Il museo nazionale è inutile. Una riflessione sulla cultura italiana all’estero serve. Ci scrive il sottosegretario Sgarbi

Tante, troppe cose, si fanno per l’egemonia della cultura italiana, certo non di destra o di sinistra; ma non bastano mai. E ne chiede ancora, eternamente insoddisfatto, nonostante le prove quotidiane di intelligenza del Foglio, anche Claudio Cerasa. Su due punti mi stimola, uno condivisibile, l’altro assurdo. Partiamo dal secondo, che definisce i confini del patrimonio culturale, materiale, italiano. Le sue città, i suoi borghi, le sue case, i suoi paesaggi, i suoi palazzi, le sue chiese, i suoi musei. Essi, se non per l’arte e l’architettura contemporanea, non possono né mutare, né ampliarsi. Sono, e saranno, quelli che sono stati. Possono essere conservati o distrutti (soprattutto l’architettura di primo Novecento, come si è visto anche di recente, a Milano, a Gambassi, a Salerno). Pensare, nell’Italia dei comuni e dei Ducati e delle Repubbliche (da Venezia a Mantova, a Ferrara, a Urbino, a Lucca), di prendere una sola opera per un grande (quanto insensato) museo nazionale (a Roma) sul modello del Louvre, del British o del MoMa (bastano e avanzano gli “Uffizi”, denominazione deliziosa, insostituibile e incredibilmente moderna), è il più clamoroso errore “culturale” in nome della cultura che si potrebbe compiere. L’ha già fatto, senza misura, e pensando Parigi capitale del mondo (come non fu, e come non è), Napoleone, rubando ciò che non era della Francia, ma dell’Italia, e costituendo un grande museo dell’arte italiana fuori d’Italia, e una sua succursale di alte opere depredate, a Milano, Brera. Dovremmo ripeterlo a Roma? La maggior gloria del British è un’altra prova di forza del colonialismo culturale: i marmi del Partenone. Quanto al MoMa, esso è la conseguenza della moderna egemonia economica (e quindi culturale) degli Stati Uniti. La grandezza dell’Italia, diversamente unita, commemora egemonie passate: dei Medici, del Papato, della Repubblica di Venezia, dei Gonzaga, degli Estensi, dei Montefeltro, che hanno determinato potenti realtà culturali locali che, sommate insieme, prima del tardo e contraddittorio Risorgimento, hanno costituito il Rinascimento. Il Rinascimento italiano, sì. Inunificabile in un unico centro, fosse pure Roma.

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Egemonie culturali e il modello Napoleone? Una boiata

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24.01.2024

Il museo nazionale è inutile. Una riflessione sulla cultura italiana all’estero serve. Ci scrive il sottosegretario Sgarbi

Tante, troppe cose, si fanno per l’egemonia della cultura italiana, certo non di destra o di sinistra; ma non bastano mai. E ne chiede ancora, eternamente insoddisfatto, nonostante le prove quotidiane di intelligenza del Foglio, anche Claudio Cerasa. Su due punti mi stimola, uno condivisibile, l’altro assurdo. Partiamo dal secondo, che definisce i confini del patrimonio culturale, materiale, italiano. Le sue città, i suoi borghi, le sue case, i suoi paesaggi, i suoi palazzi,........

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