La protesta degli agricoltori ci dice che qualcosa non va da Bruxelles a scendere, fin qui da noi. Così, in Ungheria, la ragazza italiana comparsa nell’aula del tribunale con le catene ai polsi e alle caviglie. Lo stantio embrasson-nous, accogliere chiunque, a braccia aperte, nell’Unione europea, nazioni lontane mille miglia dagli standard occidentali, non è stata proprio una grande ideona.

Ne avrei da dire per altri paesi che sono entrati e altri candidati a farlo. L’Ucraina, per esempio, uno dei paesi più corrotti, mafia dipendente, sponsorizzato a mettere le tende nel Vecchio Continente. È l’abborracciato caos dell’Europa che si lega ai problemi dell’Italia. Quale miglior occasione delle elezioni europee per discuterne e affrontarsi la premier e la leader dell’opposizione, Meloni vs Schlein?

Al Corriere, Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, grande aperturista, tutti dentro, dell’Unione, ha tra i suoi primi pensieri la Schlein. L’enigma Schlein. Il giochino della torre. Chi per primo la butta giù dal Nazareno. Asfissiata da consigli a non presentarsi alle elezioni europee. Non deve correre per Strasburgo se poi non intende andarci davvero. È Prodi che parla: "Io sostengo che presentarsi per attrarre voti senza poi ricoprire il ruolo rappresenta un distacco dalla volontà popolare e indebolisce la democrazia". La solita, stanca, litania dei principi pedagogici di sinistra per perdere nel miglior modo possibile. Salvo, poi, il giorno dopo le elezioni, suonare al campanello della segretaria Pd per dirle vattene da casa nostra. Giochetto insano e impuro. Il fatto che si candidi e poi non vada a Strasburgo non vìola chissà quale principio. La candidatura ha un valore straordinario di affermazione della sua leadership contrapposta alla premier Meloni. Fatico capire perché gli stessi elettori o iscritti Pd, stando ai sondaggi, non vogliono la loro segretaria candidata. Della serie cosa mi hai portato a fare sopra il Pd se non mi vuoi più bene?

Sarà una durissima battaglia elettorale sulle angherie di casa nostra. Che relazionano senza barriere con quello da fare in Europa. Nella Prima Repubblica i segretari dei grandi partiti si candidavano alle europee per poi, una volta eletti, lasciare gli scranni ai deputati che venivano dopo in lista. Che orrore. Che reato. Che attacco ai principi in quei tempi andati. La penso esattamente all’opposto.

Schlein ha trovato in queste settimane la chiave per dare forma e sostanza alla sua leadership. Fa di testa sua. Scansa. Con qualche avanti e indietro di troppo, per la verità. Deve limitare l’accondiscendenza, la disponibilità, l’accoglienza verso Conte (quanti ‘nostalgici’ del Conte premier ci stanno nel Pd!), il quale non perde occasione per randellare i democratici. Prodi l’ha detta giusta quando ha ricordato che il leader grillino deve ancora decidere dove stare. Nelle amministrazioni dove si vota i 5 Stelle, quando si tratta di fare coalizione con il Pd, adottano la tattica urticante ‘o si fa come diciamo noi o salta tutto’. Lo sa anche un giovane iscritto al primo anno di scienze politiche che l’apporto locale, comuni e regioni, dei 5 Stelle è a somma zero. E sarà così anche alle europee.

Conte non si presenta a cappeggiare le liste dei 5 Stelle perché non è aria. Quindi, Schlein, pancia a terra. Affermazione della leadership. Primato della politica. E del partito. Ancora in lentissima costruzione. Appesantito da zavorre di ogni tipo. Soprattutto nelle tante isole che lo circondano. Dove ora si è aperto anche il processo a Schlein di volere un partito che occulta, soffoca, mette da parte le sensibilità dei cattolici. Il caso veneto della consigliera regionale, vice segretaria provinciale del partito che ha votato contro il fine vita, rimanendo in aula quando l’era stato detto di uscire, è un tipico esempio di chi vuole perdere quelle poche occasioni che il Pd ha di fare strike. Invece c’è la gara a speronare Schlein. Ho letto addirittura qualcuno che ha evocato i principi costituzionali. Hasta la victoria siempre, sì, quella dell’assemblea permanente. Della discussione eterna. Di un tavolo prossimo venturo che s’ha da fare. Capo a. Un partito che non decide mai, dove sta dentro tutto e il suo contrario. Meglio con leadership anonime. Staccate. Morbide, tendenza sonno profondo.

In un servizio giornalistico tv, nella periferia romana, zone dove si fatica campare, ho ascoltato persone - di sinistra, oggi e, molte, lo erano in passato - sbeffeggiare il conclave 5 stelle del Pd a Gubbio. Si vede il leader del Pd lontano. Poco riconoscibile. Non alla mano. Quale miglior occasione, per la Schlein, le elezioni europee, per mettersi alla prova.

Nella mia testa che vaga nell’impossibile e nell’improbabile, quanto sarebbe bello avere, a sinistra, in particolare a sinistra, una persona come José Mujica, l’ex presidente dell’Uruguay. Che nella sua condotta di vita era simile a Berlinguer. O a quel Petroselli sindaco di Roma. Voltarsi indietro per andare avanti quando il pane era polenta, direbbero i contadini della campagna emiliana intrisa degli umori zavattiniani. Un leader che riesce a dare l’esempio. Spogliato da ogni interesse. Che coglie l’insieme dei problemi. In quella periferia romana si lamentavano del carovita, contro quelli che, dimenticando gli alti costi, impongono l’acquisto dell’auto elettrica, un tema europeo, attualissimo, legato ai ritmi non proprio uguali per tutti della transizione ecologica figlia dell’eterno quesito, chi paga?

Fermiamoci qui. E accontentiamoci. Ci siamo capiti il modello di leadership al quale la Schlein può tendere. Per sfidare la premier Meloni che in un qualche modo nasce al di fuori dall’aristocrazia sociale elitaria di molti che fanno politica. Cogliere gli umori (prima stazione). Interpretarli (seconda stazione). Risolvere quei problemi (terza stazione). La Meloni si è fermata alla prima stazione, dimenticando le sue origini. Direi che le altre due stazioni le può cogliere la Schlein. Senza paure da eventuale fine corsa. Indesiderato. E involuto.

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Schlein leader di popolo sfidi la premier accantonando Conte

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01.02.2024

La protesta degli agricoltori ci dice che qualcosa non va da Bruxelles a scendere, fin qui da noi. Così, in Ungheria, la ragazza italiana comparsa nell’aula del tribunale con le catene ai polsi e alle caviglie. Lo stantio embrasson-nous, accogliere chiunque, a braccia aperte, nell’Unione europea, nazioni lontane mille miglia dagli standard occidentali, non è stata proprio una grande ideona.

Ne avrei da dire per altri paesi che sono entrati e altri candidati a farlo. L’Ucraina, per esempio, uno dei paesi più corrotti, mafia dipendente, sponsorizzato a mettere le tende nel Vecchio Continente. È l’abborracciato caos dell’Europa che si lega ai problemi dell’Italia. Quale miglior occasione delle elezioni europee per discuterne e affrontarsi la premier e la leader dell’opposizione, Meloni vs Schlein?

Al Corriere, Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, grande aperturista, tutti dentro, dell’Unione, ha tra i suoi primi pensieri la Schlein. L’enigma Schlein. Il giochino della torre. Chi per primo la butta giù dal Nazareno. Asfissiata da consigli a non presentarsi alle elezioni europee. Non deve correre per Strasburgo se poi non intende andarci davvero. È Prodi che parla: "Io sostengo che presentarsi per attrarre voti senza poi ricoprire il ruolo rappresenta un distacco dalla volontà popolare e indebolisce la democrazia". La solita, stanca, litania dei principi pedagogici di sinistra per perdere nel miglior modo possibile. Salvo, poi, il giorno dopo le elezioni, suonare al campanello della segretaria Pd per dirle........

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