Tra pochi mesi, saranno trent’anni dal G7, il vertice mondiale dei Paesi più industrializzati, che si svolse a Napoli dall’ 8 luglio del 1994 e rappresentò “lo spot pubblicitario più gigantesco” per la nostra città sotto il profilo turistico e della immagine dopo anni difficili. Oltre a tutto questo, è da ricordare la straordinaria fase preparatoria, grazie all’apporto di studiosi, economisti, manager italiani e di altri Paesi, ricco di interventi, proposte e idee per costruire un futuro innovativo e competitivo nella fase più giusta e delicata. Tante le criticità vecchie e nuove da affrontare: fatiscenza edilizia, enorme disagio sociale, pericolose infiltrazioni nella ricostruzione post terremoto, una disoccupazione crescente per la dismissioni delle Partecipazioni statali. Altrettante però le opzioni più giuste suggerite alle istituzioni locali: Comune, Provincia e Regione, in quel tempo tutte rette dalla sinistra o da coalizione di centrosinistra, per venirne fuori. Tra le priorità: la “indispensabilità di un senso civico, alla base dello sviluppo socioeconomico e per ogni sfida”; “la questione residenziale, fondata su una premessa che, per poter creare un ciclo virtuoso, una città moderna deve essere una dimora efficiente e piacevole per l’esercizio di attività qualificate e per la residenza dalle richieste sempre più elevate”. Tutto però condizionato dalla definizione della “identità strategica della città”. A evidenziare il limite maggiore fu Giuseppe De Rita, allora Presidente del Cnl. “Napoli era una grande capitale scrisse ma oggi non ha quel pulsare di funzioni verso l’esterno che fa le capitali, anche piccole. Ha perso la sua tradizionale autoreferenza “alta” ma ha conservato una sua autoreferenza “bassa”, quasi di piccolo sottosistema chiuso in se stesso, nei suoi guai urbanistici e umani, nello stesso degrado dei vicoli e delle informe periferie”. Purtroppo l’amministrazione di sinistra, il sindaco Bassolino, i maggiori beneficiari degli effetti promozionali di quell’evento, non ascoltarono queste sagge parole. Il Piano Regolatore, varato pochi anni dopo, si rivelò di totale disimpegno verso le aree esterne. più volte denunciato da Antonio Martusciello, allora coordinatore regionale di Forza Italia. “In un mondo di rapidissima trasformazione disse è stato un grande errore racchiudere il futuro in un fazzoletto di città, Bastava aggiunse far riferimento ai Piani Regolatori del 1939 e del 1972 per accorgersi che ogni serio discorso è strettamente interconnesso con quello dell’hinterland metropolitano”. “E così, mentre a Milano sorgevano grattacieli e boschi verticali, a Napoli si muoveva poco. L’ufficio urbanistico del Comune, a partire dai tempi di Antonio Bassolino, rivedeva tutta la città. Il consiglio comunale approvava pagine su pagine, cartine, articoli, emendamenti, furono approvate ben tre varianti al Piano Regolatore, ridisegnata l’area di Bagnoli , tutto o quasi tutto è rimasto sulla carta”, scriverà Mario Garofalo in un articolo apparso sul Corriere della Sera di domenica 17 giugno 2018 dal titolo: “Prima immaginata poi immaginaria / Napoli vittima del suo destino”. Ora, dopo anni di immobilismo, di molteplici delusioni , il sindaco di Napoli Manfredi promette la “rivisitazione” del Piano regolatore” e anticipa gli indirizzi generali per uno “sviluppo della città sostenibile". In cui, fermi restando “i vincoli generali dal punto di vista dell'utilizzo del territorio” si lascia percepire “una maggiore flessibilità per le nuove esigenze della società” con "spazi molto più misti" tra residenzialità, servizi, innovazione, industria leggera affinché ci sia una maggiore trasformazione urbana e si evitino queste grandi aree dismesse, un problema soprattutto perché non sono bonificate e ricettacolo di problematiche anche sociali". Ma tutto questo, altrove sanato e recuperato con la cosiddetta “economia del ripristino”, ci viene da chiedere: perché a Napoli non è avvenuto? Un sindaco dovrebbe saperlo e dirlo. Finalmente ci si è accorti della necessità di regolare i processi di “turistificazione” su cui il nostro giornale è stato tra i più decisi a rilanciare un monito lontano dell’indimenticabile e compianto Mariano D’Antonio, il primo, anni fa, a mettere in guardia il Comune sui rischi gravi e crescenti di un assedio non controllato. Sconcerta infine e va stigmatizzata la scomparsa dai radar di Manfredi ancora una volta, in linea con una continuità infelice del “futuro metropolitano”, nel momento, in cui, a 19 dirigenti della Città metropolitana vengono liquidate “indennità di risultato”, con premi pro-capite di oltre 50 mila euro.

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Napoli e il G7 tradito: trent’anni di illusioni

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24.03.2024

Tra pochi mesi, saranno trent’anni dal G7, il vertice mondiale dei Paesi più industrializzati, che si svolse a Napoli dall’ 8 luglio del 1994 e rappresentò “lo spot pubblicitario più gigantesco” per la nostra città sotto il profilo turistico e della immagine dopo anni difficili. Oltre a tutto questo, è da ricordare la straordinaria fase preparatoria, grazie all’apporto di studiosi, economisti, manager italiani e di altri Paesi, ricco di interventi, proposte e idee per costruire un futuro innovativo e competitivo nella fase più giusta e delicata. Tante le criticità vecchie e nuove da affrontare: fatiscenza edilizia, enorme disagio sociale, pericolose infiltrazioni nella ricostruzione post terremoto, una disoccupazione crescente per la dismissioni delle Partecipazioni statali. Altrettante però le opzioni più giuste suggerite alle istituzioni locali: Comune, Provincia e Regione, in quel tempo tutte rette dalla sinistra o da coalizione di centrosinistra, per venirne fuori. Tra le priorità: la “indispensabilità di un senso civico, alla base dello sviluppo socioeconomico e per ogni sfida”; “la questione residenziale, fondata su una premessa che, per........

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