Questo è il nostro tempo, questa la nostra vita. La maggior parte delle persone pare che se ne glori - per così poco, aggiungo io - senza però che ormai si raccapezzipiù di tanto. Tutto è vissuto a velocità supersonica, come se un Concord attraversasse le nostre vite più volte al giorno, tutti i giorni. Ora a tener banco sono la Meloni e Giambruno, ora Elon Musk e un figlio con una sigla al posto del nome, ora ancora il caso Becciu e la sua verità comunque capovolta, ora la Ferragni con i suoi finti pandori in un finto mondo di finti followers per finti valori sostenuti da finte ricchezze. È oscuro il tunnel in cui siamo e la corsa che stiamo facendo tanto è veloce il cammino intrapreso. Dubito che capiremo di più denunciando le "aridità lessicali" che ci hanno ghermito o insegnando al mondo le ragioni per cui è meglio privarsi del latte d'avena al mattino. Non mancano gli angoli di comicità. Due rispettabilissimi supernonni, Roberto Vecchioni (80 anni suonati) e Fausto Bertinotti (gli manca poco per gli 84) parlano, anche con toni rivoluzionari, del valore dei giovani d'oggi, quando temo che l'ultimo esemplare che abbiano visto davvero da vicino - parenti esclusi - appartenga al secolo scorso o poco più. Poi nel cardiopalma del web - istruttivo comunque se decidi di privilegiare ciò che riconosci - accade che ci si imbatta, come a volte succede, in una notizia, in questo caso, triste. Qualche giorno fa è morta di cancro all'età di 62 anni Susanna Parigi. Molti che non appartengono alla mia generazione si chiederanno chi fosse. Una cantautrice, una musicista, una vocalist, una scrittrice e una straordinaria compagna di viaggio (professionale) di molti grandi cantanti italiani ed esteri. Cito tra gli altri, Fiorella Mannoia, Riccardo Cocciante, Raf, Claudio Baglioni - per gli italiani - e Pat Metheny e Tony Levin - per gli stranieri. Una donna misurata, piccola, appassionata, gentile, arguta, sensibile e bella - questi sono gli aggettivi che mi sembrano più appropriati per descriverla. Poche ore prima di morire, consapevole della fine ormai prossima, ha scritto e affidato al web - sempre questo strumento al contempo di perversione e preziosità - un post di addio. Rileggerlo è stata una pausa alla frenesia del mondo, un sussurro nel vociare instancabile dei vaneggianti, una lacrima nella bolgia. Cito solo un piccolo pezzo di quel breve, intenso, bellissimo testamento morale - che invito a leggere però tutto - affidato ai posteri (non so quanto attenti). "Me ne vado con una grande sofferenza, immensa, per quello che accade alle donne quotidianamente. Dovevamo pensarci prima, almeno otto anni fa. Il lavoro da fare è una rieducazione pesante degli uomini, ma non solo. Le donne devono imparare a percepire i segnali e a non accettare nessuna forma di possessione. "Ho voluto riportarvi queste righe, e non quelle dei ringraziamenti e dell'amore per la vita (peraltro commoventi e bellissime), perché più di quelle - a mio sommesso avviso - testimoniano chi fosse la Parigi, una donna calata con tutta sé stessa nel suo tempo (in questo caso attuale come non mai) e nel suo genere, e che in entrambi aveva trovato il suo solco fiero e irripetibile. È bello sapere che il suo ultimo pensiero sia stato per quelle donne che, con altrettanta tenacia e ardimento di lei - solo meno note o fortunate - attraversano la vita difendendo le loro passioni e le loro scelte a dispetto di un mondo che le vorrebbe piccine, chine (come suddite o comprimarie), monocromatiche. Ma per conoscerne appieno anche le straordinarie capacità interpretative, vi suggerisco di ascoltare una vecchia canzone di Vinicius de Moraes, tradotta e riarrangiata da quel grande uomo di musica che è stato Sergio Bardotti, dal titolo "Volesse il cielo". Quel brano, già eseguito altrettanto straordinariamente niente di meno che da Mia Martini, riascoltato oggi, sembra quasi un augurio di libertà dagli affanni inesplicati e inesplicabili delle donne e un estremo messaggio d'amore per tutte coloro che restano ad affrontare con coraggio e dignità il tempo loro assegnato. "Volesse il cielo che passato il vento non tornasse il canto che non finirà ed ascoltando si piangesse tanto che nel mondo il pianto non tornasse mai" - così cantava l'artista fiorentina in quel meraviglioso brano, e concludeva - "Volesse il cielo che la vita fosse una bellezza che non sa cos'è. Volesse il cielo d'essere fratello sempre accanto a me". Mi auguro con tutto il cuore che lungo il suo nuovo cammino abbia trovato qualcuna di quelle creature (donne e uomini) che aveva rese felici in terra con la sua maestria e la sua delicatezza e insieme se ne siano andate - come cinguettava sempre in quella canzone - "a due a due, a cantare sempre tutto quello che vuoi". Un lascito sommesso, eppure ampio e sofisticato, per coloro che l'hanno amata (e non solo), ma non meno valoroso e (questa volta sì) "rivoluzionario" nella sua contemporaneità. Nella frenetica corsa contro il tempo - quella del fare e del disfare propria dei nostri giorni sempre più virtuali che reali - così una morte, questa morte, segna per qualcuno (io tra questi) l'assorta, la desolata sincope del cuore. Ma non dura a lungo, spicca presto il volo, la puoi vedere che si allontana, farfalla lieve e variopinta. Fa' buon viaggio dolce Susanna! E grazie.

QOSHE - Il lascito “rivoluzionario” di Susanna Parigi - Gerardo Casucci
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Il lascito “rivoluzionario” di Susanna Parigi

9 0
27.12.2023

Questo è il nostro tempo, questa la nostra vita. La maggior parte delle persone pare che se ne glori - per così poco, aggiungo io - senza però che ormai si raccapezzipiù di tanto. Tutto è vissuto a velocità supersonica, come se un Concord attraversasse le nostre vite più volte al giorno, tutti i giorni. Ora a tener banco sono la Meloni e Giambruno, ora Elon Musk e un figlio con una sigla al posto del nome, ora ancora il caso Becciu e la sua verità comunque capovolta, ora la Ferragni con i suoi finti pandori in un finto mondo di finti followers per finti valori sostenuti da finte ricchezze. È oscuro il tunnel in cui siamo e la corsa che stiamo facendo tanto è veloce il cammino intrapreso. Dubito che capiremo di più denunciando le "aridità lessicali" che ci hanno ghermito o insegnando al mondo le ragioni per cui è meglio privarsi del latte d'avena al mattino. Non mancano gli angoli di comicità. Due rispettabilissimi supernonni, Roberto Vecchioni (80 anni suonati) e Fausto Bertinotti (gli manca poco per gli 84) parlano, anche con toni rivoluzionari, del valore dei giovani d'oggi, quando temo che l'ultimo esemplare che abbiano visto davvero da vicino - parenti esclusi - appartenga al secolo scorso o poco più. Poi nel cardiopalma del web - istruttivo comunque se decidi di privilegiare ciò che riconosci -........

© Roma


Get it on Google Play