Parte della delegazione di Israele abbandona Doha dopo che il gruppo della Strsicia ha bocciato l'ultima proposta di accordo. Haniyeh va in Iran e fa bella mostra di un'intesa forte per dire allo stato ebraico: noi non siamo soli

Israele ha richiamato gran parte dei suoi negoziatori da Doha, dopo che Hamas ha rifiutato un’altra delle proposte su un accordo per il cessate il fuoco che comprendeva, secondo le notizie di Keshet 12, la liberazione degli ostaggi e la scarcerazione di ottocento palestinesi, tra cui cento condannati per omicidio. Israele aveva accettato, Hamas ha rifiutato e la sua risposta negativa all’accordo era stata preparata già prima della risoluzione dell’Onu di lunedì sul cessate il fuoco che è passata grazie all’astensione di Washington nonostante non contenesse una condanna di Hamas. Sono tanti i rifiuti del gruppo di terroristi e il risultato del voto presso le Nazioni Unite contribuisce a far sentire loro più forti e Israele più isolato. Le condizioni di Hamas sono: prima un cessate il fuoco, che sia permanente, poi la liberazione degli oltre cento prigionieri israeliani che tiene in ostaggio dal 7 ottobre, da sei mesi. Nessuna garanzia. Il gruppo è indebolito militarmente dentro alla Striscia, ma non per questo ha intenzione di fermarsi, lasciare Gaza o andare in esilio. La pressione internazionale su Israele rimane la più grande occasione di non alterare il suo potere nella Striscia. L’invasione di Rafah, dove rimangono quattro battaglioni che ricevono ancora le armi tramite il contrabbando molto attivo nel sud al confine con l’Egitto, è diventata una questione mediatica che ha portato Israele e Stati Uniti a discutere dell’opportunità di entrare in un territorio densamente popolato: Washington dice di no, ma crede ci siano alternative; Israele risponde che è l’unico modo per sconfiggere Hamas, ma si può fare con cautela. Poi, come ha detto una fonte dell’esercito israeliano al Foglio, quando il gruppo sarà disarmato, bisognerà fare in modo che la Striscia torni ai palestinesi: quando Gaza non sarà più Hamastan. Israele si oppone al ritorno dell’Autorità palestinese a Gaza perché è già debole a Ramallah, non controlla il suo territorio, e affidarle la politica della Striscia, la costruzione delle sue istituzioni vorrebbe dire partire con un piano pronto a collassare e a farsi infiltrare da altri gruppi come Hamas, se non lo stesso Hamas che sta cercando di sopravvivere politicamente.

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Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.

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L'anello di fuoco di Teheran è un progetto che conta su Hamas

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27.03.2024

Parte della delegazione di Israele abbandona Doha dopo che il gruppo della Strsicia ha bocciato l'ultima proposta di accordo. Haniyeh va in Iran e fa bella mostra di un'intesa forte per dire allo stato ebraico: noi non siamo soli

Israele ha richiamato gran parte dei suoi negoziatori da Doha, dopo che Hamas ha rifiutato un’altra delle proposte su un accordo per il cessate il fuoco che comprendeva, secondo le notizie di Keshet 12, la liberazione degli ostaggi e la scarcerazione di ottocento palestinesi, tra cui cento condannati per omicidio. Israele aveva accettato, Hamas ha rifiutato e la sua risposta negativa all’accordo era stata preparata già prima della risoluzione dell’Onu di lunedì sul cessate il fuoco che è passata grazie all’astensione di Washington........

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