"Day", il nuovo libro dell'autore che descrive, attraverso una coppia di quarantenni con figli, un’intera generazione di comodi, infelici, immaturi e mansueti adulti occidentali che vivono una "relazione platonica con la realtà"
Tre giorni a distanza di un anno, con in mezzo il dramma del Covid. Il 5 aprile del 2019, 2020 e 2021: tempo sufficiente perché in Day (traduzione di Carlo Prosperi, La nave di Teseo), Michael Cunningham dissezioni a una profondità che sembra ferirlo, non soltanto una coppia di quarantenni accompagnati da figli, fratelli e parenti, ma un’intera generazione di comodi, infelici, immaturi e mansueti adulti occidentali che vivono una “relazione platonica con la realtà”. Al centro i genitori, Isabel e Dan, che s’interrogano sul senso della loro esistenza. Il padre ha un passato di tossico e musicista rabbioso ma ora è un ligio uomo di casa: prepara il latte in polvere per Nathan, poi la più piccola Violet, perché la moglie possa dedicarsi alla carriera di photo editor. Dan “rompe l’uovo con eleganza e precisione”.
Alla vita nella brownstone newyorchese non mancherebbe nulla ma, di fronte all’addomesticamento di Dan, lo slancio che provava Isabel si è trasformato in gelida stima, forse in una blanda depressione.
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