(Questo post è stato scritto con Marielisa Serone D’Alò, componente Esecutivo nazionale Conferenza Donne Democratiche)

Ecco cosa intendiamo quando parliamo del femminicidio come della punta di un iceberg, che non solo ha radici profonde, ma tiene sotto il pelo dell'acqua una quantità enorme di fatti e accadimenti che insistono sulla vita delle donne, sulla loro sanità mentale e psicofisica: ogni giorno per un numero davvero esorbitante di donne si verificano fatti come quelli riportati dalla cronaca per cui un ragazzo a Chieti è stato assolto dall'accusa di stupro perché la persona che ha subito violenza non avrebbe chiesto aiuto. I piani sono due: da una parte l’accaduto, e i motivi di questa assoluzione - ossia che la ragazza non avrebbe chiesto aiuto, pur essendo nelle condizioni, secondo il giudice, di farlo. Dall’altra il modo di raccontare quanto avvenuto dalla stampa: vengono riportate le ore di durata del rapporto sessuale, si parla del fatto che si conoscessero non da molto tempo, e che dopo una cena "si erano ritrovati da soli in una delle due abitazioni. Dopo i primi sguardi di intesa, si erano ritrovati a consumare un rapporto sessuale”, fino a riportare il particolare della presenza di altri amici costretti ad alzare il volume della tv per non sentire ‘le urla delle effusioni dei due’ e la circostanza per cui uno degli ospiti sia entrato nella stanza per prendere delle chiavi: "Situazioni che sarebbero potute essere sfruttate dalla parte offesa per interrompere il rapporto sessuale sfociato, a suo dire, in una costrizione”.

A cosa serve questa sequela di particolari che non stentiamo a definire morbosi? La cronaca si deve ritenere intesa tutta intorno agli avvenimenti, alle scelte, che hanno portato alla assoluzione del ragazzo? Allo stupro?

In Italia non abbiamo una legge sul consenso. Solo da poco abbiamo appreso della scomparsa di Angela Bottari, prima relatrice della legge che aboliva il delitto d’onore nel 1981 e prima firmataria nel 1983 della legge “verso cui ancora oggi siamo in debito” - come scrive Viola Ardone su Repubblica, cioè la legge che solo nel 1996 riconosce la violenza sessuale come un reato contro la persona e non contro la morale. C’è stato bisogno di un iter molto lungo per arrivare a quella conquista, è impensabile considerare l’ipotesi che ci voglia ancora molto per adeguarsi a quei paesi che in Europa e nel mondo stanno legiferando sul consenso, per cui senza un esplicito sì, è stupro.

Le cose accadono alle persone e le persone non sono l'unica gigantesca massa informe con un'etichetta appiccicata addosso. La narrazione univoca delle violenze sessuali serve perfettamente la politica della colpevolizzazione della vittima. Se gli stupri vengono considerati tali solo quando “capitano" a donne innocenti secondo la mentalità comune, è chiaro che verrà depotenziata la responsabilità maschile. Se te la sei cercata (…) in fondo non è colpa dell’abuser. Questo sembra suggerire sia questa sentenza, sia il commento giornalistico al fatto di cronaca.

Questo non è più accettabile in un paese che si appresta per l’ennesimo anno a celebrare una Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne che deve poter dare speranza e generare cambiamento.

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(Questo post è stato scritto con Marielisa Serone D’Alò, componente Esecutivo nazionale Conferenza Donne Democratiche)

Ecco cosa intendiamo quando parliamo del femminicidio come della punta di un iceberg, che non solo ha radici profonde, ma tiene sotto il pelo dell'acqua una quantità enorme di fatti e accadimenti che insistono sulla vita delle donne, sulla loro sanità mentale e psicofisica: ogni giorno per un numero davvero esorbitante di donne si verificano fatti come quelli riportati dalla cronaca per cui un ragazzo a Chieti è stato assolto dall'accusa di stupro perché la persona che ha subito violenza non avrebbe chiesto aiuto. I piani sono due: da una parte l’accaduto, e i motivi di questa assoluzione - ossia che la ragazza non avrebbe chiesto aiuto, pur essendo nelle condizioni, secondo il giudice, di farlo. Dall’altra il modo di raccontare quanto avvenuto dalla stampa: vengono riportate le ore di durata del rapporto sessuale, si parla del fatto che si conoscessero non da molto tempo, e che dopo una cena "si erano ritrovati da soli in una delle due abitazioni. Dopo i primi sguardi di intesa, si erano ritrovati a consumare un rapporto sessuale”, fino a riportare il particolare della presenza di altri amici costretti ad alzare il volume della tv per non sentire ‘le urla delle effusioni dei due’ e la circostanza per cui uno degli ospiti sia entrato nella stanza per prendere delle chiavi: "Situazioni che sarebbero potute essere sfruttate dalla parte offesa per interrompere il rapporto sessuale sfociato, a suo dire, in una costrizione”.

A cosa serve questa sequela di particolari che non stentiamo a definire morbosi? La cronaca si deve ritenere intesa tutta intorno agli avvenimenti, alle scelte, che hanno portato alla assoluzione del ragazzo? Allo stupro?

In Italia non abbiamo una legge sul consenso. Solo da poco abbiamo appreso della scomparsa di Angela Bottari, prima relatrice della legge che aboliva il delitto d’onore nel 1981 e prima firmataria nel 1983 della legge “verso cui ancora oggi siamo in debito” - come scrive Viola Ardone su Repubblica, cioè la legge che solo nel 1996 riconosce la violenza sessuale come un reato contro la persona e non contro la morale. C’è stato bisogno di un iter molto lungo per arrivare a quella conquista, è impensabile considerare l’ipotesi che ci voglia ancora molto per adeguarsi a quei paesi che in Europa e nel mondo stanno legiferando sul consenso, per cui senza un esplicito sì, è stupro.

Le cose accadono alle persone e le persone non sono l'unica gigantesca massa informe con un'etichetta appiccicata addosso. La narrazione univoca delle violenze sessuali serve perfettamente la politica della colpevolizzazione della vittima. Se gli stupri vengono considerati tali solo quando “capitano" a donne innocenti secondo la mentalità comune, è chiaro che verrà depotenziata la responsabilità maschile. Se te la sei cercata (…) in fondo non è colpa dell’abuser. Questo sembra suggerire sia questa sentenza, sia il commento giornalistico al fatto di cronaca.

Questo non è più accettabile in un paese che si appresta per l’ennesimo anno a celebrare una Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne che deve poter dare speranza e generare cambiamento.

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Combattere la violenza sulle donne, anche con il linguaggio della cronaca

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17.11.2023

(Questo post è stato scritto con Marielisa Serone D’Alò, componente Esecutivo nazionale Conferenza Donne Democratiche)

Ecco cosa intendiamo quando parliamo del femminicidio come della punta di un iceberg, che non solo ha radici profonde, ma tiene sotto il pelo dell'acqua una quantità enorme di fatti e accadimenti che insistono sulla vita delle donne, sulla loro sanità mentale e psicofisica: ogni giorno per un numero davvero esorbitante di donne si verificano fatti come quelli riportati dalla cronaca per cui un ragazzo a Chieti è stato assolto dall'accusa di stupro perché la persona che ha subito violenza non avrebbe chiesto aiuto. I piani sono due: da una parte l’accaduto, e i motivi di questa assoluzione - ossia che la ragazza non avrebbe chiesto aiuto, pur essendo nelle condizioni, secondo il giudice, di farlo. Dall’altra il modo di raccontare quanto avvenuto dalla stampa: vengono riportate le ore di durata del rapporto sessuale, si parla del fatto che si conoscessero non da molto tempo, e che dopo una cena "si erano ritrovati da soli in una delle due abitazioni. Dopo i primi sguardi di intesa, si erano ritrovati a consumare un rapporto sessuale”, fino a riportare il particolare della presenza di altri amici costretti ad alzare il volume della tv per non sentire ‘le urla delle effusioni dei due’ e la circostanza per cui uno degli ospiti sia entrato nella stanza per prendere delle chiavi: "Situazioni che sarebbero potute essere sfruttate dalla parte offesa per interrompere il rapporto sessuale sfociato, a suo dire, in una costrizione”.

A cosa serve questa sequela di particolari che non stentiamo a definire morbosi? La cronaca........

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