La decisione di Joe Biden d’inviare all’Ucraina armi e assistenza militare per oltre 60 miliardi di dollari, su uno stanziamento complessivo di un centinaio di miliardi destinati anche ad Israele, che ne riceve circa 27, e a Taiwan, per poco meno di 9, ha avuto il risultato di spingere Vladimir Putin all’invio di un consistente numero di atomiche in Bielorussia e Xi Jinping ad incontrare il segretario di Stato Anthony Blinken, in missione appositamente ritardata di qualche giorno a Pechino per un consulto limitato in origine con il solo ministro degli Esteri Wang Yi. La Bielorussa, ha spiegato il presidente Aleksandr Lukashenko, deve preoccuparsi della propria sicurezza. Confina, infatti, non solo con l’Ucraina, che ora può contare sui missili Atacs con gittata di 160km, ma anche con la Polonia, che ha sollecitato armi nucleari, e con le repubbliche baltiche, che facevano parte dell’ex Urss e adesso sono invece coinvolte nelle maggiori esercitazioni Nato in Nord Europa. Xi, da parte sua, considera un vero e proprio affronto al Celeste Impero e al suo governo il sostegno militare americano a Taiwan, segnatamente all’indomani dell’elezione di un presidente d’orientamento separatista. Una decisione che considera in contrasto con lo stesso riconoscimento di “una sola Cina” da parte di Washington. Xi ha visto l’ostilità americana verso la Cina svilupparsi gradualmente negli ultimi dieci anni attraverso dazi all’importazione, disinvestimenti, esercitazioni militari in mari che Pechino reputa ‘cortile di casa’, limitazioni e sorveglianza della presenza cinese negli Usa (vedi l’ultimatum a TikTok perché ceda la proprietà), pressioni sui governi alleati e amici araffreddare rapporti commerciali e attività social-culturali in campi cosiddetti sensibili con la Cina, ingerenza negli affari interni (con le denunce del progressivo soffocamento delle libertà a Hong Kong, della durissima repressione degli uiguri nello Xinjang, dell’imponente immigrazione Han nel Tibet), la diffusione dell’allarme in Occidente per l’espansionismo geostrategico che s’accompagna a quello economico. Ostilità che sarebbe aumentata con il conflitto in Ucraina per l’accusa di Washington a Pechino di fornire indirettamente armi e Intelligence alla Russia. Un contenzioso tanto aggrovigliato quanto difficile da dipanare. Ma c’è un punto sul quale gli interessi di Biden e Xi coincidono: il conflitto israelo-palestinese. L’Occidente ha perso il potenziale ruolo negoziale di Mosca, che avrebbe avuto molte carte da giocare sia in Israele, sia in altre capitali del Medio Oriente. Ma nel contempo il peso di Pechino è notevolmente accresciuto nell’ultimo decennio grazie a commerci, prestiti in cambio di sfruttamento delle risorse naturali, investimenti, realizzazione di opere e, cosa parecchio gradita, non-ingerenza negli affari interni dei Paesi interessati. Aver messo almeno attorno a un tavolo, in modo permanente, arabi e persiani è stato il segno dell’influenza acquisita dalla Cina: si pensi al Bricsallargato a partire da quest’anno ad Iran, Arabia Saudita,Emirati Arabi Uniti, Egitto ed Etiopia. Biden ha bisogno di voti e deve recuperare una fetta dell’elettorato tradizionalmente democratico, anche nelle università. Il messaggio che Blinken ha consegnato a Xicontiene molto probabilmente la sollecitazione a dargli una mano. Dove, è facile intuire. Ad aprire la strada verso la realizzazione dei due Stati, israeliano e palestinese, nel negoziato tra Tel Aviv, Anp, capitali arabe e possibilmente la stessa Teheran. E a premere su Putin, riducendo sostanzialmente le forniture militari e la cooperazione nell’Intelligence alla Russia nella prospettiva di trattative sull’Ucraina che spingano il Cremlino a rinunciare a buona parte almeno dei territori russofoni conquistati. Blinken non ha nascosto l’avvertimento che, attraverso lui, il capo della Casa Bianca ha notificato al leader del Celeste Impero: la Cina “contribuisce ad alimentare la più grande minaccia alla sicurezza dell’Europa dai tempi della ‘Guerra Fredda” con la collaborazione offerta all’industria russa degli armamenti. Ed ha aggiunto: “Abbiamo intrapreso sanzioni e ne avvieremo di nuove, lo faranno anche altri Paesi”. Ha quindi precisato che nel mirino del governo statunitense vi sono “cento enti cinesi” che cooperano con Mosca. Un mònito, la sua conclusione: “Ci aspettiamo che agiscano. Se non lo faranno, lo faremo noi”. “Siamo partner, non nemici”: sintesi della diplomatica replica di Xi. La disponibilità del leader cinese a dare una mano in Medio Oriente corrisponderebbe alla valutazione di quanto otterrebbe in cambio, sia sul piano delle relazioni con l’America e l’Occidente, sia per il guadagno in credibilità e affari in Medio Oriente e Africa. A rigor di logica e di là dalle dichiarazioni, la cooperazione con Mosca dovrebbe invece continuare come e più di prima, alla luce del sole e nell’ombra. Il terzo incontro in un anno con Putin, che nelle prossime settimane torna a Pechino, lo confermerebbe. “Xi un amico e un vero uomo”, ha non a caso ripetuto ieri il capo del Cremlino.

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La partita tra Biden e Xi, e Putin presto a Pechino

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27.04.2024

La decisione di Joe Biden d’inviare all’Ucraina armi e assistenza militare per oltre 60 miliardi di dollari, su uno stanziamento complessivo di un centinaio di miliardi destinati anche ad Israele, che ne riceve circa 27, e a Taiwan, per poco meno di 9, ha avuto il risultato di spingere Vladimir Putin all’invio di un consistente numero di atomiche in Bielorussia e Xi Jinping ad incontrare il segretario di Stato Anthony Blinken, in missione appositamente ritardata di qualche giorno a Pechino per un consulto limitato in origine con il solo ministro degli Esteri Wang Yi. La Bielorussa, ha spiegato il presidente Aleksandr Lukashenko, deve preoccuparsi della propria sicurezza. Confina, infatti, non solo con l’Ucraina, che ora può contare sui missili Atacs con gittata di 160km, ma anche con la Polonia, che ha sollecitato armi nucleari, e con le repubbliche baltiche, che facevano parte dell’ex Urss e adesso sono invece coinvolte nelle maggiori esercitazioni Nato in Nord Europa. Xi, da parte sua, considera un vero e proprio affronto al Celeste Impero e al suo governo il sostegno militare americano a Taiwan, segnatamente all’indomani dell’elezione di un presidente d’orientamento separatista. Una decisione che considera in contrasto con lo stesso riconoscimento di “una........

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