(a cura di Roberto Cefalo)

La Corte dei Conti, nell’ultima relazione semestrale sullo stato di avanzamento dei piani del PNRR, pubblicata lo scorso 6 novembre, ha evidenziato nuovamente alcuni punti di criticità rispetto all’attuazione concreta di molti progetti.

Se da un lato le attività che avevano alla base la scrittura dei progetti e la loro approvazione appaiono in linea, dall’altro si riscontrano ritardi nella loro concreta realizzazione. Così, dopo una prima fase basata sulla progettazione dei Piani, sicuramente di più agevole realizzazione, ora il percorso appare decisamente più complicato, perché si tratta di realizzare concretamente le opere programmate.

Ma quali sono i motivi di questo ritardo? In generale, certamente la sottovalutazione dal punto di vista degli investimenti della strategicità della pubblica amministrazione nella realizzazione del PNRR: poco più di 9 miliardi sui circa 190 complessivamente disponibili, frammentati in una serie di iniziative di corto respiro, e in buona parte tutte di natura infrastrutturale.

Non si è minimamente pensato, cioè, alla debolezza strutturale delle amministrazioni, sia centrali che locali, causate da decenni di mancato reclutamento, sia numerico che qualitativo, come del resto certificato dalla stessa Corte dei Conti, che ha aperto un focus in particolare sulla mancanza di professionalità nei settori della digitalizzazione e delle nuove tecnologie, la cui carenza sarebbe stimabile in circa 65.000 unità. Certo, i finanziamenti e l’approvazione del PNRR erano subordinati alla realizzazione di riforme di sistema, e non a operazioni basate sul rafforzamento degli organici, ma la situazione italiana era e rimane peculiare nel panorama europeo, e avrebbe dovuto essere affrontata adeguatamente. I numeri lo dimostrano: in Francia c’è un rapporto di 1 dipendente ogni 8,2 abitanti, nel Regno Unito 1 ogni 7,3, in Germania 1 ogni 8, in Italia 1 ogni 15. Anche dal punto di vista del livello del titolo di studio, la PA italiana nel suo complesso - al netto del settore scolastico - è indietro, con una percentuale di laureati che si attesta intorno al 40%, a differenza di Francia, Germania e Regno Unito, dove si viaggia su percentuali che superano il 50%.

Considerato che in questo ambito il PNRR si è limitato a prevedere unicamente forme di reclutamento a termine, in particolare per il progetto relativo all’amministrazione giudiziaria (tra l’altro in questi giorni l’Unione Europea ha autorizzato il nostro Paese a prorogare una parte di questi contratti perché gli obiettivi relativi all’eliminazione dell’arretrato nei settori del civile e del penale sono in forte ritardo), e che gran parte delle risorse del PNRR sono indirizzate a finanziamenti infrastrutturali di rete e di dotazioni informatiche, come i fatti ora dimostrano, si doveva intervenire con maggiore decisione sul potenziamento delle risorse umane e della formazione, utilizzando le altre risorse derivanti dal bilancio dello stato, dai PON e dai Fondi strutturali Europei. È mancata finora la necessaria sinergia per l’utilizzo compiuto e coerente di tutte le risorse a diverso titolo disponibili, una vera cabina di regia che comprendesse non solo le risorse del PNRR.

I dati quindi continuano a essere impietosi. Nel 2022 l’andamento complessivo degli organici delle funzioni centrali e locali, secondo i dati diramati dalla Ragioneria Generale dello Stato, è addirittura diminuito rispetto al 2021, a dispetto dei concorsi banditi, e per il 2023 l’andamento previsto rischia di andare nella medesima direzione.

Per non perdere le risorse del PNRR e utilizzarle appieno è necessario da subito cambiare registro e mettere in campo una nuova stagione di reclutamento del personale e delle professionalità necessarie. Per rendere il lavoro pubblico veramente attrattivo, è necessario superare le logiche del precariato, ridefinendo gli ordinamenti professionali del personale, rinnovando i contratti nazionali di lavoro scaduti, adeguando gli stipendi al costo della vita e al valore del lavoro, rafforzando la formazione e utilizzando tutte le potenzialità della digitalizzazione e della tecnologia. Queste ultime rappresentano un fattore di attrattività importante, in un mondo del lavoro che è cambiato e che è molto attento all'utilizzo delle nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

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(a cura di Roberto Cefalo)

La Corte dei Conti, nell’ultima relazione semestrale sullo stato di avanzamento dei piani del PNRR, pubblicata lo scorso 6 novembre, ha evidenziato nuovamente alcuni punti di criticità rispetto all’attuazione concreta di molti progetti.

Se da un lato le attività che avevano alla base la scrittura dei progetti e la loro approvazione appaiono in linea, dall’altro si riscontrano ritardi nella loro concreta realizzazione. Così, dopo una prima fase basata sulla progettazione dei Piani, sicuramente di più agevole realizzazione, ora il percorso appare decisamente più complicato, perché si tratta di realizzare concretamente le opere programmate.

Ma quali sono i motivi di questo ritardo? In generale, certamente la sottovalutazione dal punto di vista degli investimenti della strategicità della pubblica amministrazione nella realizzazione del PNRR: poco più di 9 miliardi sui circa 190 complessivamente disponibili, frammentati in una serie di iniziative di corto respiro, e in buona parte tutte di natura infrastrutturale.

Non si è minimamente pensato, cioè, alla debolezza strutturale delle amministrazioni, sia centrali che locali, causate da decenni di mancato reclutamento, sia numerico che qualitativo, come del resto certificato dalla stessa Corte dei Conti, che ha aperto un focus in particolare sulla mancanza di professionalità nei settori della digitalizzazione e delle nuove tecnologie, la cui carenza sarebbe stimabile in circa 65.000 unità. Certo, i finanziamenti e l’approvazione del PNRR erano subordinati alla realizzazione di riforme di sistema, e non a operazioni basate sul rafforzamento degli organici, ma la situazione italiana era e rimane peculiare nel panorama europeo, e avrebbe dovuto essere affrontata adeguatamente. I numeri lo dimostrano: in Francia c’è un rapporto di 1 dipendente ogni 8,2 abitanti, nel Regno Unito 1 ogni 7,3, in Germania 1 ogni 8, in Italia 1 ogni 15. Anche dal punto di vista del livello del titolo di studio, la PA italiana nel suo complesso - al netto del settore scolastico - è indietro, con una percentuale di laureati che si attesta intorno al 40%, a differenza di Francia, Germania e Regno Unito, dove si viaggia su percentuali che superano il 50%.

Considerato che in questo ambito il PNRR si è limitato a prevedere unicamente forme di reclutamento a termine, in particolare per il progetto relativo all’amministrazione giudiziaria (tra l’altro in questi giorni l’Unione Europea ha autorizzato il nostro Paese a prorogare una parte di questi contratti perché gli obiettivi relativi all’eliminazione dell’arretrato nei settori del civile e del penale sono in forte ritardo), e che gran parte delle risorse del PNRR sono indirizzate a finanziamenti infrastrutturali di rete e di dotazioni informatiche, come i fatti ora dimostrano, si doveva intervenire con maggiore decisione sul potenziamento delle risorse umane e della formazione, utilizzando le altre risorse derivanti dal bilancio dello stato, dai PON e dai Fondi strutturali Europei. È mancata finora la necessaria sinergia per l’utilizzo compiuto e coerente di tutte le risorse a diverso titolo disponibili, una vera cabina di regia che comprendesse non solo le risorse del PNRR.

I dati quindi continuano a essere impietosi. Nel 2022 l’andamento complessivo degli organici delle funzioni centrali e locali, secondo i dati diramati dalla Ragioneria Generale dello Stato, è addirittura diminuito rispetto al 2021, a dispetto dei concorsi banditi, e per il 2023 l’andamento previsto rischia di andare nella medesima direzione.

Per non perdere le risorse del PNRR e utilizzarle appieno è necessario da subito cambiare registro e mettere in campo una nuova stagione di reclutamento del personale e delle professionalità necessarie. Per rendere il lavoro pubblico veramente attrattivo, è necessario superare le logiche del precariato, ridefinendo gli ordinamenti professionali del personale, rinnovando i contratti nazionali di lavoro scaduti, adeguando gli stipendi al costo della vita e al valore del lavoro, rafforzando la formazione e utilizzando tutte le potenzialità della digitalizzazione e della tecnologia. Queste ultime rappresentano un fattore di attrattività importante, in un mondo del lavoro che è cambiato e che è molto attento all'utilizzo delle nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

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Ancora criticità sullo stato di avanzamento dei piani del PNRR

11 0
14.12.2023

(a cura di Roberto Cefalo)

La Corte dei Conti, nell’ultima relazione semestrale sullo stato di avanzamento dei piani del PNRR, pubblicata lo scorso 6 novembre, ha evidenziato nuovamente alcuni punti di criticità rispetto all’attuazione concreta di molti progetti.

Se da un lato le attività che avevano alla base la scrittura dei progetti e la loro approvazione appaiono in linea, dall’altro si riscontrano ritardi nella loro concreta realizzazione. Così, dopo una prima fase basata sulla progettazione dei Piani, sicuramente di più agevole realizzazione, ora il percorso appare decisamente più complicato, perché si tratta di realizzare concretamente le opere programmate.

Ma quali sono i motivi di questo ritardo? In generale, certamente la sottovalutazione dal punto di vista degli investimenti della strategicità della pubblica amministrazione nella realizzazione del PNRR: poco più di 9 miliardi sui circa 190 complessivamente disponibili, frammentati in una serie di iniziative di corto respiro, e in buona parte tutte di natura infrastrutturale.

Non si è minimamente pensato, cioè, alla debolezza strutturale delle amministrazioni, sia centrali che locali, causate da decenni di mancato reclutamento, sia numerico che qualitativo, come del resto certificato dalla stessa Corte dei Conti, che ha aperto un focus in particolare sulla mancanza di professionalità nei settori della digitalizzazione e delle nuove tecnologie, la cui carenza sarebbe stimabile in circa 65.000 unità. Certo, i finanziamenti e l’approvazione del PNRR erano subordinati alla realizzazione di riforme di sistema, e non a operazioni basate sul rafforzamento degli organici, ma la situazione italiana era e rimane peculiare nel panorama europeo, e avrebbe dovuto essere affrontata adeguatamente. I numeri lo dimostrano: in Francia c’è un rapporto di 1 dipendente ogni 8,2 abitanti, nel Regno Unito 1 ogni 7,3, in Germania 1 ogni 8, in Italia 1 ogni 15. Anche dal punto di vista del livello del titolo di studio, la PA italiana nel suo complesso - al netto del settore scolastico - è indietro, con una percentuale di laureati che si attesta intorno al 40%, a differenza di Francia, Germania e Regno Unito, dove si viaggia........

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