Quando non puoi, o non sai, affrontare i problemi alla radice, ti sbizzarrisci nell’elevare il particolare a emergenza inderogabile da gestirsi con misure speciali e drastiche. Se questo vale, e lo vediamo pressoché quotidianamente, in Italia è anche spesso un modo con cui regimi illiberali e bellicosi coprono le proprie nefandezze nazionali e internazionali, facendosi vedere impegnati a combattere i deboli per motivi di “sicurezza nazionale”. Quanto sta accadendo in questi giorni in Belucistan è un classico esempio. Il Belucistan è una regione che abbraccia il sud-est dell'Iran e il sud-ovest del Pakistan con a nord l’Afghanistan e a sud il golfo dell'Oman. Nelle zone dell'entroterra entrambe le regioni sono le più povere dei rispettivi paesi, tanto vaste quanto aride e scarsamente popolate, i beluci sono in perenne lotta contro la siccità in un contesto di endemica disoccupazione. I Beluci sono ufficialmente circa 10 milioni di persone, quasi sette milioni vivono in Pakistan, inclusa la provincia del Sindh, un paio in Iran, mentre comunità significative si trovano in Afghanistan e Oman e un gruppo sparuto in Turkmenistan. Sono prevalentemente musulmani sunniti, il che in Iran li rende una minoranza religiosa oltre che etnica.

Iran e Pakistan confinano per quasi 1.000 chilometri proprio in quelle zone, a causa delle dimensioni e della natura porosa della frontiera da lì passano attività di contrabbando, in particolare carburante e stupefacenti. Nella parte costiera, tanto l'Iran quanto il Pakistan da anni hanno costruito ingenti strutture portuali a Chah Bahar, dall’Iran verso l’India, e Gwadar dal Pakistan verso la Cina che hanno resto quelle zone strategiche per la logistica del traffico in entrate e uscita verso l'Oriente e molto ricche.

Le tensioni delle comunità con i regimi iraniano e pakistano esistono da molto tempo ma, salvo operazioni (spesso cosmetiche) di lotta al narcotraffico su entrambi i lati del confine, raramente avevano portato a bombardamenti come quelli di metà di gennaio. Teheran e Islamabad hanno affermato di aver colpito obiettivi “terroristici” all'interno delle rispettive province del paese confinante - magari informandosi preventivamente - ma là dove non esiste la possibilità di manifestazione del dissenso politico è facile cadere nella categoria del “terrorismo” oltre che verificare le notizie fornite dai governi.

Bombe fra Iran e Pakistan. In Belucistan una variante del virus Gaza (ma potrebbe non diffondersi)

di Giulia Belardelli

Gli attacchi aerei pakistani hanno ucciso nove persone, quelli iraniani due bambini; se in effetti si trattava di operazioni contro pericolosi gruppi estremisti si tratta di un fallimento. Molto più probabilmente che si sia trattato della enfatizzazione di operazioni solitamente portate avanti nel silenzioso tentativo di piegare la resistenza dei beluci ai soprusi e discriminazioni, specie in Iran, che da sempre quelle comunità subiscono o nel far vedere di esser in grado di colpire dall'alto. Non tutte le “resistenze” godono della stessa buona stampa o del sostegno di regimi autoritari.

Negli ultimi mesi ci sono stati attacchi in Iran da parte del gruppo militante separatista sunnita Jaish al-Adl (Esercito della Giustizia) inserito nella lista nera da Iran e Usa come organizzazione terroristica. Fondata una ventina di anni fa, Jaish al-Adl ha portato avanti colpi armati contro le forze di sicurezza iraniane e raramente contro obiettivi civili, la cattura nel 2010 e la successiva esecuzione del suo leader Abdolmalek Rigi la hanno significativamente indebolita.

Dall’altro lato del confine, più o meno dallo stesso periodo, le forze pakistane combattono contro un’insurrezione armata di gruppi separatisti beluci con l’uccisione di centinaia di persone in attacchi contro le forze di sicurezza, il personale governativo e i civili di etnia non belucia. I separatisti beluci e varie ong denunciano che la repressione militare contro l'insurrezione abbia comportato diffuse sparizioni forzate e uccisioni extragiudiziali. Dal 2014 i separatisti hanno preso di mira anche progetti associati al corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), un progetto da 58 miliardi di dollari che fa parte della Belt and Road Initiative (la cosiddetta "via della seta") di Pechino e gran parte del quale attraversa il Belucistan ricco di minerali.

I separatisti beluci non sono l’unico gruppo a utilizzare come base la sterminata provincia pakistana dove lo stato non riesce a essere presente. I governi occidentali hanno più volte accusato il Pakistan di consentire ai leader talebani di godere di un rifugio sicuro in quelle zone di confine mentre vi è stata anche attività di un ramo alleato del gruppo Stato islamico.

La provincia iraniana del Sistan-Belucistan ha vissuto una nuova instabilità per tutto il 2022 quando i suoi residenti si sono uniti alle proteste a livello nazionale scoppiate per la morte di Mahsa Amini sotto custodia di polizia. Sebbene le proteste abbiano avuto una loro scintilla – il presunto stupro di un’adolescente da parte di un comandante di polizia in custodia nella provincia – le sommosse sono state caratterizzate dalla stessa rabbia nazionale e le forze di sicurezza hanno represso brutalmente le manifestazioni.

La regione è da sempre vittima di discriminazioni economiche e politiche da parte della leadership sciita iraniana con un numero sproporzionato di beluci impiccati in particolare per accuse di narcotraffico. Secondo Nessuno Tocchi Caino nel 2021 almeno il 19% di tutte le esecuzioni in Iran sono avvenute contro beluci.

Anche i beluci del Pakistan lamentano di essere privati dei diritti civili e che il reddito derivante dalle ricche risorse naturali e dai commerci in entrata e uscita della provincia non viene adeguatamente speso per le esigenze locali. Il raid militare pakistano pare esser stato contro il Fronte di Liberazione del Balucistan (BLF), un gruppo che combatte per l'indipendenza per la provincia e che spesso prende di mira progetti di gas, infrastrutture e postazioni di sicurezza. Negli ultimi anni gli sono stati attribuiti colpi anche in altre parti del Pakistan facendo vittime tra gli operai cinesi che costruiscono le strutture della “via della seta” - la Cina ha numerosi progetti minerari e ha costruito un aeroporto internazionale oltre che, come si diceva, il porto di Gwadar.

Perché quindi andare a colpire quelle zone? In entrambe le province le azioni sovversive erano finora rimaste all'interno dei confini nazionali, se in passato c’era chi parla di un Grande Belucistan, il conflitto in Afghanistan e le situazioni nazionali in Iran e Pakistan hanno fatto sì che i progetti di federazione o con-federazione della varie comunità abbiano progressivamente lasciato il campo a operazioni militari volte più al controllo di porzioni di territorio che all'indipendenza, si tratta pure sempre di una delle vie di uscita dell’oppio afghano verso il resto del mondo. Visto che i talebani paiono esser riusciti a bloccare la coltivazione del papavero la endemica crisi economica si sta facendo sentire in modo particolare sia per baluci che le mafie colluse coi regimi di Iran e Pakistan con tutti i problemi di rapporti di forza che ciò comporta.

Se i gruppi beluci (sunniti) sono ritenuti terroristi da Teheran, i gruppi, da oggi ritenuti nuovamente terroristi dagli Usa, degli houthi (sciiti) sono dei combattenti anti-colonialisti e fieri sostenitori della causa del popolo palestinese (sunnita). Si potrebbe pensare quindi a un episodio della secolare guerra tra sunniti e sciiti se non fosse che prima di bombardare il Pakistan, l'Iran aveva bombardato in Kurdistan, dove ci sarebbe stata una base del servizio segreto israeliano del Mossad, e la Siria da dove sarebbero partiti gli ordini per l'attentato in Iran in occasione del ricordo del generale Suleimani. Israele non ha confermato mentre pare che la base dell'Isis fosse un edificio vuoto, quindi gli attacchi sarebbero stati più un affermazione di potenza che strascichi di conflitti permamenti.

I beluci, un po’ come i curdi, sono vittime da decenni dei regimi autoritari dove vivono e non di rado sono usati come capri-espiatori quando le tensioni internazionali non possono esser portate alle estreme conseguenze di aperti conflitti dove i regimi autoritari ne potrebbero uscire definitivamente sconfitti. C'è sempre una prima volta e visti i venti di guerra regionale di questi mesi tutto potrebbe essere. "Pulizie etniche" a parte, è certo che a oggi nessuno ha manifestato per la resistenza belucia o il diritto di “auto-determinazione” di quelle comunità a conferma che si diventa notiziabili a seconda della bandiera sui missili che colpiscono le popolazioni civili...

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Quando non puoi, o non sai, affrontare i problemi alla radice, ti sbizzarrisci nell’elevare il particolare a emergenza inderogabile da gestirsi con misure speciali e drastiche. Se questo vale, e lo vediamo pressoché quotidianamente, in Italia è anche spesso un modo con cui regimi illiberali e bellicosi coprono le proprie nefandezze nazionali e internazionali, facendosi vedere impegnati a combattere i deboli per motivi di “sicurezza nazionale”. Quanto sta accadendo in questi giorni in Belucistan è un classico esempio. Il Belucistan è una regione che abbraccia il sud-est dell'Iran e il sud-ovest del Pakistan con a nord l’Afghanistan e a sud il golfo dell'Oman. Nelle zone dell'entroterra entrambe le regioni sono le più povere dei rispettivi paesi, tanto vaste quanto aride e scarsamente popolate, i beluci sono in perenne lotta contro la siccità in un contesto di endemica disoccupazione. I Beluci sono ufficialmente circa 10 milioni di persone, quasi sette milioni vivono in Pakistan, inclusa la provincia del Sindh, un paio in Iran, mentre comunità significative si trovano in Afghanistan e Oman e un gruppo sparuto in Turkmenistan. Sono prevalentemente musulmani sunniti, il che in Iran li rende una minoranza religiosa oltre che etnica.

Iran e Pakistan confinano per quasi 1.000 chilometri proprio in quelle zone, a causa delle dimensioni e della natura porosa della frontiera da lì passano attività di contrabbando, in particolare carburante e stupefacenti. Nella parte costiera, tanto l'Iran quanto il Pakistan da anni hanno costruito ingenti strutture portuali a Chah Bahar, dall’Iran verso l’India, e Gwadar dal Pakistan verso la Cina che hanno resto quelle zone strategiche per la logistica del traffico in entrate e uscita verso l'Oriente e molto ricche.

Le tensioni delle comunità con i regimi iraniano e pakistano esistono da molto tempo ma, salvo operazioni (spesso cosmetiche) di lotta al narcotraffico su entrambi i lati del confine, raramente avevano portato a bombardamenti come quelli di metà di gennaio. Teheran e Islamabad hanno affermato di aver colpito obiettivi “terroristici” all'interno delle rispettive province del paese confinante - magari informandosi preventivamente - ma là dove non esiste la possibilità di manifestazione del dissenso politico è facile cadere nella categoria del “terrorismo” oltre che verificare le notizie fornite dai governi.

Gli attacchi aerei pakistani hanno ucciso nove persone, quelli iraniani due bambini; se in effetti si trattava di operazioni contro pericolosi gruppi estremisti si tratta di un fallimento. Molto più probabilmente che si sia trattato della enfatizzazione di operazioni solitamente portate avanti nel silenzioso tentativo di piegare la resistenza dei beluci ai soprusi e discriminazioni, specie in Iran, che da sempre quelle comunità subiscono o nel far vedere di esser in grado di colpire dall'alto. Non tutte le “resistenze” godono della stessa buona stampa o del sostegno di regimi autoritari.

Negli ultimi mesi ci sono stati attacchi in Iran da parte del gruppo militante separatista sunnita Jaish al-Adl (Esercito della Giustizia) inserito nella lista nera da Iran e Usa come organizzazione terroristica. Fondata una ventina di anni fa, Jaish al-Adl ha portato avanti colpi armati contro le forze di sicurezza iraniane e raramente contro obiettivi civili, la cattura nel 2010 e la successiva esecuzione del suo leader Abdolmalek Rigi la hanno significativamente indebolita.

Dall’altro lato del confine, più o meno dallo stesso periodo, le forze pakistane combattono contro un’insurrezione armata di gruppi separatisti beluci con l’uccisione di centinaia di persone in attacchi contro le forze di sicurezza, il personale governativo e i civili di etnia non belucia. I separatisti beluci e varie ong denunciano che la repressione militare contro l'insurrezione abbia comportato diffuse sparizioni forzate e uccisioni extragiudiziali. Dal 2014 i separatisti hanno preso di mira anche progetti associati al corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), un progetto da 58 miliardi di dollari che fa parte della Belt and Road Initiative (la cosiddetta "via della seta") di Pechino e gran parte del quale attraversa il Belucistan ricco di minerali.

I separatisti beluci non sono l’unico gruppo a utilizzare come base la sterminata provincia pakistana dove lo stato non riesce a essere presente. I governi occidentali hanno più volte accusato il Pakistan di consentire ai leader talebani di godere di un rifugio sicuro in quelle zone di confine mentre vi è stata anche attività di un ramo alleato del gruppo Stato islamico.

La provincia iraniana del Sistan-Belucistan ha vissuto una nuova instabilità per tutto il 2022 quando i suoi residenti si sono uniti alle proteste a livello nazionale scoppiate per la morte di Mahsa Amini sotto custodia di polizia. Sebbene le proteste abbiano avuto una loro scintilla – il presunto stupro di un’adolescente da parte di un comandante di polizia in custodia nella provincia – le sommosse sono state caratterizzate dalla stessa rabbia nazionale e le forze di sicurezza hanno represso brutalmente le manifestazioni.

La regione è da sempre vittima di discriminazioni economiche e politiche da parte della leadership sciita iraniana con un numero sproporzionato di beluci impiccati in particolare per accuse di narcotraffico. Secondo Nessuno Tocchi Caino nel 2021 almeno il 19% di tutte le esecuzioni in Iran sono avvenute contro beluci.

Anche i beluci del Pakistan lamentano di essere privati dei diritti civili e che il reddito derivante dalle ricche risorse naturali e dai commerci in entrata e uscita della provincia non viene adeguatamente speso per le esigenze locali. Il raid militare pakistano pare esser stato contro il Fronte di Liberazione del Balucistan (BLF), un gruppo che combatte per l'indipendenza per la provincia e che spesso prende di mira progetti di gas, infrastrutture e postazioni di sicurezza. Negli ultimi anni gli sono stati attribuiti colpi anche in altre parti del Pakistan facendo vittime tra gli operai cinesi che costruiscono le strutture della “via della seta” - la Cina ha numerosi progetti minerari e ha costruito un aeroporto internazionale oltre che, come si diceva, il porto di Gwadar.

Perché quindi andare a colpire quelle zone? In entrambe le province le azioni sovversive erano finora rimaste all'interno dei confini nazionali, se in passato c’era chi parla di un Grande Belucistan, il conflitto in Afghanistan e le situazioni nazionali in Iran e Pakistan hanno fatto sì che i progetti di federazione o con-federazione della varie comunità abbiano progressivamente lasciato il campo a operazioni militari volte più al controllo di porzioni di territorio che all'indipendenza, si tratta pure sempre di una delle vie di uscita dell’oppio afghano verso il resto del mondo. Visto che i talebani paiono esser riusciti a bloccare la coltivazione del papavero la endemica crisi economica si sta facendo sentire in modo particolare sia per baluci che le mafie colluse coi regimi di Iran e Pakistan con tutti i problemi di rapporti di forza che ciò comporta.

Se i gruppi beluci (sunniti) sono ritenuti terroristi da Teheran, i gruppi, da oggi ritenuti nuovamente terroristi dagli Usa, degli houthi (sciiti) sono dei combattenti anti-colonialisti e fieri sostenitori della causa del popolo palestinese (sunnita). Si potrebbe pensare quindi a un episodio della secolare guerra tra sunniti e sciiti se non fosse che prima di bombardare il Pakistan, l'Iran aveva bombardato in Kurdistan, dove ci sarebbe stata una base del servizio segreto israeliano del Mossad, e la Siria da dove sarebbero partiti gli ordini per l'attentato in Iran in occasione del ricordo del generale Suleimani. Israele non ha confermato mentre pare che la base dell'Isis fosse un edificio vuoto, quindi gli attacchi sarebbero stati più un affermazione di potenza che strascichi di conflitti permamenti.

I beluci, un po’ come i curdi, sono vittime da decenni dei regimi autoritari dove vivono e non di rado sono usati come capri-espiatori quando le tensioni internazionali non possono esser portate alle estreme conseguenze di aperti conflitti dove i regimi autoritari ne potrebbero uscire definitivamente sconfitti. C'è sempre una prima volta e visti i venti di guerra regionale di questi mesi tutto potrebbe essere. "Pulizie etniche" a parte, è certo che a oggi nessuno ha manifestato per la resistenza belucia o il diritto di “auto-determinazione” di quelle comunità a conferma che si diventa notiziabili a seconda della bandiera sui missili che colpiscono le popolazioni civili...

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Perché Iran e Pakistan bombardano i poveri beluci (e nessuno dice nulla)

9 8
19.01.2024

Quando non puoi, o non sai, affrontare i problemi alla radice, ti sbizzarrisci nell’elevare il particolare a emergenza inderogabile da gestirsi con misure speciali e drastiche. Se questo vale, e lo vediamo pressoché quotidianamente, in Italia è anche spesso un modo con cui regimi illiberali e bellicosi coprono le proprie nefandezze nazionali e internazionali, facendosi vedere impegnati a combattere i deboli per motivi di “sicurezza nazionale”. Quanto sta accadendo in questi giorni in Belucistan è un classico esempio. Il Belucistan è una regione che abbraccia il sud-est dell'Iran e il sud-ovest del Pakistan con a nord l’Afghanistan e a sud il golfo dell'Oman. Nelle zone dell'entroterra entrambe le regioni sono le più povere dei rispettivi paesi, tanto vaste quanto aride e scarsamente popolate, i beluci sono in perenne lotta contro la siccità in un contesto di endemica disoccupazione. I Beluci sono ufficialmente circa 10 milioni di persone, quasi sette milioni vivono in Pakistan, inclusa la provincia del Sindh, un paio in Iran, mentre comunità significative si trovano in Afghanistan e Oman e un gruppo sparuto in Turkmenistan. Sono prevalentemente musulmani sunniti, il che in Iran li rende una minoranza religiosa oltre che etnica.

Iran e Pakistan confinano per quasi 1.000 chilometri proprio in quelle zone, a causa delle dimensioni e della natura porosa della frontiera da lì passano attività di contrabbando, in particolare carburante e stupefacenti. Nella parte costiera, tanto l'Iran quanto il Pakistan da anni hanno costruito ingenti strutture portuali a Chah Bahar, dall’Iran verso l’India, e Gwadar dal Pakistan verso la Cina che hanno resto quelle zone strategiche per la logistica del traffico in entrate e uscita verso l'Oriente e molto ricche.

Le tensioni delle comunità con i regimi iraniano e pakistano esistono da molto tempo ma, salvo operazioni (spesso cosmetiche) di lotta al narcotraffico su entrambi i lati del confine, raramente avevano portato a bombardamenti come quelli di metà di gennaio. Teheran e Islamabad hanno affermato di aver colpito obiettivi “terroristici” all'interno delle rispettive province del paese confinante - magari informandosi preventivamente - ma là dove non esiste la possibilità di manifestazione del dissenso politico è facile cadere nella categoria del “terrorismo” oltre che verificare le notizie fornite dai governi.

Bombe fra Iran e Pakistan. In Belucistan una variante del virus Gaza (ma potrebbe non diffondersi)

di Giulia Belardelli

Gli attacchi aerei pakistani hanno ucciso nove persone, quelli iraniani due bambini; se in effetti si trattava di operazioni contro pericolosi gruppi estremisti si tratta di un fallimento. Molto più probabilmente che si sia trattato della enfatizzazione di operazioni solitamente portate avanti nel silenzioso tentativo di piegare la resistenza dei beluci ai soprusi e discriminazioni, specie in Iran, che da sempre quelle comunità subiscono o nel far vedere di esser in grado di colpire dall'alto. Non tutte le “resistenze” godono della stessa buona stampa o del sostegno di regimi autoritari.

Negli ultimi mesi ci sono stati attacchi in Iran da parte del gruppo militante separatista sunnita Jaish al-Adl (Esercito della Giustizia) inserito nella lista nera da Iran e Usa come organizzazione terroristica. Fondata una ventina di anni fa, Jaish al-Adl ha portato avanti colpi armati contro le forze di sicurezza iraniane e raramente contro obiettivi civili, la cattura nel 2010 e la successiva esecuzione del suo leader Abdolmalek Rigi la hanno significativamente indebolita.

Dall’altro lato del confine, più o meno dallo stesso periodo, le forze pakistane combattono contro un’insurrezione armata di gruppi separatisti beluci con l’uccisione di centinaia di persone in attacchi contro le forze di sicurezza, il personale governativo e i civili di etnia non belucia. I separatisti beluci e varie ong denunciano che la repressione militare contro l'insurrezione abbia comportato diffuse sparizioni forzate e uccisioni extragiudiziali. Dal 2014 i separatisti hanno preso di mira anche progetti associati al corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC), un progetto da 58 miliardi di dollari che fa parte della Belt and Road Initiative (la cosiddetta "via della seta") di Pechino e gran parte del quale attraversa il Belucistan ricco di minerali.

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