Sanremo. Sempre lei. La comunità per intero, con la sua (in)capacità ricettiva, le infrastrutture manchevoli e perfino la manutenzione inadeguata dell’impianto fognario, finisce adesso sotto osservazione. Nella narrazione di qualcuno, non più allietata dalle sue odorose inflorescenze, ma ammorbata dai miasmi di risulta, la cittadina “imperiale” assurge, così, al ruolo di prima attrice in palcoscenico, scalzando le mille polemiche che artate, verosimili, appena di rado concrete arroventano il Festival della Canzone Italiana, stagione dopo stagione. Per una volta aizzate a sipario calato e a scenografie sonore decomposte. Con la 75esima edizione all’orizzonte (nessuno stupore: da altrettanti anni, la lavorazione della kermesse si avvia nelle ore che segnano l’epilogo della precedente), leva la voce Enzo Mazza, presidente della Federazione Industria Musicale Italiano. Sanremo, sibila Mazza (plausibilmente pungolato da riprovevoli accadimenti recenti) “è una città che probabilmente pensa di vivere di rendita. Ma, senza investimenti, diventa sempre più fosforescente la distanza tra la modernità di un Festival di grande successo e l’obsolescenza di una città che non vuole crescere. Russell Crowe e John Travolta hanno dormito a Nizza pur di non stare a Sanremo, ci sarà un motivo o no?”. Il patron le individua tutte nell’inadeguatezza strisciante. Sotto osservazione finiscono i palazzi fatiscenti (neppure rifioriti sulla scia, grondante denari pubblici, del 110%), l’impianto fognante, gli alberghi che quando non sono anonimi, appaiono desueti. Ragiona Mazza: “La Rai si è modernizzata. Noi discografici ci siamo modernizzati. E Sanremo è ancora lì con le facciate dei palazzi sbreccati, il treno veloce che però è lento, le fognature che si rompono e gli alberghi che non vengono ristrutturati da vent’anni. La cosa più moderna è quell’assurda stazione ferroviaria scavata nella roccia, che per raggiungere i due binari devi fare quattrocento metri e prendere due ascensori. Manco a New York. Sarà costata miliardi”. Nulla di nuovo sotto il sole della riviera, a dire il vero, sebbene l’imperitura lotta intestina alla Rai sul gioco delle candidature da giocare all’Ariston, da tempo (immemore) prevalga nella narrazione dei lati oscuri del festivalone. L’inidoneità dei luoghi preposti è lampante, ma la pretesa di strappare Sanremo a Sanremo rischia il karakiri. Tanto per cominciare, il comune detiene il marchio Festival di Sanremo. Se ne desume che la kermesse non può emigrare per ovvie motivazioni: a Viale Mazzini vige la regola che squadra vincente non si tocca, figurarsi un marchio rinomato in mezzo mondo. E antico 75 anni. Negli anni si discusse di rifondare il Festival della Canzone a Roma o a Milano (vero cuore pulsante della discografia italiana), ma furono costretti ad immediata resa gli stessi addetti ai lavori, tranciati di netto da mille opposizioni (anche interne). Si potrebbe ovviare (almeno) alle evidenti manchevolezze del teatro Ariston, poco più di un cinemino di provincia, dove da quando si abbandonarono le sale del Casinò si fa a turno per accedere ai camerini, ma è anche questa una scelta già testata. Era il 1990 e Adriano Aragozzini, esegeta della grandeur, allestì un mega-palcoscenico al Mercato dei Fiori. Fu il flop dei sentimenti. Per l’asetticità della struttura, più prossima a quella di una (rispettabile, per carità) fiera paesana, ma soprattutto per l’inaccettabile qualità del suono. Diversa resa, nell’ultimo quinquennio, hanno prodotto le scelte di Amadeus di aprire a più luoghi cittadini e a una struttura “mobile”, ancorata nella marina. Su questa falsariga si potrebbe ragionare oltre, magari destinando il teatro ai competitor e accogliendo in strutture “altre” la grande massa di ospiti che da sempre costruiscono la parte integrante della festa. Sempre che si resti nella città dei fiori. Perché Sanremo e Festival sono un binomio inscindibile.

QOSHE - Sottrarre Sanremo al festival significa fare harakiri - Massimo Maffei
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Sottrarre Sanremo al festival significa fare harakiri

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25.02.2024

Sanremo. Sempre lei. La comunità per intero, con la sua (in)capacità ricettiva, le infrastrutture manchevoli e perfino la manutenzione inadeguata dell’impianto fognario, finisce adesso sotto osservazione. Nella narrazione di qualcuno, non più allietata dalle sue odorose inflorescenze, ma ammorbata dai miasmi di risulta, la cittadina “imperiale” assurge, così, al ruolo di prima attrice in palcoscenico, scalzando le mille polemiche che artate, verosimili, appena di rado concrete arroventano il Festival della Canzone Italiana, stagione dopo stagione. Per una volta aizzate a sipario calato e a scenografie sonore decomposte. Con la 75esima edizione all’orizzonte (nessuno stupore: da altrettanti anni, la lavorazione della kermesse si avvia nelle ore che segnano l’epilogo della precedente), leva la voce Enzo Mazza, presidente della Federazione Industria Musicale Italiano. Sanremo, sibila Mazza (plausibilmente pungolato da riprovevoli accadimenti recenti) “è una città che........

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