Bologna, 7 marzo 2024 – Tuta spezzata, sneakers dai dettagli fluo, un orologio colorato al polso. Ma lo sguardo è serio, l’incedere zoppicante e ha un polso fasciato: così Giampaolo Amato, l’oculista di 64 anni accusato di avere ucciso la moglie Isabella Linsalata, 62, e la suocera Giulia Tateo, 87, a distanza di ventidue giorni l’una dall’altra a ottobre 2021, si è presentato in aula, ieri mattina.

Ha salutato con fugaci sorrisi e pollici in su gli amici e i familiari venuti a sostenerlo (assenti però i suoi due figli), poi si è seduto accanto ai propri avvocati, Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna.

Linsalata e Tateo, per l’accusa, sarebbero state uccise con un cocktail letale di Midazolam, benzodiazepina, e Sevoflurano, anestetico ospedaliero, che Amato, medico dell’Ausl, avrebbe sottratto negli ospedali in cui lavorava.

Tant’è che risponde pure di peculato.

Duplice il movente: sentimentale, poiché voleva vivere in libertà la sua relazione extraconiugale, ed economico, per l’eredità.

Ecco che ha preso il via il processo davanti alla Corte d’assise presieduta dal giudice Pier Luigi Di Bari.

Aula gremita e misure straordinarie di sicurezza per impedire la ressa, si è aperta una battaglia che si preannuncia senza esclusioni di colpi. O di consulenze.

Già, perché come la Procura (aggiunto Morena Plazzi, sostituto Domenico Ambrosino) ha subito chiarito, "si tratta di un processo estremamente difficile, basato su elementi indiziari e aspetti medico-legali molto complessi".

Dal canto suo, la difesa attacca: "Vogliamo una perizia medico-legale super partes. Inammissibile che consulenti esperti come quelli delle parti siano giunti a conclusioni opposte sulle cause dei decessi. Decessi che, chiariamo subito, per noi non sono omicidi". Insomma, il processo in cui vengono contestati due delitti pure premeditati si apre su un dubbio non da poco: si tratta davvero di omicidi?

La Procura ne è certa. A supportarla, sorella e amiche della vittima, che in corso d’indagine hanno raccontato come almeno dal 2019 Isabella sospettasse che il marito la narcotizzasse. E il sangue della donna, che lei aveva donato pochi giorni prima di morire, non presentava traccia di farmaci. Per provare tali accuse, i pm con i loro testi (tutte le liste delle parti sono state ammesse dalla Corte) mirano a far luce sugli "spostamenti dell’imputato e i suoi contatti con le vittime" nelle loro ultime ore, ma anche "lo stato delle relazioni familiari in casa Amato nei mesi e negli anni antecedenti i fatti". Fondamentali poi le intercettazioni fatte durante le indagini, per la cui trascrizione è stato incaricato un perito.

"Le consulenze medico-legali sono il cardine di questo processo", conviene l’avvocato Maurizio Merlini, per Anna Maria Linsalata, sorella di Isabella, parte civile con lo zio Nicola Tateo, fratello di Giulia, questi con l’avvocato Francesca Stortoni. Anche l’Ausl si è costituita parte civile (avvocato Katia Monti), per il peculato.

Ma la difesa s’asserraglia: nessun omicidio. Tra i testi citati, inserisce allora amici e parenti "vicini sia all’imputato sia alla moglie", ma anche pazienti dello studio privato di via Bianconi dell’oculista. Per smontare il movente economico. Anticipa l’avvocato Lebro: "Potranno illuminare sull’atteggiamento tenuto dal dottor Amato in ambulatorio per decenni, sul suo rapporto col denaro e la cura degli altri".

Un consulente è stato nominato dalla difesa anche per analizzare lo smartwatch, prova forse per la prima volta in un’aula di giustizia. L’orologio di Amato ne rilevò un’attività fisica anomala nelle notti dei decessi, elemento "decisivo" per il gup che ordinò la seconda custodia cautelare del medico, contestandogli l’omicidio Tateo. Altri testi potrebbero riferire di un’attività sportiva notturna dell’imputato, che in quei giorni avrebbe dovuto correre la maratona, ma s’infortunò.

QOSHE - Omicidio Linsalata. Amato, viso teso e sorrisi. I pm riconoscono: "Processo difficile" - Federica Orlandi
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Omicidio Linsalata. Amato, viso teso e sorrisi. I pm riconoscono: "Processo difficile"

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07.03.2024

Bologna, 7 marzo 2024 – Tuta spezzata, sneakers dai dettagli fluo, un orologio colorato al polso. Ma lo sguardo è serio, l’incedere zoppicante e ha un polso fasciato: così Giampaolo Amato, l’oculista di 64 anni accusato di avere ucciso la moglie Isabella Linsalata, 62, e la suocera Giulia Tateo, 87, a distanza di ventidue giorni l’una dall’altra a ottobre 2021, si è presentato in aula, ieri mattina.

Ha salutato con fugaci sorrisi e pollici in su gli amici e i familiari venuti a sostenerlo (assenti però i suoi due figli), poi si è seduto accanto ai propri avvocati, Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna.

Linsalata e Tateo, per l’accusa, sarebbero state uccise con un cocktail letale di Midazolam, benzodiazepina, e Sevoflurano, anestetico ospedaliero, che Amato, medico dell’Ausl, avrebbe sottratto negli ospedali in cui lavorava.

Tant’è che risponde pure di peculato.

Duplice il movente: sentimentale, poiché voleva vivere........

© il Resto del Carlino


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