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Ferrara «Ero rimasta incinta, non volevo più andare in strada e lui mi ha picchiata e io dopo ho abortito». Prima di ieri, di questo fatto non sapeva niente nessuno, o quasi. Soprattutto non lo sapevano i carabinieri e la procura, che nel 2019 hanno chiuso le indagini sull’organizzazione albanese che per anni ha gestito la prostituzione nell’area di via Bologna-via Wagner.

A rivelare un fatto così straziante è stata una ragazza romena che si prostituiva e che ha raccontato di essere passata da un protettore suo connazionale (l’area non a caso era gestita anche da sfruttatori rumeni, oggetto di un separato filone d’indagine e già giudicati in altri processi) a uno albanese, Artur Dineja, 48 anni, considerato il vertice di una struttura piramidale, colui al quale le donne dovevano pagare settimanalmente il diritto a occupare una “piazzola” dove prostituirsi, e che faceva valere il suo potere con la forza se lo riteneva necessario, picchiandole. Con lui sono imputate due donne: Dhurata Malko, 52 anni, e Aferdita Kabili, 47 anni (altri imputati, di livello più basso, hanno patteggiato in precedenza).

La ragazza che ha testimoniato ieri ha raccontato di aver avuto una relazione con Dineja e di essere rimasta incinta proprio nel corso di essa. Dineja però stava con Kabili (sfruttatrice di altre donne, ma a sua volta sfruttata): «Lui diceva bugie a tutte e due». A lei prendeva i soldi guadagnati in strada, «tutti i soldi, a volte mi lasciava 20-30 euro». A volte glieli prendeva direttamente dalla borsetta. Poi l’aborto «perché mi ha menata». Sembrano esserci stati anche due tentativi di fuga non riusciti, ospite da un’amica e dalla sorella «ma quando sono scappata mi è venuto a prendere con la forza». Alla fine è andata via, abbastanza lontano, a Roma.

Tutti gli imputati sono rimasti liberi anche dopo la conclusione delle indagini. Per questo devono probabilmente ringraziare la pandemia di Covid-19, perché le misure cautelare richieste dalla sostituta procuratrice Barbara Cavallo, che ha coordinato le indagini (fatte anche con numerosi intercettazioni telefoniche) non sono state concesse dal giudice delle indagini preliminari probabilmente per via del lockdown che, in quel momento, impediva spostamenti e dunque fughe e rendeva anche difficoltosi i nuovi ingressi in carcere per via dei potenziali contagi.

Da quel che è emerso finora, delle due donne imputata, Malko compare solo nelle vesti di sfruttatrice. Ad esempio, un’altra delle ragazze che si prostituivano che è stata sentita ieri ha raccontato che fu lei a darle delle botte per costringerla a pagare il pizzo e ottenere così la possibilità di prostituirsi: «Lavoravo vicino al distributore di via Wagner, volevo lavorare per i miei figli. Lei mi ha dato calci, schiaffi, mi ha tirata per i capelli», perché voleva i soldi: «Mi chiedeva 100 euro». Dineja era comunque lì, perché giravano insieme a controllare il territorio. La donna ha affermato di non aver pagato nulla, ma su questo punto ci sono indizi contrastanti derivanti sia dalle intercettazioni che dall’attività investigativa. Va anche sottolineata la difficoltà linguistica, la deposizione è stata fatta con l’assistenza di un’interprete, ma forse non tutte le domande sono state capite in maniera corretta.

Ma quanto dovevano pagare le donne? Le indagini e altre testimonianze hanno portato ad appurare che veniva chiesta alle donne la cifra di 150 euro a settimana.

Somma che però non chiudeva il conto dei pagamenti da effettuare, perché Dineja agiva un po’ come il padrone di casa che riscuote i soldi dell’affitto, ma tutte avevano un protettore al quale dovevano versare il relativo pizzo per l’attività di prostituzione.

Il processo riprenderà il prossimo 3 ottobre.

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QOSHE - Ferrara, non voleva più prostituirsi. «Picchiata, ho abortito» - Daniele Oppo
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Ferrara, non voleva più prostituirsi. «Picchiata, ho abortito»

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05.04.2024

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Ferrara «Ero rimasta incinta, non volevo più andare in strada e lui mi ha picchiata e io dopo ho abortito». Prima di ieri, di questo fatto non sapeva niente nessuno, o quasi. Soprattutto non lo sapevano i carabinieri e la procura, che nel 2019 hanno chiuso le indagini sull’organizzazione albanese che per anni ha gestito la prostituzione nell’area di via Bologna-via Wagner.

A rivelare un fatto così straziante è stata una ragazza romena che si prostituiva e che ha raccontato di essere passata da un protettore suo connazionale (l’area non a caso era gestita anche da sfruttatori rumeni, oggetto di un separato filone d’indagine e già giudicati in altri processi) a uno albanese, Artur Dineja, 48 anni, considerato il vertice di una struttura piramidale, colui al quale le donne dovevano pagare settimanalmente il diritto a occupare una “piazzola” dove prostituirsi, e che faceva valere il suo potere con la forza se........

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