Sanremo rischia di ammosciarsi lungo la strada, dissipando sul sentiero accidentato della comunicazione tutta l’energia accumulata (e compressa) con la partenza bruciante, registrata avant’ieri l’altro. Nel bel mezzo della settimana più attesa della stagione (almeno dalla dirigenza Rai) il progetto lancia preoccupanti segnali di stanchezza. Soffre la pressione delle polemiche (intestine, ma anche politiche: l’appoggio-non appoggio ai manifestanti agricoli ha finito per logorare i nervi a tutti, nel cuore della Capitale, ma anche in Riviera). Offre il fianco ai detrattori accalcati sui social, imbufaliti per il trattamento riservato alla guest star della serata (una vera beffa per l’Amadeus ex machina dell’era digitale). Arranca con fatica nella narrazione. E lascia sul tavolo della concorrenza un certo numero di utenti, persi cammin facendo. La fase calante espone i suoi primi, nefasti, segnali, a partire dalla seconda serata. E continua, per certi versi, con quella consegnata alla storia poche ore fa. Due puntate a lievitazione naturale, come il buon pane casereccio, ma infornate maldestramente, perché possano rotolare - vispe come il debutto - fino all’epilogo stagliato all’orizzonte. Procediamo con ordine e cominciamo da ieri l’altro. Con la sua sortita ingessata, Giorgia dimostra l’intenzione di “osare” in misura diametralmente opposta alla comprovata disponibilità di Marco Mengoni. La sua presenza smuove la narrazione allorquando consuma l’attesa esegesi di “E poi”, ma è il minimo sindacale: conquista a lei la standing ovation dell’Ariston e alla lunghissima scaletta della serata soltanto pochi minuti di contributo davvero fattivo. L’ugola recalcitrante non è - purtroppo - l’unico inciampo. A far peggiore mostra di sé, giunge il ridicolo siparietto, allestito nientemeno con John Travolta (che - è un avviso ai telenaviganti - non troverà posto nelle Teche Rai, perché l’artista ha mosso giusta opposizione a qualsiasi riproposizione, rifiutando con sdegno di firmare la liberatoria). Siamo al cospetto di un’occasione persa maldestramente. Forse fra le peggiori defaillance non solo di questa edizione. Lo scivolone - che rabbuia visibilmente l’ospite - pone sotto i riflettori l’improvviso immiserimento del contributo autoriale. Pure fornito da una frotta di consulenti che neppure vanta la Presidenza della Repubblica chiamata alle grandi occasioni. Resta - per intero - agli osservatori la facoltà di discettare sulla licenza di affidarsi anima e corpo alla giocosità “bambina” di Fiorello. Ripetuta e ribadita uguale a se stessa. Membri dell’entourage fanno sapere che Rusell Crowe, nel corso della notte appena trascorsa che l’ha visto protagonista, abbia chiesto lumi al proposito, prima di accedere alla scena. È una figuraccia internazionale e lascerà il segno. Altra scrittura discutibile è l’affollamento indifferenziato di presentatori: un plot ribadito nella notte appena trascorsa. Allineare (in disordine sparso) un conduttore, una co-conduttrice (nella fattispecie Teresa Mannino) e un artista in gara, perché declamino, uno via l’altro, un nome ciascuno, esaspera la macchinosità del racconto. Rispedendo di getto Sanremo alla messa cantata (stavolta perfino corale) dei tempi peggiori. Resta tutto quanto il valore della musica. Stasera i duetti le daranno merito: in fondo siamo al Festival della Canzone. All’interno trovate la lista, nome per nome. Qui ci piacerebbe ribadire la scelta di Gioelier: fra passato e presente, porterà “pezzi” di Napoli, i più diversi, direttamente sul palco più frequentato del Paese. Lo affermavo ieri mattina in trasmissione, a “Storie Italiane” di Rai1: qualsiasi polemica costruita sulle sue accelerazioni finisce per deprimere (colpevolmente) ogni crescita sonora. Non solo partenopea. Domani è adesso. Scrittori, studiosi, “filologi” della purezza partenopea, ma pure protagonisti canori della vecchia scuola napoletana rinsaldino le fila subito, nel nome del rinnovamento nella tradizione. Riavvolgere il nastro della storia, cancellando di fatto un’intera generazione di “rivoluzionari” (fatta di Osanna, Napoli Centrale, Pino Daniele, Avion Travel, Enzo Avitabile, new wave e chi più ne ha, più ne metta) rispedisce la cultura sonora direttamente ai suoi albori. La musica è, invece, inarrestabile movimento e sguardo costantemente aperto sull’avvenire.

QOSHE - Sanremo rischia di afflosciarsi. E la colpa non è della gara - Massimo Maffei
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Sanremo rischia di afflosciarsi. E la colpa non è della gara

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09.02.2024

Sanremo rischia di ammosciarsi lungo la strada, dissipando sul sentiero accidentato della comunicazione tutta l’energia accumulata (e compressa) con la partenza bruciante, registrata avant’ieri l’altro. Nel bel mezzo della settimana più attesa della stagione (almeno dalla dirigenza Rai) il progetto lancia preoccupanti segnali di stanchezza. Soffre la pressione delle polemiche (intestine, ma anche politiche: l’appoggio-non appoggio ai manifestanti agricoli ha finito per logorare i nervi a tutti, nel cuore della Capitale, ma anche in Riviera). Offre il fianco ai detrattori accalcati sui social, imbufaliti per il trattamento riservato alla guest star della serata (una vera beffa per l’Amadeus ex machina dell’era digitale). Arranca con fatica nella narrazione. E lascia sul tavolo della concorrenza un certo numero di utenti, persi cammin facendo. La fase calante espone i suoi primi, nefasti, segnali, a partire dalla seconda serata. E continua, per certi versi, con quella consegnata alla storia poche ore fa. Due puntate a lievitazione naturale, come il buon pane casereccio, ma infornate........

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