Da quando, negli anni Ottanta, Maurizio Landini entrò come saldatore in un’impresa del settore metalmeccanico, da predestinato fan del sociale, non si è perso un Primo Maggio. Fu difatti un primo maggio a indicargli il futuro nel sindacato Cgil, dove ha scalato tutto ciò che c’era da scalare, fino alla sua elezione a segretario nazionale nel gennaio del 2019. Il tempo appena di guardarsi intorno per lanciare nelle piazze un nuovo energico verbo sociale ma un anno dopo, nel febbraio 2020 l’avvento del Covid compromesso tutto. La gestione della emergenza sarà impegno esclusivo di Palazzo Chigi, del premier Conte, che, con una Protezione Civile, rabberciata anche per il suo disinteresse, (lo ha mai saputo Landini?) e una serale liturgica videata, rassicura il Paese al telecomando ad avere fiducia nel futuro. Ovviamente anche il proprio, in politica come si vedrà già deciso e programmato. Dopo quel decreto del governo Conte, del marzo del 2020, sul potenziamento delle misure sanitarie e del sostegno economico alle famiglie, oggi è di rigore chiedere: il sindacato in quegli anni quale ruolo concreto ebbe? Consultivo, progettuale, propositivo o decorativo ? Parliamo soprattutto della Ggil, dei “megaconsulti” di esperti di quel genio di Conte, in cui diceva: ”Stiamo ripartendo” e in realtà stava fermo? E’ giusto oggi chiederselo, con forza, di di fronte gravi errori di un passato. a lungo governato da una sinistra indisturbata. Che si vogliono addebitare alla premier Meloni, mentre lo sanno anche le pietre della strada, sono tutti imputabili al Pd e all’avvocato del popolo. Oggi amico di Landini con il quale c’è uno scambio di salamelecchi e di “complimentosità” e in corso anche prove di alleanze in piazza. Fallite sul nascere . La sindrome della piazza, da “parodia petroliniana”, “bene, bravo, bis!” ha dato alla testa al segretario generale della Cgil, il quale, come aspirante leader della sinistra a “reti unificate”, è giunto a sfidare il governo sulla natura dello sciopero, perdendo su tutti i fronti. Da tempo già perdente su quello della corretta critica. Solo un fazioso come lui poteva inventarsi la corbelleria di un attentato alla democrazia il rispetto delle regole di un sciopero, esaminato, mai come questa volta, da un Garante della democrazia. Siamo davvero alle farneticazioni più deliranti da parte di un sindacato fondato nel 1944, che ha avuto tra i fondatori Giuseppe di Vittorio, per il quale “il sindacato deve fare politica ma a una sola condizione: di essere sempre apartitico”. Non c’è pagina nei suoi scritti , in cui non si parli dell’ impegno permanente in favore del popolo, dell’interesse superiore per le sue condizioni di vita, soltanto del popolo, come protagonista e partecipe delle lotte giuste. Una volta Landini , per esaltare la sua intransigenza disse: “Marchionne era la Fiat con i suoi interessi crescenti , io, invece, ero l’Italia e i suoi metalmeccanici di Melfi, Cassino, Pomigliamo , Termini Imerese”. Cosa è cambiato oggi per notarne riserbo e silenzio su una delle ultime furbate della Fiat, che sta cedendo marchi e stabilimenti italiani, da far dire: “Noi paghiamo incentivi e passivi e la Fiat incassa miliardi ”. Un silenzio landiniano, sempre più smemorato anche sui Bonus edilizi, che dal 2020 valgono 160, 7 miliardi, e di questi sono stati compensati appena 25, 5 miliardi , con una ipoteca da 2224 miliardi annui sui conti pubblici. Prima di parlare di democrazia a rischio , Landini, Schlein e Conte, il “trio flop”, oggi si può dire, si tolgano di mente la “piazza idea” di voler stravolgere un precetto costituzionale di una maggioranza, votata dal popolo, che governa e da una minoranza, votata dal popolo , che controlla in quello aberrante e folle di una maggioranza, che non debba governare e di una minoranza, che invece di controllare, pretenda di governare. A dimostrarlo è lo sfinimento di un Pd a trazione, o meglio a regressione Schlein, ormai all’angolo, da delirio per un’astinenza da potere. Che trasforma anche seri “inviti istituzionali” a confrontarsi in caroselli di alibi. Il presidente Mattarella riferendosi ai disastri del Covid e alla ricostruzione parlò a suo tempo di un nuovo “dopoguerra” da affrontare. Diventato poi ancora più critico per le gravi conseguenze della guerra in Ucraina. È inconcepibile che un sindacato, invece di spianare la strada a una premier, apprezzata in tutto il mondo, gliela intralci.

QOSHE - La “piazza” idea di Landini rafforza il governo Meloni - Aldo De Francesco
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La “piazza” idea di Landini rafforza il governo Meloni

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19.11.2023

Da quando, negli anni Ottanta, Maurizio Landini entrò come saldatore in un’impresa del settore metalmeccanico, da predestinato fan del sociale, non si è perso un Primo Maggio. Fu difatti un primo maggio a indicargli il futuro nel sindacato Cgil, dove ha scalato tutto ciò che c’era da scalare, fino alla sua elezione a segretario nazionale nel gennaio del 2019. Il tempo appena di guardarsi intorno per lanciare nelle piazze un nuovo energico verbo sociale ma un anno dopo, nel febbraio 2020 l’avvento del Covid compromesso tutto. La gestione della emergenza sarà impegno esclusivo di Palazzo Chigi, del premier Conte, che, con una Protezione Civile, rabberciata anche per il suo disinteresse, (lo ha mai saputo Landini?) e una serale liturgica videata, rassicura il Paese al telecomando ad avere fiducia nel futuro. Ovviamente anche il proprio, in politica come si vedrà già deciso e programmato. Dopo quel decreto del governo Conte, del marzo del 2020, sul potenziamento delle misure sanitarie e del sostegno economico alle famiglie, oggi è di rigore chiedere: il sindacato in quegli anni quale ruolo concreto........

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