Tra i tanti e irritati commenti venuti da sinistra sulla recente e netta sconfitta nelle Regionali in Abruzzo, l’insistenza con cui si è chiesto, si chiede tuttora di preservarne l’unità, ha confermato ciò di cui non si vuole prendere atto, al di là di baci, abbracci pubblici su palchi e palchetti: la oggettiva crescente incompatibilità dei due “leader” nel poter costruire un’alternativa al centrodestra. A riguardo ci piace qui citare alcuni passi significativi di un editoriale, del 2 gennaio scorso, del direttore del “Corriere della Sera”, Luciano Fontana, profetici rispetto al marasma odierno nel Pd e dintorni. “La Schlein - scriveva - sta cercando nella contrapposizione personale a Giorgia Meloni, da donna contro donna, la sua consacrazione a leadership, che, nemmeno il suo partito le riconosce opportunamente. Anche perché non è ancora chiaro cosa voglia fare di una forza politica, che è stata l’asse di tanti governi nell’ultimo decennio e che ha saputo esprimere una classe dirigente utile in momenti difficili”. E continuava: “C’è poi il macigno Conte, fermo alla promessa di Nicola Zingaretti ai tempi della sua segreteria, che sarebbe stato lui, il leader federatore del centrosinistra, e solo a queste condizioni disponibile a trascinare il movimento Cinquestelle, costituzionalmente refrattario alle alleanze in uno schieramento unico, alternativo al centrodestra”. In un clima del genere, confuso su tutto: “premiership”, formula di coalizione, un Pd sempre più in fondo a sinistra e i riformisti emarginati non ci si poteva attendere altro. Ha ragione Fassino a dire che “lo schema senza centro non può funzionare e ha bisogno della terza gamba per sperare di sfondare”, concludendo: “La verità è che a noi manca qualcuno che ricopra il ruolo di Forza Italia”. Il centro non c’è, ma c’è di peggio nella sinistra: c’è il deleterio “egocentrismo” contiano, che si intesta tutto: dalla piazza ribelle di De Luca alla vittoria della Todde in Sardegna. Ottenuta, si sa, per le qualità esclusive di questa donna straordinaria, apprezzata da tutti e di tale spessore da meritarsi addirittura gli auguri del Segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Parolin: un’attenzione, che neanche ad Andreotti fu riservata anche se “si confessava e confessava” oltre Tevere. Sorprende che Conte, dalle molte e autorevoli entrature nel mondo cattolico, che non se ne sia accorto. Se la strana coppia avesse sul serio creduto nella sfida del “campo largo”, considerandolo un serio progetto strategico, anteposto a quelli ambiziosi e personali, altro oggi sarebbe lo “stato di questa unione”. Siamo ormai alla “invasione di campo” nella sinistra con il varo in corso di numerose liste e la ridiscesa in campo di tanti personaggi del passato, insofferenti e infastiditi dalla sudditanza ai capricci di Conte e alla sua smodata brama di potere. In tutto questo, oggi bisogna anche dire, che emerge anche un’altra, postuma rivalsa di Berlusconi. Dopo la frana del “campo largo”, ora è corsa al “Centrocampo”, cioè a Forza Italia. Quando Berlusconi scese in campo per contrastare l’avanzata della gioiosa macchina da guerra di Occhetto degli ex Pci, favoriti, nella bufera di Tangentopoli , dalla indulgenza plenaria dei pm, puntò molto sul recupero della cultura dei partiti laici e intermedi . Nello Statuto fondativo tenne a specificare che il partito si considerava: “Legittimo erede delle migliori tradizioni politiche italiane e liberali del nostro Paese, riferibili al democristiano Alcide De Gasperi, al socialdemocratico Giuseppe Saragat, al liberale Luigi Einaudi e al repubblicano Ugo La Malfa, i veri padri nobili di un partito cattolico ma non confessionale, liberale ma non elitario, un partito nazionale ma non centralista”. Cui aderirono prestigiosi intellettuali di varia formazione politica da Lucio Colletti a Gianni Baget Bozzo. Una lungimiranza, oggi ancora più attuale, apprezzata addirittura da un leader storico del Pci come Fassino e che offre percorsi più compatibili al “terzo polo”, per una scelta di campo coerente, meditata e più degna contro un disfattismo populista.

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Frana il “campo largo”: corsa al “Centrocampo”

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17.03.2024

Tra i tanti e irritati commenti venuti da sinistra sulla recente e netta sconfitta nelle Regionali in Abruzzo, l’insistenza con cui si è chiesto, si chiede tuttora di preservarne l’unità, ha confermato ciò di cui non si vuole prendere atto, al di là di baci, abbracci pubblici su palchi e palchetti: la oggettiva crescente incompatibilità dei due “leader” nel poter costruire un’alternativa al centrodestra. A riguardo ci piace qui citare alcuni passi significativi di un editoriale, del 2 gennaio scorso, del direttore del “Corriere della Sera”, Luciano Fontana, profetici rispetto al marasma odierno nel Pd e dintorni. “La Schlein - scriveva - sta cercando nella contrapposizione personale a Giorgia Meloni, da donna contro donna, la sua consacrazione a leadership, che, nemmeno il suo partito le riconosce opportunamente. Anche perché non è ancora chiaro cosa voglia fare di una forza politica, che è stata l’asse di tanti governi nell’ultimo decennio e che ha saputo esprimere una classe dirigente utile in momenti........

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