Bologna, 8 marzo 2024 – Dieci anni senza risposte, 3.653 giorni nei quali in molti si sono interrogati sulla fine dei propri cari: uno strazio legato alla scomparsa del volo MH370. Quel fatidico 8 marzo 2014 alle 12.42 della notte, l’aereo della Malaysia Airlines parte da Kuala Lumpur in direzione di Pechino, con 239 persone a bordo, di cui 12 membri dell’equipaggio. Il volo sarebbe dovuto durare 5 ore e 34 minuti, ma a meno di un’ora dal decollo fa perdere le sue tracce. Un mistero che continua tutt’oggi.

Alle 1.19 l’ultimo contatto con il centro di controllo di Kuala Lumpur: “Buonanotte”, saluta il capitano del velivolo Zaharie Ahmad Shah, prima di entrare nello spazio aereo vietnamita. Proprio qui, il Boeing 777 9M-MRO scompare dai radar, intorno alle 1.21 della notte. Le indagini riveleranno poi che il transponder – lo strumento che trasmette la posizione dall’aereo alle torri di controllo – è stato spento manualmente. Nulla suggerisce che stia avendo luogo qualche emergenza. Tutti pensano a un inabissamento nel mar Cinese meridionale, ma nei giorni successivi, nonostante decine di navi e aerei impegnati nelle ricerche, né il relitto né una porzione della fusoliera vengono ritrovati.

A due giorni dalla scomparsa, una società britannica scopre che il volo era ‘sopravvissuto’ ben oltre le 1.21 di notte. Infatti, a trasmettere dati sullo stato degli aerei non è solo il transponder, ma è anche il meccanismo della ‘stretta di mano’. Ci sono dei satelliti in grado di captare il segnale dei velivoli: lanciano un ‘messaggio’, che viene poi rimandato indietro dall’aereo. E i dati satellitari testimoniano che MH370 è rimasto in volo per almeno altre 6 ore.

Se il mistero è già intricato, nei giorni successivi a questa scoperta gli inquirenti ne registrano un’altra, forse ancora più interessante. Dopo le fatidiche 1.21, MH370 fa ‘retromarcia’ e torna indietro, verso la penisola malesiana. A registrarlo è il radar miliare della Malesia, che però perde a sua volta i contatti con il Boeing alle 2.22.

Tuttavia, nelle ore successive, vengono registrate altre 7 ‘strette di mano’. Facendo un calcolo della velocità media del volo e delle 6 ore in cui continua ad essere captato in questo modo, ci sono due possibilità: che si sia diretto verso nord, precipitando nel Kazakistan una volta terminato il carburante, o verso sud, cadendo nell’oceano Indiano (verso l’Antartide) per la stessa ragione. Gli inquirenti scartano presto l’ipotesi kazaka, concentrandosi sulla seconda. Ed ecco qui quanto la conclusione al momento ritenuta più credibile: MH370 si è inabissato tra Perth in Australia e Kuala Lumpur, e tutti i passeggeri sono morti. Da ottobre 2017 sono stati ritrovati 20 frammenti del relitto in giro per le spiagge che costeggiano l’oceano Indiano.

Le teorie sono molte, ma le prove sono prossime allo zero. C’è chi ipotizza un dirottamento, ma l’ipotesi più accreditata da media ed esperti (nonché, in prima analisi, anche dalla polizia malesiana) addita il capitano Zaharie come responsabile. Ciò potrebbe avere senso, visto che i problemi hanno avuto inizio precisamente all’uscita dello spazio aereo malesiano, con lo spegnimento manuale del transponder. L’uomo avrebbe fatto volare l’aereo fino all’esaurimento del carburante o lo avrebbe consapevolmente portato al di sopra dei 12mila metri di altitudine, comportando una fatale depressurizzazione. Il pilota – secondo questa ricostruzione – avrebbe compiuto una sorta di attentato frustrato dai suoi problemi personali: la presunta fine della relazione con sua moglie e la condanna al carcere per sodomia di un suo parente, membro del partito d’opposizione. La famiglia rifiuta categoricamente l’ipotesi.

Nel decimo anniversario della scomparsa, il governo malesiano è sinceramente disposto a riaprire le indagini. E a far la differenza questa volta potrebbero essere le tecnologie messe sul tavolo dall’azienda statunitense di robotica Ocean Infinity, pronta ad accettare un accordo che prevederebbe il pagamento solo nel caso in cui il rottame fosse trovato. Un accordo analogo era stato siglato nel 2018, ma i risultati sono stati deludenti. Stando alla Cnn, la società ha dichiarato che le sue metodologie sono state affinate nel corso degli ultimi 6 anni. “Siamo fortemente decisi a localizzare MH370”, ha promesso il ministro dei trasporti Anthony Loke.

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MH370, dieci anni di mistero. Quel ‘buco’ di 6 ore e i dubbi sul pilota. Nuove ricerche dell’aereo scomparso?

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08.03.2024

Bologna, 8 marzo 2024 – Dieci anni senza risposte, 3.653 giorni nei quali in molti si sono interrogati sulla fine dei propri cari: uno strazio legato alla scomparsa del volo MH370. Quel fatidico 8 marzo 2014 alle 12.42 della notte, l’aereo della Malaysia Airlines parte da Kuala Lumpur in direzione di Pechino, con 239 persone a bordo, di cui 12 membri dell’equipaggio. Il volo sarebbe dovuto durare 5 ore e 34 minuti, ma a meno di un’ora dal decollo fa perdere le sue tracce. Un mistero che continua tutt’oggi.

Alle 1.19 l’ultimo contatto con il centro di controllo di Kuala Lumpur: “Buonanotte”, saluta il capitano del velivolo Zaharie Ahmad Shah, prima di entrare nello spazio aereo vietnamita. Proprio qui, il Boeing 777 9M-MRO scompare dai radar, intorno alle 1.21 della notte. Le indagini riveleranno poi che il transponder – lo strumento che trasmette la posizione dall’aereo alle torri di controllo – è stato spento manualmente. Nulla suggerisce che stia avendo luogo qualche emergenza. Tutti pensano a un inabissamento nel mar Cinese meridionale, ma nei giorni successivi, nonostante decine........

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