Joe Biden ancora alla Casa Bianca? Piuttosto da spedire in una casa di cura accompagnato da una badante, la risposta di molti negli Stati Uniti. Non c’era bisogno davvero della pronuncia del procuratore speciale Robert Hur. Mancava un responso, diciamo così, ufficiale ma era cosa nota negli Stati Uniti, sfruttata da comici e vignettisti, tanto che il soprannome affibbiatogli di “sleepy Joe” (Peppino l’addormentato) rappresenta il propellente principale della campagna di Donald Trump, che altrimenti incanterebbe meno elettori. Lo sapevano anche gli stessi lettori di questo giornale e di alcuni altri in Italia (ad esempio de ‘Il Fatto’) e nel resto d’Europa. Follia strategica spingere la Russia, l’Occidente euro-asiatico, lontano dall’Occidente euro-atlantico dopo settanta anni di sforzi per contenere l’impero sovietico e riabbracciare nella “comune famiglia europea” di Mikhail Gorbaciov e di Boris Eltsin quanto restava dell’impero ex zarista, costato secoli di lotte e sangue. Un progetto a rischio suicidio nucleare condiviso con l’ex premier britannico Boris Johnson, campione sprecato di storia e alla storia prestato per quel ‘capolavoro’ in negativo ch’è stata la Brexit, con due obiettivi. Il primo, rompere l’alleanza tra la Germania ‘motore’ dell’Unione europea e proiettata sull’enorme mercato cinese – e la Federazione russa, la sua fonte energetica, ma anche superpotenza nucleare e potenziale scudo europeo; e quindi, secondo scopo, rinsaldare ed ampliare l’Alleanza Atlantica sotto la spinta di un immaginario pericolo d’invasione da parte delle forze armate convenzionali, peraltro malridotte, di Mosca. Il risultato è stato disastroso. E non solo nel Vecchio Continente, se si guardi alle proiezioni strategiche in Medio Oriente ed economiche nel resto del pianeta. La prospettiva di un allargamento della Nato fin nella culla dei Rus’, a una manciata di chilometri da Mosca, e la facilità con la quale – dopo la defenestrazione a cavallo del 2014 del presidente ucraino democraticamente eletto Viktor Yanukovich il Cremlino aveva ripreso parte dell’Ucraina etnicamente e storicamente russofona, hanno convinto Putin e buona parte della sua cerchia di potere ad attaccare l’Ucraina. Lo scopo: sostituire con un governo amico quello che, dopo aver tradito gli accordi di Minsk, continuava la repressione nel Donbass e si predisponeva ad entrare nella Nato. Ecco perché la Casa Bianca, nuovamente influenzata dai neocon dopo la parentesi trumpiana, si guardava bene dal premere sul governo di Kiev perché accettasse gli sforzi diplomatici di governi terzi per un onorevole compromesso (così come peraltro insistevano alcuni dei massimi esperti di relazioni internazionali e di strategia globale, Henry Kissinger facendo un nome per tutti). Quando Vladimir Putin, compreso l’errore di un attacco precipitoso, con piani errati e forze militari insufficienti, si mostrò disponibile verso gli sforzi della diplomazia per un compromesso (fino ad accettare il progetto di negoziato dell’ex premier israeliano Naftaly Bennet, sul quale Volodymyr Zelensky aveva espresso un parere di massima favorevole) giunse il voltafaccia dello stesso presidente ucraino. Il sabotaggio del gasdotto Nordstream russo-tedesco costituì la ‘firma’ di questo disegno. Ci fermiamo qui nella ultrasintetica ricostruzione, che peraltro già accennammo all’inizio del conflitto, le cui corresponsabilità sono pure state recentemente confermate da ‘the American Conservative’ (“The american origins of the russo-ucrainian war”). L’Ucraina è devastata, svuotata di oltre un terzo dei suoi abitanti, gestita da un regime che rinvia pace e democrazia. La Russia è finita nelle braccia di nemici storici, come Cina e gli epigoni frementi dell’impero ottomano; costretta a rifornirsi d’armi da Corea del Nord ed Iran; obbligata finanche a indebolire legami forti, come quelli con Israele e con l’Armenia (dall’Azerbaijan privata con la forza del Nagorno Karabakh nel ‘disinteresse interessato’ dell’Occidente). Ma Mosca ha trovato alleanze e mercati alternativi (Brics allargato e non solo) a dispetto delle profezie da baraccone di chiromanti – di statisti ed economisti occidentali che le assegnavano cambi di regime, lutti e sciagure attraverso le sanzioni. Il lento avvicinamento alle democrazie occidentali è stato purtroppo interrotto. Ma se in Russia gli oppositori più coriacei di Putin nelle prossime elezioni vengono respinti (e Aleksej Navalny finisce dietro le sbarre), nessuno può dubitare del consenso che il presidente riscuote in patria, mentre in Ucraina Zelensky cancella le opposizioni, rinvia le consultazioni a data da destinarsi, ‘decapita’ le forze armate perché la sua popolarità è in forte calo a paragone di quella del generale Valery Zaluzhnyi, molto più alta e crescente: una medaglia e via. L’ultima gaffe di Biden, che ha scambiato il capo di Stato del Messico con un presidente…d’Egitto, ha coinciso con l’intervista a Putin di Tucker Carlson. Ricevuto al Cremlino, due ore di conversazione nelle quali il presidente russo ha ribadito le accuse all’Occidente e all’ ”espansionismo della Nato” per il conflitto in Ucraina; ha sottolineato che “la Russia non può permettersi di perdere questa guerra” diretta contro la sua stessa esistenza; e ha sottolineato le accuse a Zelensky per la repressione sanguinosa nel Donbass (14mila morti) e di favorire le correnti ipernazionaliste, “nazifasciste” e antirusse . “Ho ricordato a Zelensky – ha affermato il leader del Cremlino – che suo padre si era battuto contro i nazifascisti durante la seconda guerra mondiale. E gli ho detto: (ti rendi conto di) che cosa stai facendo? Perché sostieni i neonazi oggi in Ucraina quando tuo padre, soldato di prima linea, li affrontava?... Non le dirò che cosa mi ha risposto”. Putin ha ricordato, a questo proposito, i negoziati a Istanbul dove Mosca aveva posto sul tappeto anche l’intesa tradita di non ampliamento Nato all’est. Ha poi sottolineato come media e propaganda in Occidente diffondano l’immagine falsa di una Russia minacciosa. Mosca è sempre pronta ad affidarsi alla diplomazia e aperta al negoziato. Ed ha chiarito: il compromesso non è possibile perché Biden non lo vuole. Un indiretto ramo d’ulivo offerto a Trump, che aveva intrattenuto rapporti franchi ma corretti con Mosca e che riteneva che, con una Russia amica e storicamente diffidente della Cina, non servisse una Nato più forte, tantomeno più aggressiva. L’unico presidente statunitense che da sessant’anni non abbia nel palmares un conflitto armato. Forse non il migliore candidato alla Casa Bianca che l’America e il mondo meritino. Certamente molto più rassicurante, allo stato attuale, di un rivale ritenuto prigioniero dei disegni ‘neocon’ e dell’apparato militar-industriale, con periodiche fughe di senno.

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Biden un po’ fuori di testa. La scoperta… dell’America

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10.02.2024

Joe Biden ancora alla Casa Bianca? Piuttosto da spedire in una casa di cura accompagnato da una badante, la risposta di molti negli Stati Uniti. Non c’era bisogno davvero della pronuncia del procuratore speciale Robert Hur. Mancava un responso, diciamo così, ufficiale ma era cosa nota negli Stati Uniti, sfruttata da comici e vignettisti, tanto che il soprannome affibbiatogli di “sleepy Joe” (Peppino l’addormentato) rappresenta il propellente principale della campagna di Donald Trump, che altrimenti incanterebbe meno elettori. Lo sapevano anche gli stessi lettori di questo giornale e di alcuni altri in Italia (ad esempio de ‘Il Fatto’) e nel resto d’Europa. Follia strategica spingere la Russia, l’Occidente euro-asiatico, lontano dall’Occidente euro-atlantico dopo settanta anni di sforzi per contenere l’impero sovietico e riabbracciare nella “comune famiglia europea” di Mikhail Gorbaciov e di Boris Eltsin quanto restava dell’impero ex zarista, costato secoli di lotte e sangue. Un progetto a rischio suicidio nucleare condiviso con l’ex premier britannico Boris Johnson, campione sprecato di storia e alla storia prestato per quel ‘capolavoro’ in negativo ch’è stata la Brexit, con due obiettivi. Il primo, rompere l’alleanza tra la Germania ‘motore’ dell’Unione europea e proiettata sull’enorme mercato cinese – e la Federazione russa, la sua fonte energetica, ma anche superpotenza nucleare e potenziale scudo europeo; e quindi, secondo scopo, rinsaldare ed ampliare l’Alleanza Atlantica sotto la spinta di un immaginario pericolo d’invasione da parte delle forze armate convenzionali, peraltro malridotte, di Mosca. Il risultato è stato disastroso. E non solo nel Vecchio........

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