Troppa accondiscendenza. Per di più inutile, perché tanto alla mano tesa del centrodestra la sinistra risponde sempre col pugno chiuso della propaganda. Lo dimostra tutto il dibattito che si sta sviluppando attorno alla riforma costituzionale. La destra ha già rinunciato al presidenzialismo, quella sì che sarebbe stata una proposta di rottura radicale con il quadro esistente. Passare da una Repubblica parlamentare a una presidenziale avrebbe cambiato tutto, a cominciare dal famoso equilibrio dei poteri tanto evocato a sproposito in questi giorni. Invece la scelta del premierato, decisamente più soft e fatta per facilitare l’apertura di un dialogo con le opposizioni, da questo punto di vista non è servita a nulla. Nonostante un anno di trattative portate avanti dalla ministra delle Riforme con le opposizioni, Elly Schlein e Giuseppe Conte hanno reagito manco Giorgia Meloni avesse minacciato di fare delle aule parlamentari sorde e grigie un bivacco per i suoi manipoli. Hanno iniziato a sbraitare contro «un modello che sradica l’equilibrio dei poteri della Costituzione, indebolisce ulteriormente il Parlamento e le prerogative del Presidente della Repubblica». Falsità sesquipedali. Se infatti questa riforma ha un difetto e ce l’ha di sicuro è esattamente quello opposto: non modifica l’equilibrio dei poteri, non intacca le prerogative del Quirinale tranne ovviamente per la nomina del premier eletto direttamente dal popolo e non indebolisce affatto il Parlamento, che continua a dare e togliere la fiducia al Governo. È una riforma “in punta di piedi” quella del centrodestra, che non fa del presidente del Consiglio un primo ministro e non gli concede neanche il potere di nomina e revoca dei ministri (che sarebbe stato il minimo sindacale, vista l’investitura popolare diretta), proprio per non entrare in rotta di collisione col Colle. Nonostante tutto ciò, dall’opposizione sono venute solo chiusure pregiudiziali. Se si esclude la posizione di Matteo Renzi, non una sola apertura al confronto è arrivata né dal Pd né da M5S. Anzi, i dem domani scenderanno addirittura in piazza «contro la svolta autoritaria». Nonostante queste chiusure a qualsiasi dibattito, non si capisce per quale ragione nella maggioranza è partita una gara ad annunciare modifiche al testo approvato dal Consiglio dei ministri, con il serio rischio di annacquarlo. Sembra quasi che il centrodestra si debba in qualche modo “giustificare” del delitto di lesa maestà di cui si sarebbe macchiato proponendo la riforma. Ora, è giusto discutere con tutti e di tutto. È sacrosanto che le osservazioni e le proposte dei partiti, come quelle di costituzionalisti ed esperti vari, siano tenute in considerazione, ma sarà bene fin d’ora che la maggioranza fissi dei paletti ben precisi, dei confini oltre i quali non è possibile andare. Pena lo stravolgimento della riforma stessa in un pasticcio che, quello sì, risulterebbe indigeribile e pericoloso per le istituzioni. Anche perché la strategia delle sinistre è chiarissima: nessun dialogo e nessuna proposta alternativa che non sia la conservazione dello status quo per puntare diritti al referendum. Una consultazione popolare che il centrodestra non deve temere. Il premierato punta ad assicurare coerenza tra volontà popolare, conseguente maggioranza parlamentare e Governo della Nazione. Chi vince governa 5 anni. È semplice. Ed è altrettanto comprensibile che sia contro questa riforma chi, come il Pd, ha comandato a Palazzo Chigi negli ultimi 10 anni senza mai aver vinto una sola volta nella urne. La premier, affermando che «sono gli italiani che decidono e questo nulla ha a che fare con l’andamento del Governo», ha dato l’impressione di temere il giudizio degli elettori. È evidente, invece, che in un referendum su una riforma così qualificante e fortemente voluta, Meloni si giocherebbe tutto. Anche perché, se la riforma andrà in porto, quei cittadini saranno gli stessi che al prossimo giro dovranno votarla direttamente come candidata premier. Servono meno accondiscendenza e più coraggio.

QOSHE - Fermare subito la corsa a soffocare il premierato - Vincenzo Nardiello
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Fermare subito la corsa a soffocare il premierato

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10.11.2023

Troppa accondiscendenza. Per di più inutile, perché tanto alla mano tesa del centrodestra la sinistra risponde sempre col pugno chiuso della propaganda. Lo dimostra tutto il dibattito che si sta sviluppando attorno alla riforma costituzionale. La destra ha già rinunciato al presidenzialismo, quella sì che sarebbe stata una proposta di rottura radicale con il quadro esistente. Passare da una Repubblica parlamentare a una presidenziale avrebbe cambiato tutto, a cominciare dal famoso equilibrio dei poteri tanto evocato a sproposito in questi giorni. Invece la scelta del premierato, decisamente più soft e fatta per facilitare l’apertura di un dialogo con le opposizioni, da questo punto di vista non è servita a nulla. Nonostante un anno di trattative portate avanti dalla ministra delle Riforme con le opposizioni, Elly Schlein e Giuseppe Conte hanno reagito manco Giorgia Meloni avesse minacciato di fare delle aule parlamentari sorde e grigie un bivacco per i suoi manipoli. Hanno iniziato a sbraitare contro........

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