“L’accanirsi è pericoloso. Grazie cara ‘signora’ per aver massacrato in via mediatica la mia mamma. Cerchi pure la sua prossima vittima”. Chi scrive è Fiorina D’Avino, la figlia ventottenne di Giovanna Pedretti, poche ore dopo la morte della madre. La “signora” a cui si riferisce è Selvaggia Lucarelli e quelle parole sono una risposta a un post in cui la giornalista ha scritto: “La coda del 2023 e l’inizio del 2024 insegnano una cosa sola e molto precisa: i social sono pericolosi. La cattiva informazione è pericolosa. La superficialità è pericolosa. La distanza tra l’altare e la polvere è un nanosecondo”.

Più che un nanosecondo, tre giorni. Perché solo tre giorni intercorrono tra la mattina in cui Giovanna Pedretti è entrata nelle cronache nazionali e il pomeriggio in cui suo corpo senza vita è stato ritrovato nel fiume Lambro.

Tutto ha inizio l’11 gennaio. Pedretti, fino a quel momento anonima ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano, pubblica sul profilo della sua pizzeria lo screenshot di una recensione piena di commenti omofobi e offensivi nei confronti dei disabili. Il presunto cliente scriveva di non essersi trovato a suo agio “di fianco a dei gay” e a “un ragazzo in carrozzina che mangiava con difficoltà”. La risposta della ristoratrice, un’accorata difesa delle persone omosessuali e con disabilità, si concludeva con un invito a non tornare più nel suo locale, «a fronte di queste bassezze umane».

Nel giro di poche ore, quello screenshot viene commentato e condiviso centinaia di volte. Una fiumana di elogi e consensi travolge Pedretti e la vicenda non passa inosservata agli organi di stampa. Il 12 gennaio la notizia rimbalza ovunque, dalle testate online ai telegiornali: l’anonima ristoratrice diventa una paladina delle diversità.

Da quel momento, la cose iniziano a scricchiolare. La prima pietra la scaglia Loreno Biagiarelli, cuoco e blogger ospite fisso della trasmissione “È sempre mezzogiorno” di Antonella Clerici. Sui social – dove ha circa mezzo milione di follower – fa notare che lo screenshot “sembra falso”: il font dello screenshot è diverso da quello usato su Google, ci sono imperfezioni nella grafica e, cosa più strana, il commento non è disponibile online. L’ipotesi accusatoria di Biagiarelli è quella di usare “abilismo e omofobia come leva di marketing”.

S’insinua il dubbio. E il 13 gennaio arriva la bordata mediatica, con la penna più temuta: Selvaggia Lucarelli riprende l’analisi di Biagiarelli (suo compagno) e suggerisce che si tratti di “un’operazione di marketing spacciata per eroica difesa di gay e disabili”.

Lui scava più a fondo, telefona a Pedretti e le chiede spiegazioni. Perché quel commento non è più online? Lei si difende dicendo di averlo tolto e di aver poi cancellato lo screenshot dal telefono. Il giorno stesso, davanti alla sua pizzeria, c’è il TG3. Alle domande del cronista la ristoratrice risponde: “Non lo so, non lo so. Non ho una risposta da darti”.

L’atteggiamento è cambiato. Le stesse fonti d’informazione che avevano lodato la paladina di Sant’Angelo Lodigiano mettono in dubbio la veridicità della storia. Scatta l’attacco dei leoni da tastiera. Sotto lo screenshot e le notizie che trattano la vicenda, iniziano a comparire commenti negativi, insulti e frasi d’odio. Qualcuno difende la donna, ma è come una piccola diga che cerca di arginare un oceano di ostilità, disprezzo, condanna. Il giorno dopo Giovanna Pedretti viene trovata morta nel Lambro.

La notizia colpisce l’opinione pubblica come un pugno. Il volume delle ricerche su Google e dei commenti impenna in modo vertiginoso. La folla che su internet è pronta a lodare un giorno, a castigare quello dopo, a dispiacersi e poi a condannare di nuovo, trova nuovi imputati. Lorenzo Biagiarelli non si presenta alla quotidiana trasmissione di cucina su Rai1 (“non c’è, per la vicenda di cronaca che lo ha coinvolto” ma “tornerà”, assicura Clerici).

Lucarelli si difende, parla di una persona che “inventa una storia usando disabili e gay per avere quella popolarità sui social che ormai tutti vogliono”, di “stampa italiana che va dietro al primo che dà la notizia senza verificare”. E sulla morte della ristoratrice scrive che si sa “troppo poco dei pregressi, della storia personale. Come sempre, del resto”. L’ultima parola (per ora) è quella della figlia di Giovanna Pedretti: “L’accanirsi è pericoloso”.

QOSHE - Giovanna Pedretti, il caso della ristoratrice morta: dal tribunale dei social alla tragedia, tutto in 72 ore - Arnaldo Liguori
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Giovanna Pedretti, il caso della ristoratrice morta: dal tribunale dei social alla tragedia, tutto in 72 ore

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16.01.2024

“L’accanirsi è pericoloso. Grazie cara ‘signora’ per aver massacrato in via mediatica la mia mamma. Cerchi pure la sua prossima vittima”. Chi scrive è Fiorina D’Avino, la figlia ventottenne di Giovanna Pedretti, poche ore dopo la morte della madre. La “signora” a cui si riferisce è Selvaggia Lucarelli e quelle parole sono una risposta a un post in cui la giornalista ha scritto: “La coda del 2023 e l’inizio del 2024 insegnano una cosa sola e molto precisa: i social sono pericolosi. La cattiva informazione è pericolosa. La superficialità è pericolosa. La distanza tra l’altare e la polvere è un nanosecondo”.

Più che un nanosecondo, tre giorni. Perché solo tre giorni intercorrono tra la mattina in cui Giovanna Pedretti è entrata nelle cronache nazionali e il pomeriggio in cui suo corpo senza vita è stato ritrovato nel fiume Lambro.

Tutto ha inizio l’11 gennaio. Pedretti, fino a quel momento anonima ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano, pubblica sul profilo della sua pizzeria lo screenshot di una recensione piena di commenti omofobi e offensivi nei confronti........

© il Resto del Carlino


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