Napoli o Sanremo: chi detiene davvero la palma del debutto di un Festival musicale? Ebbene, il regno per eccellenza della Canzone che può fregiarsi del titolo di diretta discendente del suono nobile (e della quale - non a caso - si ricordano più e meglio rime e melodie e con difficoltà a quale artista appartenga l’interpretazione) giunse (stranamente) seconda. Per la precisione il Festival di Napoli alzò il sipario nel 1952, ad un anno di distanza dal varo “nordico”. In qualche modo, Napoli ha “pagato” per decenni (o forse sarebbe più giusto dire: ha preteso di pagare) questa sorta di disattenzione. Questa mancata apertura al “conflitto” sonoro nazionalpopolare. Come chiusa in se stessa (evidentemente pure saziata dalla vastità e dalla potenza penetrativa della sua produzione) la musa cittadina ha preferito mantenersi ai margini dei confini sanremesi. Ribadendo la naturale supremazia musicale dapprima attraverso la creazione del “suo” Festival di Napoli e, a seguire, precorrendo rivoluzioni sonore che - ai tempi di cui discutiamo - muovevano su binari paralleli a quelli percorsi dalle canzonette festivaliere. Un movimento artistico troppo acculturato da mille e più mille contaminazioni, quello partenopeo, perché discendesse al livello canzonettaro (di norma) qualitativamente scarso, che esponeva le ugole sanremesi. Attese, naturalmente, le debite (e poco numerose) eccezioni. Dopo l’esegesi di un Nunzio Gallo in vittoriosa trasferta, nessuna fusione apparve nei decenni a seguire proponibile fra la ricerca forsennata di Osanna, Napoli Centrale, Pino Daniele e compagnia cantante e gli eredi di Nilla Pizzi e Claudio Villa. A scendere le scale del palco festivaliero fu nominato (uno su tutti) Peppino di Capri, grazie a una canzone firmata da Franco Califano, ma soprattutto in virtù della sua innata capacità di adeguarsi a ogni situazione sonora. Nel corso delle edizioni la flotta vesuviana si fece via via più fitta, ma mai - numericamente - toccò le vette che (pure) avrebbero dovuto insistere nelle aspettative, vista e considerata la naturale propensione della città, regina del canto. A rendere l’affare ancora più disagevole, e per molte edizioni, fu l’obbligo sanremese a intonare in lingua italiana. Imposizione che non frenò l’impeto di Massimo Ranieri (nel suo periodo più “slegato” dalla napoletanità) e, più tardi, degli Avion Travel, determinati ad andare a prendersi la vittoria con una magica esecuzione, rimasta nella storia della canzone. Poi, lento, il cambiamento. Le aperture. L’affastellamento di nuove emozioni musicali. Perché il Festival della Canzone Italiana non perisse, afflitto dallo sguardo rivolto perennemente al passato. Un’innovazione di vitalità, che ha trovato in Amadeus il suo estremo mentore. Ci torneremo su, per ragionarci meglio, nel corso della settimana festivaliera che va a cominciare. Cinque giorni nel corso dei quali ancora una volta la tiepida cittadina ligure, solitamente intorpidita, contenderà lo scettro al Carnevale di Rio. Cinque giorni nei quali tutto può diventare possibile: perfino che il mito di Adriano Celentano abbandoni momentaneamente il suo buen ritiro per celebrare sul palco dell’Ariston il genetliaco della Rai.

QOSHE - L’irrisolto conflitto sonoro fra Napoli e Sanremo - Massimo Maffei
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L’irrisolto conflitto sonoro fra Napoli e Sanremo

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05.02.2024

Napoli o Sanremo: chi detiene davvero la palma del debutto di un Festival musicale? Ebbene, il regno per eccellenza della Canzone che può fregiarsi del titolo di diretta discendente del suono nobile (e della quale - non a caso - si ricordano più e meglio rime e melodie e con difficoltà a quale artista appartenga l’interpretazione) giunse (stranamente) seconda. Per la precisione il Festival di Napoli alzò il sipario nel 1952, ad un anno di distanza dal varo “nordico”. In qualche modo, Napoli ha “pagato” per decenni (o forse sarebbe più giusto dire: ha preteso di pagare) questa sorta di disattenzione. Questa mancata apertura al “conflitto” sonoro nazionalpopolare. Come chiusa in se stessa (evidentemente pure saziata dalla vastità e dalla potenza penetrativa della sua produzione) la musa........

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