Mancano pochi mesi al centenario della uccisione di Giacomo Matteotti, il socialista riformista assassinato da sicari fascisti il 10 giugno del 1924, e alcune anticipazioni, molto inquietanti, già fanno prevedere l’apertura di fronti caldi, per una serie di riletture più attente, severe e meno di parte, su un periodo storico tra i più controversi. Che ha pesato molto nel nostro Paese e in Europa. Di certo, per l’avvento del fascismo, le sue degenerazioni ma anche per le scissioni croniche e destabilizzanti, le lotte intestine nella sinistra, sott’accusa per non averlo “visto arrivare”, se non averlo addirittura favorito. Lunedì scorso, in una preziosa anteprima storico-saggistica, tratta da vari testi, già in libreria o di imminente uscita, su questo assassinio politico, Paolo Mieli ha inaugurato la “rivisitazione”, ponendo in evidenza una permanente “distillazione di odi”, di radicali risentimenti e anche di molte ipocrisie. Siamo agl’inizi degli anni Venti quando prende il via un intreccio di eventi di rilevanza politica mondiale. Il 1921 si tiene il primo congresso socialista di Livorno, in cui la ingerenza, la “longa manus” marxista-leninista, impone la cacciata dal partito della componente “gradualista”, socialdemocratica. Una ferita mai più rimarginata, causa di tante sconfitte e di occasioni perse per il bene della collettività . Il 4 ottobre del 2022 nasce, per intuibile reazione, il Psu, il nuovo partito socialista unitario. Ma un mese dopo, il 31 ottobre, la presa del potere da parte di Mussolini, rimette tutto in discussione tra accuse e rinfacci. Giacomo Matteotti da segretario del Psu denuncia isolamento e disagio in un partito sfibrato, ma soprattutto la sinistra massimalista, i comunisti per aver dormito, lasciando conquistare il potere a un movimento reazionario. Contro cui chiede una lotta serrata, che il 30 maggio si segnala in Parlamento, per il suo forte memorabile discorso di esplicite accuse, destinato a segnare la sua condanna a morte. Intanto si rafforza il potere di Mosca, il Comintern, costituito, nel 1919, da un gruppo ristretto di fedelissimi controllori della ortodossia, intensifica le sue ingerenze più spietate in molti Paesi. Questa ingerenza non trova a Napoli mai passiva acquiescenza nel partito. Lo testimonia con orgoglio un’opera di straordinario valore storico: “Tre anni con Togliatti” Mursia, di Italo de Feo, un intellettuale di grande spessore morale e culturale , amico di Saragat, collaboratore stretto del leader storico del Pci, tornato da Mosca nella primavera del 1944, dove era conosciuto con il nome di battaglia “Ercoli” . Oltre a quanto appena detto, il libro di de Feo fa intuire e capire “distrazioni, attenzioni e le mire egemoniche moscovite”, non marginali anche rispetto al delitto Matteotti. Su questa specificità comportamentale, ampiamente articolata, ne riportiamo una sintesi, quanto basta per portare nuova luce, meglio focalizzare certe posizioni sul delitto di un grande antifascista. E anticomunista. “Consisteva - scrive de Feo - nel mantenere verso il fascismo una intransigenza di principio , anche quando certe istruzioni del partito comunista, giunte a mezzo di “funzionari “, ci avrebbero indotto a comportarci diversamente. Ricordo, per esempio, che un bel giorno ci venne dato l’ordine di “scriverci al partito fascista per meglio lavorare dall’interno“, come ci dissero perché le autorità di Mosca così avevano deciso, o piuttosto come sono indotto a credere ora, perché Stalin, in cuor suo, odiava la democrazia molto più di quanto odiasse il fascismo e già allora disegnava di servirsi dei comunisti italiani come merce di scambio per i suoi fini (come fece con i comunisti tedeschi), il cui capo Thalmann finì in campo di concentramento nazista a Buchenwald e voleva non aver noie con Mussolini, al quale l’ambasciatore sovietico aveva reso visita l’indomani del delitto Matteotti, dando pubblicità al suo gesto. Giova ricordare in tutto questo che Stalin sarà il segretario del Pcus, dal 1919 al 1953.

QOSHE - Nuova luce su Matteotti e le ipocrisie di sinistra - Aldo De Francesco
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Nuova luce su Matteotti e le ipocrisie di sinistra

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03.03.2024

Mancano pochi mesi al centenario della uccisione di Giacomo Matteotti, il socialista riformista assassinato da sicari fascisti il 10 giugno del 1924, e alcune anticipazioni, molto inquietanti, già fanno prevedere l’apertura di fronti caldi, per una serie di riletture più attente, severe e meno di parte, su un periodo storico tra i più controversi. Che ha pesato molto nel nostro Paese e in Europa. Di certo, per l’avvento del fascismo, le sue degenerazioni ma anche per le scissioni croniche e destabilizzanti, le lotte intestine nella sinistra, sott’accusa per non averlo “visto arrivare”, se non averlo addirittura favorito. Lunedì scorso, in una preziosa anteprima storico-saggistica, tratta da vari testi, già in libreria o di imminente uscita, su questo assassinio politico, Paolo Mieli ha inaugurato la “rivisitazione”, ponendo in evidenza una permanente “distillazione di odi”, di radicali risentimenti e anche di molte ipocrisie. Siamo agl’inizi degli anni Venti quando prende il via un........

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