna fare presto. Bisogna farlo ora. Carpe diem.

QOSHE - La vera posta in gioco al G7 e l’occasione da non perdere - Vincenzo Nardiello
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La vera posta in gioco al G7 e l’occasione da non perdere

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19.04.2024

Infilarsi subito nello spiraglio. Capita a volte che la storia offra l’occasione di esercitare un ruolo da protagonista anche a chi non ne avrebbe i galloni. Primo indizio. Pochi hanno notato l’assenza dell’ambasciatore italiano tra quelli europei convocati dal Governo iraniano dopo l’attacco a Israele. Il regime degli ayatollah ha dichiarato di aver protestato con i diplomatici dopo le parole «irresponsabili» delle loro Nazioni: forse Roma non aveva condannato con la stessa fermezza i droni e i missili lanciati da Teheran? Certo che no. Allora perché siamo stati trattati diversamente da tedeschi, francesi e britannici? Secondo indizio. Quale ministro degli Esteri europeo può permettersi di alzare il telefono e parlare per oltre un’ora con il suo omologo iraniano nel pieno della crisi in corso? Risposta: quello italiano. È accaduto venerdì scorso quando, appena poche ore prima dell’attacco, Antonio Tajani ha ottenuto da Hossein Amir-Abdollahian la rassicurazione che sarebbe stata salvaguardata l’incolumità dei soldati........

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