Se vi sono eventi nella storia nazionale che impongono uno scatto di responsabilità e persino di unità nazionale, uno di questi è l’emergenza in corso ormai da 24 ore con piogge battenti e venti a 140 chilometri orari, morti e dispersi, devastazioni e allagamenti e fiumi gonfi pronti a balzare sulle città del nord-est, ma soprattutto in una Toscana che vive l’ora più buia e rivive l’incubo dell’alluvione dell’Arno del 4 novembre del 1966, esattamente 57 anni fa, sotto i colpi del ciclone tropicalizzato che ha travolto le città dalla periferia di Firenze a Prato e fino a Livorno.

Riusciranno queste tragiche ore a scuotere un governo finora nemmeno sfiorato dalla necessità di contrastare gli effetti impressionanti della crisi climatica con un minimo di operatività, che infierisce favorita dallo stato di cronico dissesto idrogeologico di tanti nostri territori? Chissà? Quel che è certo è che siamo noi, purtroppo per noi, il bersaglio perfetto dei deep impact del riscaldamento globale nell’area del Mediterraneo, dove le temperature corrono ad una velocità del 20% superiore alla media globale. Alluvioni e siccità, frane o terremoti ci colgono sempre impreparati, e nell’illusione di poterli schivare magari toccando ferro o invocando un santo protettore. Ma il guaio è che l’Italia è la terra geologicamente più giovane e fragile della Terra, con la cifra monstre di 828.000 frane censite dall’Ispra sul complesso delle 750.000 dell’intero continente, con il più complesso sistema idrologico europeo con 7.546 corsi d’acqua torrentizi, condizionati da precipitazioni record per 301 miliardi di m3 all’anno – ma in aree ristrette in poche ore ormai può precipitare l’acqua di un anno -, e da una espansione edilizia a tratti folle e con abusi graziati da 4 condoni.

Andrebbero disinnescate tante bombe a tempo innescate anche sotto le città, avendo intombato fiumi per 20.000 km in sezioni inadeguate a contenerli, come il Seveso. Ma facciamo finta di non avere alle spalle un archivio delle catastrofi con circa 29.000 alluvioni e circa 11.000 frane che hanno colpito nell’ultimo secolo circa 14.000 luoghi della penisola, lasciando oltre 6000 morti, centinaia di migliaia di feriti, invalidi, orfani e milioni di sfollati, con un esborso in media annua dal 1946 di 4 miliardi di euro che negli ultimi anni è al raddoppio.
Ci sarebbe bisogno di bravi psichiatri per interpretare i perché dalla fuga dalla realtà e dalle responsabilità di fronte a un repertorio di rischi evidenti, e l’incapacità di rimettere in piedi una task force tecnica permanente a Palazzo Chigi che possa continuare a “mettere a terra” le circa 11.000 opere e interventi del piano nazionale di Italiasicura, l’unico che c’è. Il menefreghismo così come i blocchi nimby e gli egoismi più squallidi fanno disastri. All’Italia non servono le grandi emozioni di queste ore terribili ma serve, appena smetterà di piovere, che il governo pensi a come difenderla, mettendo in cantiere alla svelta i tanti MOSE di cui ha urgente bisogno.

Erasmo D'Angelis

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Maltempo, l’ora più buia della Toscana e la fuga dalla realtà della politica

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04.11.2023

Se vi sono eventi nella storia nazionale che impongono uno scatto di responsabilità e persino di unità nazionale, uno di questi è l’emergenza in corso ormai da 24 ore con piogge battenti e venti a 140 chilometri orari, morti e dispersi, devastazioni e allagamenti e fiumi gonfi pronti a balzare sulle città del nord-est, ma soprattutto in una Toscana che vive l’ora più buia e rivive l’incubo dell’alluvione dell’Arno del 4 novembre del 1966, esattamente 57 anni fa, sotto i colpi del ciclone tropicalizzato che ha travolto le città dalla periferia di Firenze a Prato e fino a Livorno.

Riusciranno queste tragiche ore a scuotere un governo finora nemmeno sfiorato dalla necessità di contrastare gli effetti impressionanti della crisi........

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