Il coraggio delle parole. E quello dei fatti. È assolutamente decisivo per il Governo che le due cose si avvicinino quanto più possibile. Soprattutto in vista di un anno che si annuncia complicato. Un deficit destinato a restare ancora troppo elevato, gli interessi da pagare sul debito pubblico che rischiano di aumentare ulteriormente se la Bce non ridurrà i tassi d’interesse al più presto e un’economia che rallenta: un’equazione che si annuncia difficile da risolvere. Ad aprile andrà presentato il nuovo Documento di economia e finanza e bisognerà scrivere cifre credibili, mentre tutto andrà fatto nella cornice pessima della campagna elettorale per le Europee. Quando ci sono decisioni importanti da prendere, infatti, la campagna elettorale è sempre il contesto peggiore, perché il mercato del consenso è nemico del mercato della responsabilità. Intendiamoci, i segnali positivi dell’economia italiana che testimoniano la sua resilienza non mancano. Ma non mancano neanche i rischi. L’Esecutivo prevede un disavanzo del settore statale (cioè le entrate meno le spese effettuate dal Tesoro) del 6,3%, un divario che si trascinerà anche nel 2025 al 5,6%. Nel contempo sono in aumento le spese per pensioni e prestazioni sociali, mentre sul lato degli investimenti ci giochiamo tutto, a partire dall’osso del collo, con la capacità che avremo di tradurre gli investimenti del Pnrr in cantieri e posti di lavoro. Quindi Pil. Già, il Pil. È quella della crescita la vera scommessa che il Governo deve vincere, se vorrà evitare di arrivare a fine anno per poi varare un’altra Manovra striminzita e di galleggiamento, magari lamentando di nuovo la scarsità delle risorse. Per forza: se non si tocca il Bilancio dello Stato le risorse continueranno a restare scarse. Quindi non c’è più tempo da perdere: al netto di Bruxelles, del Patto di stabilità, della Bce, del Pnrr, delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, della congiuntura internazionale e di tutti gli altri fattori che riguardano il vincolo esterno, c’è da fare immediatamente la riforma delle riforme, l’unica in grado di garantire un margine di manovra: quella del Bilancio pubblico. È troppo importante l’obiettivo di scongiurare una crescita che nel 2024 si attesti a circa la metà di quella prevista dall’Esecutivo: significherebbe fare uno zero virgola. Per evitarlo non serve uno stimolo congiunturale, ma occorre una spinta strutturale. Da un lato abbiamo il Pnrr da realizzare il più velocemente possibile, ma dall’altro vanno aggrediti i due moloch finora considerati intoccabili: i 1.080 miliardi di spesa e i mille miliardi di entrate. Solo così sarà possibile trovare i soldi per finanziare una riforma fiscale più ampia di quella appena timidamente avviata (sull’Irpef 4 miliardi appena, per di più finanziati in deficit e per un solo anno). A inizio anno Meloni ha detto di essere favorevole a lavorare «prevalentemente sul taglio della spesa». Sono parole coraggiose che stavolta dovranno essere seguite dai fatti se il Governo vorrà ricavare spazio per margini d’intervento seri. Se l’obiettivo è una riduzione della pressione fiscale percepibile e tale da rilanciare il Pil, è al processo di revisione della spesa che bisogna guardare e senza indugio. La detassazione dei redditi dev’essere significativa per influenzare i comportamenti di famiglie e imprese, stimolando offerta di lavoro e investimenti. Tagli minimali alle imposte servono a garantire la sopravvivenza e nulla più. Tuttavia, se proprio non la si vuole tagliare, almeno si provi a congelare la spesa pubblica in termini reali, indicizzandola all’inflazione. Questo aiuterebbe a contenerne maggiormente la dinamica. Al tempo stesso, il Governo dovrebbe garantire che gli incrementi di gettito derivanti dalla crescita reale (non dall’inflazione), come quelli provenienti dal recupero di evasione fiscale, vengano subito restituiti sotto forma di minori tasse. È tempo di muoversi. Prima che la campagna elettorale divori tutti i buoni propositi.

QOSHE - La riforma che serve per spingere la crescita - Vincenzo Nardiello
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La riforma che serve per spingere la crescita

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13.01.2024

Il coraggio delle parole. E quello dei fatti. È assolutamente decisivo per il Governo che le due cose si avvicinino quanto più possibile. Soprattutto in vista di un anno che si annuncia complicato. Un deficit destinato a restare ancora troppo elevato, gli interessi da pagare sul debito pubblico che rischiano di aumentare ulteriormente se la Bce non ridurrà i tassi d’interesse al più presto e un’economia che rallenta: un’equazione che si annuncia difficile da risolvere. Ad aprile andrà presentato il nuovo Documento di economia e finanza e bisognerà scrivere cifre credibili, mentre tutto andrà fatto nella cornice pessima della campagna elettorale per le Europee. Quando ci sono decisioni importanti da prendere, infatti, la campagna elettorale è sempre il contesto peggiore, perché il mercato del consenso è nemico del mercato della responsabilità. Intendiamoci, i segnali positivi dell’economia italiana che testimoniano la sua resilienza non mancano. Ma non mancano neanche i rischi.........

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