Questione morale o sete di potere? Questo è il dilemma. “Solo sete di potere, così è finito il Pd”. Parola di Moni Ovadia, che parlando della crisi che sta attraversando la sinistra per le inchieste della magistratura di mezz'Italia, ha detto che “hanno problemi immensi, vanno rifondati e dovrebbero risorgere”. Ma anche che “la colpa non è di “Elly, bensì di chi si nasconde dietro di lei” e non ha mancato di inviare una velenosa frecciatina a Conte, perché “è ora di dire basta a questo giustizialismo esasperato”, parola che, a suo dire, “non dovrebbe neanche esistere”. Provate a dargli torto. Al Pd, la voglia di potere non manca certo. Anzi. Forse, è anche troppa e viene da prima dell'arrivo di Elly. Ed è nata grazie a chi, giocando con le parole ha trasformato in “egemonia culturale” quella che, purtroppo, era soltanto una strategia finalizzata all'”occupazione del potere”. Basta pensare a quanti governi la sinistra ha messo in piedi, nell'ultimo quindicennio senza tenere conto del voto degli italiani o senza neanche interpellarli, ricorrendo con la complicità e l'assenso del Quirinale a “manovre di palazzo”. Tant'è che l'ultima vittoria elettorale dellla sinistra risale al 2006 col governo Prodi, rimasto in carica fino a febbario del 2008, quando si tornò alle urne e a Palazzo Chigi rientrò Berlusconi, ma a novembre 2011 fu costretto a ridimettersi dando il via alla lunga sequela di 6 governi tecnici: 3 a testa, tra Napolitano e Mattarella. Un balletto durato fino al 2022 quando, finalmente, la parola venne ridata agli italiani che scelsero il centrodestra e il governo Meloni. Il che, diciamolo francamente e senza remora, fa sorgere – anzi, lo conferma, visto che personalmente, e non sono stato l'unico ad averlo più volte sostenuto, durante questi anni il dubbio che alla involuzione della politica italiana abbiano contribuito, con decisioni che facevano a pugni con la democrazia, pesantemente i nostri ultimi due Capi dello Stato. Proprio quelli, cioè, chiamati dalla Costituzione a difenderla. E, guarda caso, con il costante ricorso da parte della sinistra a quel “giustizialismo esasperato” che, Ovidia, oggi condanna, attribuendone, però, la responsabilità solo a Giuseppi e ai pentastellati, liberandone Schneil e dem che, nella stessa misura e modalità degli ex alleati del defunto, ancor prima di nascere, “campo largo”, sono politici a “giustizialismo incorporato”. Ovviamente, nei confronti di chi non la pensa come loro. Ed è davvero surreale – dopo tutto quanto successo che la sinistra abbia accusato il Tg1 perché stando al suo reponsabile informazione Ruotolo avrebbe “superato il limite della decenza, gettando fango sui dem”, informando “sulle inchieste delle Procure di Bari (2 inchieste, oltre 200 rinvii a giudizio fra cui anche qualche politico locale e 7 misure cautelari, fra cui l'ex assessore regionale della giunta Emiliano: Alfonso Pisicchio, non rieletto alle Regionali del 2020, ma ricompensato dal governatore con la guida dell'Agenzia regionale A.r.t.i, da cui si è dimesso (strana coincidenza, però!) appena 3 ore prima di finire ai “domiciliari” il fratello Enzo per presunte compravendita di voti e collusioni con la malavita organizzata (per i pm la corruzione avrebbe potuto inquinare anche il voto 2024); Torino (9 arresti, 29 indagati per appalti truccati e voto di scambio), Frosinone (voto di scambio alle comunali di Cassino 2019) che stanno azzoppando il Pd. “Questione morale”, quindi, solo una foglia di fico per coprire quel “giustizialismo esasperato” denunciato da Ovadia e nascondere due ipocrisie. Quella di Emiliano: non si è mai dimesso dalla Magistratura, preferendo l'aspettativa e quindi, essendo ancora un magistrato, non ha potuto iscriversi al Pd avendoglielo vietato la Corte costitruzionale prendendone, le distanze e sostenendo che i suoi familiari avevano “votato per i 5 Stelle”, che nelle Regionali 2020 si erano schierati contro di lui. Ci credete? E l'altra di Giuseppi che ha sfruttato l'errore del Pd di far partecipare anche i non iscritti all'elezione del segretario ha mandato i pentastellati ai gazebo a votare Schneil e, ora dopo averla aiutata a vincere la corsa alla leadership dem, prova ad approfittare della sua debolezza per strapparle: guida dell'opposizione e poltrone a Bruxelles. Magari con l'appoggio del Governatore, che si è guardato bene dallo scaricare. Anzi! E perché no, con Bonaccini e De Luca.

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Conte ed Emiliano divisi per colpire insieme Elly

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14.04.2024

Questione morale o sete di potere? Questo è il dilemma. “Solo sete di potere, così è finito il Pd”. Parola di Moni Ovadia, che parlando della crisi che sta attraversando la sinistra per le inchieste della magistratura di mezz'Italia, ha detto che “hanno problemi immensi, vanno rifondati e dovrebbero risorgere”. Ma anche che “la colpa non è di “Elly, bensì di chi si nasconde dietro di lei” e non ha mancato di inviare una velenosa frecciatina a Conte, perché “è ora di dire basta a questo giustizialismo esasperato”, parola che, a suo dire, “non dovrebbe neanche esistere”. Provate a dargli torto. Al Pd, la voglia di potere non manca certo. Anzi. Forse, è anche troppa e viene da prima dell'arrivo di Elly. Ed è nata grazie a chi, giocando con le parole ha trasformato in “egemonia culturale” quella che, purtroppo, era soltanto una strategia finalizzata all'”occupazione del potere”. Basta pensare a quanti governi la sinistra ha messo in piedi, nell'ultimo quindicennio senza tenere conto del voto degli italiani o senza neanche interpellarli, ricorrendo con la complicità e........

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