Aula blindata, schieramenti serrati: amici e parenti dell’imputato da un lato, amici e parenti delle vittime dall’altro. Qualche sguardo storto e qualche amico comune fanno la spola tra i due ’fronti’. Del resto, gli amici comuni sono inevitabili quando si trascorre una vita insieme. Vita che per l’accusa però Giampaolo Amato, oculista ed ex medico della Virtus basket, 64 anni, ha tolto alla moglie Isabella Linsalata, 62, la notte tra il 30 e il 31 ottobre del 2021. Lo avrebbe fatto somministrandole un cocktail letale di farmaci, la benzodiazepina Midazolam e l’anestetico ospedaliero Sevoflurano. Pochi giorni prima di lei, per "fare una prova" e per questioni di eredità, avrebbe fatto lo stesso con la suocera Giulia Tateo, 87 anni.

Ieri si è aperto il processo per il duplice omicidio che vede il medico alla sbarra. Lui, tuta sportiva e sneakers bianche con i dettagli fluorescenti, ma sguardo cupo, passo claudicante e una fasciatura al polso, si è seduto accanto ai suoi avvocati Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna, scambiando cenni di saluto ai tanti intervenuti a supportarlo.

"Non so con che forza, ma sono riuscita a guardarlo negli occhi – commenta invece la sorella di Isabella, Anna Maria Linsalata, parte civile e perno dell’accusa contro il cognato nel corso delle indagini –. La verità è sacra e sono qui perché venga fuori. Essere qui è per me emotivamente complicato, ma trovo il coraggio di esserci e lo faccio per mia sorella, che mi manca moltissimo". La affiancano, oltre al suo avvocato Maurizio Merlini – mentre la collega Francesca Stortoni rappresenta l’altro familiare parte civile, Nicola Tateo fratello di Giulia –, diverse amiche sue e di Isabella. Presto alcune di loro saranno testimoni al processo. E ora storcono il naso: "Gli amici di Amato lo vanno a salutare al banco degli imputati, chiacchiera con i parenti: è in gita o al processo per l’omicidio di sua moglie?", dicono.

Soffre invece il fratello minore di Giampaolo, Massimo: "È terribile vederlo seduto a quel tavolo. È provato, in carcere soffre. Spero davvero che si scopra la verità: mio fratello è innocente". Grandi assenti i figli della coppia; anche loro dovranno testimoniare al processo contro il padre. Processo che si preannuncia articolato – sono 17 le udienze fissate, dalla prossima settimana fino a metà ottobre – e soprattutto dibattuto a colpi di consulenze tecniche.

Perché "il perno del processo sta nelle consulenze medico legali", spiega l’avvocato di parte civile Merlini. Ossia: sta nel chiarire se le due donne siano state uccise, tramite la somministrazione dei due farmaci, oppure no. E non vi sia addirittura alcun delitto. Perciò la difesa chiede a gran voce "una perizia medico-legale, un esame super partes che chiarisca la causa dei decessi, poiché non è ammissibile che i professionisti esperti come quelli nominati dalle parti, siano giunti a conclusioni opposte. Lo diciamo chiaramente: per noi non si tratta di omicidi".

Ieri mattina, la Corte d’assise presieduta dal giudice Pier Luigi Di Bari ha accolto la costituzione di parte civile dell’Ausl, per il peculato contestato al medico (che avrebbe sottratto i farmaci usati per il delitto in uno degli ospedali in cui lavorava), e ha respinto invece quella dell’Udi, Unione donne in Italia. Questo perché, per la Corte, gli omicidi contestati all’imputato sono "avvenuti al di fuori di situazioni rientranti nel concetto di violenza di genere o di eventi definibili come femminicidio". E dunque lo statuto dell’associazione non prevede che sia ritenuta parte offesa.

Accolte le liste testi presentate dalle parti. E la Procura, con l’aggiunto Morena Plazzi e il sostituto Domenico Ambrosino, subito chiarisce: "Questo è un processo estremamente difficile, indiziario, con aspetti medico-legali complessi. Il ruolo dei consulenti sarà fondamentale", ma andrà anche chiarito "il rapporto dell’imputato con le vittime, i suoi spostamenti, la loro relazione nei mesi e negli anni antecedenti i fatti". Per farlo saranno fondamentali testimonianze e intercettazioni telefoniche e ambientali fatte durante le indagini. Indagini iniziate però mesi dopo i decessi, e culminate nell’arresto dell’indagato ben un anno e mezzo più tardi.

Tra le prove ritenute decisive: la bottiglia con tracce di Midazolam conservata dal 2019 dalla sorella della vittima, dopo che una sera la trovò stordita, e l’attività anomala rilevata dallo smartwatch dell’imputato nelle notti dei due decessi.

QOSHE - Il processo che divide Bologna. L’oculista sorride alla sbarra. Il gelo delle amiche della moglie - Federica Orlandi
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Il processo che divide Bologna. L’oculista sorride alla sbarra. Il gelo delle amiche della moglie

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07.03.2024

Aula blindata, schieramenti serrati: amici e parenti dell’imputato da un lato, amici e parenti delle vittime dall’altro. Qualche sguardo storto e qualche amico comune fanno la spola tra i due ’fronti’. Del resto, gli amici comuni sono inevitabili quando si trascorre una vita insieme. Vita che per l’accusa però Giampaolo Amato, oculista ed ex medico della Virtus basket, 64 anni, ha tolto alla moglie Isabella Linsalata, 62, la notte tra il 30 e il 31 ottobre del 2021. Lo avrebbe fatto somministrandole un cocktail letale di farmaci, la benzodiazepina Midazolam e l’anestetico ospedaliero Sevoflurano. Pochi giorni prima di lei, per "fare una prova" e per questioni di eredità, avrebbe fatto lo stesso con la suocera Giulia Tateo, 87 anni.

Ieri si è aperto il processo per il duplice omicidio che vede il medico alla sbarra. Lui, tuta sportiva e sneakers bianche con i dettagli fluorescenti, ma sguardo cupo, passo claudicante e una fasciatura al polso, si è seduto accanto ai suoi avvocati Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna, scambiando cenni di saluto ai tanti intervenuti a supportarlo.

"Non so con che........

© il Resto del Carlino


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