Rischio di più se lo metto o non lo metto il nome sulla scheda? Il tema della candidatura dei leader di partito, alle prossime Europee, tiene banco da ormai qualche settimana.

E la questione, come tante altre, diventa lacerante soprattutto a sinistra. Soprattutto nel Pd. Cosa dovrebbe fare, allora, Elly Schlein? Non ha avuto dubbi la presidente del consiglio Giorgia Meloni, il cui partito guida con ampio margine tutti i sondaggi. Per prima, ha annunciato la sua presenza come capo-lista in tutte le circoscrizioni.

Chissenefrega della prudenza e del galateo istituzionale. Scendere in campo porta qualche punto in più? Allora si fa. Punto. Alla faccia anche della scaramanzia e della “maledizione delle Europee”: elezioni che inebriano e poi obnubilano chi stravince: chiedere a Renzi o a Salvini. Proprio il leader leghista, per ragioni speculari, si guarda bene dal mettersi in gioco personalmente. Del resto, la sua asticella – il 34% delle Europee – sarebbe davvero troppo alta. E Salvini non brilla certo nei sondaggi. Meglio allora che a metterci la faccia sia qualcun altro, con il capitano pronto a fare spazio al generale Vannacci.

Al pragmatismo della destra, il frammentato campo delle opposizioni risponde – tanto per cambiare – con un accorato dibattito.

Nel quale principi etici e moralismo sono difficili da sbrogliare.

Solo Renzi ha già annunciato la propria corsa. Un errore, un imbroglio, una presa in giro degli elettori, denunciano Conte e Calenda: chiedere un seggio per chi in Europa non ci andrà mai. Considerazioni analoghe sono state poste, nel Pd, alla segretaria. Da più parti. Anzitutto, da parte del padre nobile del centro-sinistra, Romano Prodi. Schlein si candiderà dunque in Europa? Sì, No, Non sa/Non risponde. Le valutazioni di opportunità politica sono rilevantissime.

Non possono essere sottovalutate. Soprattutto a sinistra. E qualsiasi scelta dovrà essere “spiegata”, in modo trasparente e franco, agli elettori. Anche il rischio, in caso di esposizione personale della leader, sarebbe però notevole.

Cosa ne sarebbe della leadership democratica, se il partito andasse peggio rispetto agli attuali (già non lusinghieri) sondaggi e fosse avvicinato o superato dal M5s? Diciamolo però chiaramente: esistono condizioni prive di rischi, in vista del voto di giugno? Soprattutto, esiste ormai un voto, qualsiasi voto, che non sia (anche) un voto sul leader, un risultato, positivo o negativo, che non venga comunque attribuito al leader, all’indomani del voto?

Indipendentemente dal fatto che il nome compaia o meno sulla scheda, o magari nel simbolo del partito, tutti i leader saranno comunque, direttamente in campo alle Europee.

Lo sono già ora. Si capisce, allora, la tentazione di metterci la faccia. Anche a costo di rimetterci la faccia.

QOSHE - A chi conviene schierarsi alle Europee - Fabio Bordignon
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A chi conviene schierarsi alle Europee

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28.01.2024

Rischio di più se lo metto o non lo metto il nome sulla scheda? Il tema della candidatura dei leader di partito, alle prossime Europee, tiene banco da ormai qualche settimana.

E la questione, come tante altre, diventa lacerante soprattutto a sinistra. Soprattutto nel Pd. Cosa dovrebbe fare, allora, Elly Schlein? Non ha avuto dubbi la presidente del consiglio Giorgia Meloni, il cui partito guida con ampio margine tutti i sondaggi. Per prima, ha annunciato la sua presenza come capo-lista in tutte le circoscrizioni.

Chissenefrega della prudenza e del galateo istituzionale. Scendere in campo porta qualche punto in più? Allora si fa. Punto. Alla faccia anche della scaramanzia e della........

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