Roma, 15 aprile 2024 – L’incremento della spesa sanitaria diretta delle famiglie (out of pocket), combinato con la rinuncia da parte di quasi due milioni d’italiani a visite ed accertamenti diagnostici per motivi economici e con la presenza di 2,1 milioni d’indigenti a rischio salute, "deve indurre il governo a prendere una decisione: rilanciare il Servizio sanitario nazionale, sempre più in affanno a causa di quindici anni di tagli indiscriminati, oppure passare chiaramente al modello statunitense nel quale le prestazioni per la salute sono in prevalenza coperte dai singoli o dalle polizze assicurative". Tertium non datur per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che, con l’occhio clinico del medico – è specialista in Gastroenterologia e Medicina interna –, guarda con preoccupazione alle condizioni generali di una paziente illustre: la sanità pubblica.

L’Italia spende per la salute il 6,6% del Pil, siamo sotto dello 0,5% alla media Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e a quella dell’Unione europea. Stiamo ’perdendo’ il malato?

"Considerando la spesa sanitaria in termini assoluti, non possiamo dire che ci sia una diminuzione particolare rispetto agli anni precedenti. Il dato più rilevante, però, è la percentuale sul Pil che registra un calo indiscutibile degli stanziamenti per la salute pubblica, ancor più significativo se posto in correlazione con quanto accade all’estero. Nel 2022 la spesa sanitaria si attestava al 6,7%, quest’anno, stando alle previsioni del Def, si ridurrà al 6,4%, per poi scendere al 6,3%, come nel 2026, e l’anno successivo al 6,2%".

Anche se sarebbe ingeneroso gettare la croce sul solo governo Meloni, dato il trend negativo da 15 anni a questa parte, tocca all’esecutivo in carica fare una scelta definitiva?

"Sì, perché l’aumento medio di 64 euro annui a famiglia per costi sanitari racconta di una coperta sempre più corta per la sanità pubblica. Non tutti poi possono permettersi di accedere al privato di tasca propria. A proposito, quasi il 16,7% delle famiglie ha scelto di rinunciare ad alcune prestazioni e probabilmente questo è un dato, se possibile, ancora sottostimato, pensando alla riservatezza dei singoli sul fronte salute. Crescono anche gli indigenti che oggi rappresentano 2,1 milioni di persone. Parliamo dei soggetti ai quali la Repubblica, a norma dell’articolo 32 comma 1 della Costituzione, dovrebbe garantire cure gratuite. Con quali soldi?".

Voi che cosa proponete?

"Noi abbiamo presentato al ministero della Salute un piano di razionalizzazione e rilancio della sanità pubblica. Purtroppo non abbiamo ricevuto alcuna risposta".

Più di 4 milioni di famiglie hanno limitato le spese per la salute, soprattutto al sud. La soluzione potrebbe arrivare dall’autonomia differenziata?

"Tutt’altro, si rischia d’ingenerare solo un doppio binario fra le regioni. Temiamo che anche il nord non sarà in grado di garantire livelli minimi di assistenza per la popolazione".

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I tagli alla Sanità pubblica: "Troppe famiglie perdono le cure. Il governo deve intervenire"

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15.04.2024

Roma, 15 aprile 2024 – L’incremento della spesa sanitaria diretta delle famiglie (out of pocket), combinato con la rinuncia da parte di quasi due milioni d’italiani a visite ed accertamenti diagnostici per motivi economici e con la presenza di 2,1 milioni d’indigenti a rischio salute, "deve indurre il governo a prendere una decisione: rilanciare il Servizio sanitario nazionale, sempre più in affanno a causa di quindici anni di tagli indiscriminati, oppure passare chiaramente al modello statunitense nel quale le prestazioni per la salute sono in prevalenza coperte dai singoli o dalle polizze assicurative". Tertium non datur per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che, con l’occhio clinico del medico – è specialista in........

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