Il ‘Wall Street Journal’ ha ricordato che il suo epitaffio, Henry Kissinger, lo scrisse a metà degli anni Cinquanta del Novecento, dedicando il suo primo studio a Klemens von Metternich,l’architetto del Congresso di Vienna che chiuse il sipario sull’epopea napoleonica. Diplomatico supremo e purtroppo senza eredi, Metternich, come accade quasi sempre alle menti eccezionali. Profeta fu per se stesso, Kissinger, se la sua lezione inascoltata sull’Ucraina ha chiuso il cerchio del suo secolo, dell’esperto di strategia globale tra i massimi della storia. Ha conservato nella mente e nel cuore le lezioni della pace di Vestfalia, che tracciò il disegno dello Stato moderno, e, lui tedesco, l’abilità di Otto von Bismark, il Cavour della Germania. Ha difeso fino all’ultimo - lui ebreo vittima dell’antisemitismo ma campione della cultura europea - il ruolo d’equilibrio imperiale della sua patria d’adozione, gli Stati Uniti, inalberando la bandiera della realpolitik. Il vessillo, cioè, della scelta del ‘meno peggio’ che dovrebbe sventolare sulla pace e sulla guerra, sull’apertura di coraggiose trattative (Cina) e sui drammatici ritiri (Vietnam), sugli interventi indiretti contro avversari ritenuti pericolosi (Cile) e sui negoziati con il nemico d’allora (Urss) o l’odierno principale antagonista, ‘allevato’ e col quale potersi intendere (Cina). Sarebbe una definitiva prova di verità assistere al suo incontro col Padreterno, ma già è una lezione immaginarla. Non è mai mancato all’appuntamento con la storia nel suo secolo di vita, dicendo la sua con chiarezza indifferente all’ipocrisia ma con apparente umiltà. Nel suo avvertimento a non trattare la Russia senza il riguardo dovuto alla massima potenza nucleare mondiale, per il coinvolgimento UsaUe nel conflitto tra Ucraina e Russia, Kissinger si fece precedere da quel monumento – allora ancora vivente – della strategia globale ch’era George Kennan: il teorico del “contenimento” verso l’espansionismo dell’Unione Sovietica, che la crociata contro il nazismo aveva però fatta assurgere al ruolo di “altra superpotenza” militare planetaria, sospinta dal propellente di un’ideologia internazionalista ed espansionista. Kissinger propose, in estrema sintesi, una tregua sul tipo di quella tra le due Coree, con l’autonomia alle regioni russofone, un rafforzamento della Difesa ucraina che rassicurasse Kiev, ma la Crimea nelle mani di Mosca (perché non lascerà mai la base navale di Sebastopoli, il controllo delle coste del Mar Nero e le vie del mare verso Mediterrano, Canale di Suez e Atlantico). Il tempo avrebbe lenito le ferite e poi fatto rifiorire la pace. Aveva più che ragione, Kissinger, se si riflette alla riconciliazione dell’Europa euro-atlantica con l’Europa euro-asiatica sancita dallo scioglimento dell’Unione Sovietica nell’autunno del 1991, decisa dai leader delle tre repubbliche (più o meno) dei Rus’: i presidenti russo Boris Eltsin, ucraino Leonid Kravciuk e bielorusso Stanislav Sushkievic . La Russia rinunciava pressoché pacificamente all’intero Centrasia, a cinque milioni di chilometri quadrati costati – vale ripeterlo - secoli di guerre e di sangue. Eltsin chiese finanche l’adesione della nuova Russia all’Alleanza Atlantica. Un riavvicinamento che si sfilacciò man mano che la Nato – disattendendo le assicurazioni a non oltrepassare i confini della Germania - accoglieva prima gli Stati dell’ex Patto di Varsavia e poi alcune delle stesse repubbliche della Russia (le baltiche) ma che pure durò fino a cavallo del 2014 (quando il coinvolgimento anglo-americano nel golpe che portò alla defenestrazione del presidente ucraino Viktor Yanukovich spinse Mosca a reimpadronirsi della Crimea), per interrompersi definitivamente nel 2021. Convinse Mosca ad attaccare la prospettiva dell’adesione della stessa Ucraina alla Nato, che avrebbe portato quasi alle porte di Mosca truppe e armi convenzionali: sarebbe infatti convenzionale l’unico tipo di eventuale guerra tra superpotenze nucleari che volessero evitare la fine reciproca e del pianeta. Una convinzione corroborata negli anni dal tradimento degli Accordi di Minsk (che promettevano l’autonomia della popolazione russofona); dal divieto della lingua russa (la più diffusa in tutto il Paese) e persino della confessione religiosa (ortodossia russa); dalla sanguinosa repressione nelle regioni russofone (circa 15mila morti e un milione e mezzo di rifugiati nella Federazione russa). Una convinzione, quella del Cremlino, confermata definitivamente dal rifiuto del regime di Kiev a progetti di compromesso (in Bielorussia e in Turchia) e al piano di pace dell’allora premier israeliano Naftali Bennet, che pure aveva precedentemente accettato. Appena qualche giorno fa sono apparse ulteriori conferme del ruolo di Washington e Londra nel far precipitare il conflitto tra Ucraina e Russia. Ma notizie solo da una controcorrente agenzia di notizie . Un comprimere la realtà testimoniato anche dalle prime immagini, trasmesse velocemente solo da qualche tv, della protesta contro la guerra che sale nella popolazione a dispetto della repressione e degli di arresti di giovani ucraini renitenti alla leva obbligatoria: migliaia e migliaia a fuggire, segnatamente attraverso la Romania, o a pagare sottobanco fino a 10mila euro un esonero nel Paese più corrotto e poliziesco del Vecchio Continente. Ma tornando a Kissinger, precisa la sintesi del politologo Robert Kaplan: “E’ stato il più grande statista bismarckiano del Ventesimo secolo”. E, infatti, lo studioso che affascinò col suo sapere e le sue idee Nelson Rockefeller - il quale quasi lo accompagnò verso i presidenti Richard Nixon (tra i migliori capi di Stato Usa a dispetto del Watergate) e il successore Gerald Ford - ha raccolto ieri il plauso dei grandi della Terra. In Europa sono bastate poche parole al presidente francese Emmanuel Macron: “Un gigante della Storia, il suo secolo di idee e di diplomazia ha avuto una lunga influenza sulla sua epoca e sul nostro mondo”. Giudizio sorprendente, perché adeguato e condivisibile, quello dell’ex presidente George W. Bush: si è spenta "una delle voci più sicure e ascoltate in politica estera", di un rifugiato della Germania nazista che, appunto perché tale, dimostra “ sia la sua grandezza che quella dell’America" . Il presidente cinese Xi Jimping non ha nascosto l’apprezzamento e la gratitudine della Cina verso l’artefice del disgelo tra l’Occidente e il Celeste Impero, alla base del viatico per una globalizzazione che Pechino considera diretto alla condivisione di un equilibrio strategico planetario con gli Stati Uniti. Xi ha accompagnato le condoglianze al presidente Joe Biden con le parole sia del suo ambasciatore a Washington, Xie Feng (“È una perdita tremenda sia per i nostri Paesi sia per il mondo… Rimarrà sempre vivo nei cuori del popolo cinese come un vecchio e apprezzatissimo amico”); sia del ministro degli Esteri, Wang Wenbin (i rapporti tra Usa e Cina lo hanno “a lungo preoccupato e ha sostenuto lo sviluppo delle relazioni visitando la Cina più di cento volte, apportando contributi storici per promuovere la loro normalizzazione… ritenendo che fossero vitali per la pace e la prosperità dei due Paesi e del mondo… Cina e Stati Uniti dovrebbero ereditare e sviluppare la visione strategica, il coraggio politico e la saggezza diplomatica di Kissinger… coltivando “il rispetto reciproco, la coesistenza pacifica e la cooperazione vantaggiosa per tutti”). Inaspettato per l’enfasi e tanto più significativo l’elogio di Vladimir Putin: Kissinger s’è rivelato “un diplomatico eccezionale, un uomo di Stato saggio e lungimirante che per molti decenni ha goduto in tutto il mondo di una meritata autorità meritata"… il suo “nome è inestricabilmente legato ad una linea di politica estera pragmatica che un tempo ha reso possibile conseguire la distensione nelle relazioni internazionali e raggiungere i più importanti accordi sovietico-americani, che hanno contribuito al rafforzamento della sicurezza globale"… diversi sono stati gli incontri che si trasformavano in consulti con un “uomo profondo e straordinario" del quale il presidente russo conserverà "la memoria più cara". Ma con l’elogio anche un mònito è giunto dall’ex presidente russo Dmitry Medvedev: Kissinger “ha servito fedelmente per molti anni il suo Paese ma era contemporaneamente un pragmatico che teneva presente la realtà”, invece attualmente “non v’è traccia di simili persone nell'amministrazione statunitense e nel mondo occidentale”.

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Kissinger e l’Ucraina, la lezione inascoltata

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01.12.2023

Il ‘Wall Street Journal’ ha ricordato che il suo epitaffio, Henry Kissinger, lo scrisse a metà degli anni Cinquanta del Novecento, dedicando il suo primo studio a Klemens von Metternich,l’architetto del Congresso di Vienna che chiuse il sipario sull’epopea napoleonica. Diplomatico supremo e purtroppo senza eredi, Metternich, come accade quasi sempre alle menti eccezionali. Profeta fu per se stesso, Kissinger, se la sua lezione inascoltata sull’Ucraina ha chiuso il cerchio del suo secolo, dell’esperto di strategia globale tra i massimi della storia. Ha conservato nella mente e nel cuore le lezioni della pace di Vestfalia, che tracciò il disegno dello Stato moderno, e, lui tedesco, l’abilità di Otto von Bismark, il Cavour della Germania. Ha difeso fino all’ultimo - lui ebreo vittima dell’antisemitismo ma campione della cultura europea - il ruolo d’equilibrio imperiale della sua patria d’adozione, gli Stati Uniti, inalberando la bandiera della realpolitik. Il vessillo, cioè, della scelta del ‘meno peggio’ che dovrebbe sventolare sulla pace e sulla guerra, sull’apertura di coraggiose trattative (Cina) e sui drammatici ritiri (Vietnam), sugli interventi indiretti contro avversari ritenuti pericolosi (Cile) e sui negoziati con il nemico d’allora (Urss) o l’odierno principale antagonista, ‘allevato’ e col quale potersi intendere (Cina). Sarebbe una definitiva prova di verità assistere al suo incontro col Padreterno, ma già è una lezione immaginarla. Non è mai mancato all’appuntamento con la storia nel suo secolo di vita, dicendo la sua con chiarezza indifferente all’ipocrisia ma con apparente umiltà. Nel suo avvertimento a non trattare la Russia senza il riguardo dovuto alla massima potenza nucleare mondiale, per il coinvolgimento UsaUe nel conflitto tra Ucraina e Russia, Kissinger si fece precedere da quel monumento – allora ancora vivente – della strategia globale ch’era George Kennan: il teorico del “contenimento” verso l’espansionismo dell’Unione Sovietica, che la crociata contro il nazismo aveva però fatta assurgere al ruolo di “altra superpotenza” militare planetaria,........

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