Un lettore mi scrive che alle prossime Europee non si recherà al voto. "…è l’Europa dei politici dilettanti allo sbaraglio. Sostengono l’Ucraina a parole. Non spediscono armi e non mandano eserciti. E poi gridano avanti tutta. Senza nessuno che si prenda la briga di iniziare a parlare con Putin. Per trovare una via di uscita. Berlusconi l’avrebbe fatto". Ne prenda nota il ministro degli Esteri, leader di Forza Italia, Antonio Tajani che qualche giorno fa ha detto: “Con Kiev, Mosca non deve vincere”. Dimentica, nel citare di continuo il Cavaliere statista in politica estera, come la pensava veramente il papà del centrodestra sulla guerra e su Volodymyr Zelensky. Lo ricordo al capo della Farnesina perché dopo qualche mese dall’inizio della guerra scrissi su HuffPost della necessità di un mediatore alla Berlusconi, che in quel periodo, purtroppo, era già pesantemente malato, ma a posteriori, vista la sua instancabile fibra umana, se un politico di peso italiano o europeo avesse fatto il suo nome si sarebbe messo all’opera fino allo stremo per pacificare le parti.

Il corredo odierno del conflitto russo-ucraino, dopo due anni di guerra, è infarcito di slogan ipocriti. “Nei numeri spietati l’ipocrisia d’Occidente” ha scritto Maurizio Belpietro. Slogan infidi a copertura degli errori compiuti. "La guerra in Ucraina non può finire con la resa a Putin", leggevo un proclama di un quotidiano. Dopo essersi scervellati a dire questa banalità è legittimo chiedersi per andare dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare? L’esercizio di queste sentenze definitive, a babbo morto, vuote, inconsistenti perché non sorrette dalla benché minima strategia, è il frutto da un lato della consapevolezza che è stato sbagliato molto, che è tutto da rifare, siamo in ballo, ormai la frittata è fatta continuiamo a ballare, chissà fino a quando. Dall’altro lato, uno stop improvviso, fotografando l’esistente, vorrebbe dire svelare gli errori di modo (di partecipare al conflitto a fianco dell’Ucraina) a galoppo sulla scia di Biden e degli Stati Uniti, una solidarietà pelosa che ci ha lasciato morti e macerie in Ucraina (160 miliardi al vento, 200 mila cadaveri, armi con il contagocce), uno Zelensky che non si capisce se la popolazione segue o no, di certo il caos nello Stato e nell’esercito sono pulsanti. Così nel resto del mondo, in particolare in Europa, un caos economico senza precedenti che a valanga ha acceso altre guerre e focolai, solo in apparenza sono micce sparse qua e là, perché basta calarsi tra le imprese, sul territorio italiano e gli effetti, ad esempio, delle piraterie nel Mar Rosso (che procurano danni solo all’Occidente) si sentono sulla produzione e quindi sull’occupazione per la quale si sta chiedendo, in molte aziende indigene, la cassa integrazione.

Mentre va così da noi l’economia russa della quale era atteso ogni sfracello possibile, addirittura qualche settimana dopo l’inizio della guerra, veleggia senza particolari urti, addirittura come spiega bene un articolo de la Verità, "Macché sanzioni, siamo in affari con Putin", attraverso le triangolazioni, sono aumentate le importazioni da Mosca, il grano duro un +1.164% e il petrolio. Preferiamo tacere il tam tam paranoico dei pacchetti di sanzioni comminate dall’Europa alla Russia, prodromiche di una catastrofe del sistema bancario, per mettere in ginocchio i russi, urlava un leader politico nell’aula del Parlamento italiano. Questo per ricordare a noi quante ne sono state dette, quante promesse fatte, che rendono un soufflé andato a male il grido del premier Meloni, "il G7 e l’Europa a fianco della resistenza ucraina", o quello figo di Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, "esiste solo un piano A, la vittoria dell’Ucraina". E quindi, viene da chiedersi, qual è l’ennesima promessa in campo, che con questo tran tran la guerra la vince Zelensky? Non servono i sondaggi – l’ultimo fatto in 12 Paesi Ue certifica che appena il 10% dei cittadini ritiene possibile una vittoria di Kiev -, basterebbe consultare i rapporti dei servizi segreti o i report degli analisti militari per capire come andrà finire. Di certo l’Ucraina non vince la guerra.

Così stando le cose varrebbe la pena mettere da parte gli slogan dei soldatini imitazione Braveheart e finalmente innestare un po’ di realpolitik che è stata completamente assente, preferendo il giochetto puerile e, quello sì, facilitatore di morti, io sto con Zelensky, io sto con Putin. E meglio sarebbe se questo esprit uscisse dalle bocche dei leader dell’Europa invece di star a lì a prepararsi a un futuro assetto di guerra. Non sarebbe una mossa campata in aria visto l’approssimarsi delle elezioni europee. O vogliamo riservare la genialata a Biden, quello che ha dato del ‘figlio di pu…a’ a Putin, giusta giusta prima delle elezioni americane di novembre, una bella mattina, decide ‘signori si chiude la claire della guerra russo ucraino’. Lo ricordo alla premier Meloni in prima linea per la causa Ucraina, qualcuno con Putin deve parlare perché da Putin passa la soluzione di quel conflitto. E non ci sarà da mettersi al tavolo con il muso ingrugnato alla "Io sono Giorgia", vince l’Ucraina o ciccia. Oppure ancora, o mandiamo armi all’Ucraina o vince la Russia, soprattutto perché di armi a Kiev ne stanno vedendo poche e tra l’altro come segnala il recente sondaggio di Demopolis il 53% degli italiani è contrario all’invio di risorse belliche (e 1 elettore su 2 è proprio di Fratelli d’Italia).

La morale è una sola. Finirla con i proclami, promesse illusorie, solidarietà resistenziali perniciose. Dopo due anni di guerra non si capisce la direzione, il senso, il senno. Il G7 non può essere la passerella got talent, deve essere il risolutore di problemi. Lo stesso l’Europa dal ruolo notarile e di passacarte. Forse un riscatto dei leader e delle nazioni europee dovrebbe venire prima delle prossime elezioni per dimostrare quel realismo pratico di cui sentiamo tanto la mancanza.

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Qualcuno con Putin dovrà parlare

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24.02.2024

Un lettore mi scrive che alle prossime Europee non si recherà al voto. "…è l’Europa dei politici dilettanti allo sbaraglio. Sostengono l’Ucraina a parole. Non spediscono armi e non mandano eserciti. E poi gridano avanti tutta. Senza nessuno che si prenda la briga di iniziare a parlare con Putin. Per trovare una via di uscita. Berlusconi l’avrebbe fatto". Ne prenda nota il ministro degli Esteri, leader di Forza Italia, Antonio Tajani che qualche giorno fa ha detto: “Con Kiev, Mosca non deve vincere”. Dimentica, nel citare di continuo il Cavaliere statista in politica estera, come la pensava veramente il papà del centrodestra sulla guerra e su Volodymyr Zelensky. Lo ricordo al capo della Farnesina perché dopo qualche mese dall’inizio della guerra scrissi su HuffPost della necessità di un mediatore alla Berlusconi, che in quel periodo, purtroppo, era già pesantemente malato, ma a posteriori, vista la sua instancabile fibra umana, se un politico di peso italiano o europeo avesse fatto il suo nome si sarebbe messo all’opera fino allo stremo per pacificare le parti.

Il corredo odierno del conflitto russo-ucraino, dopo due anni di guerra, è infarcito di slogan ipocriti. “Nei numeri spietati l’ipocrisia d’Occidente” ha scritto Maurizio Belpietro. Slogan infidi a copertura degli errori compiuti. "La guerra in Ucraina non può finire con la resa a Putin", leggevo un proclama di un quotidiano. Dopo essersi scervellati a dire questa banalità è legittimo chiedersi per andare dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare? L’esercizio di queste........

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