Continua il viaggio di “In casa con Claude”, spettacolo teatrale del regista Giuseppe Bucci che ha adattato l’opera “Being at home with Claude” di Renè Daniel Dubois. In scena un poliziotto (Fabrizio Apolloni) e un giovane ragazzo (Andrea Verticchio), uno che interroga l’altro per risolvere un omicidio. Se non mi ha convinto totalmente Fabrizio Apolloni sono stato invece felicemente sorpreso dal giovane Andrea Verticchio.

Mi ha ipnotizzato il suo corpo, le dita dei suoi piedi che non facevano che danzare al ritmo della tensione. Le lacrime sincere, gli scatti nervosi. Solo a tratti l’ho trovato un pochino forzato, ma Verticchio ha mostrato un’apprezzabile predisposizione al palco e al mostrarsi in modo autentico, caratteristiche che gli hanno consentito di tenere la scena e coinvolgere il pubblico in uno spettacolo che è stato un crescendo. Pian piano dalla brutalità, dall’erotismo, dal diniego, si sono aperti degli spiragli di sensibilità e dolcezza che hanno fornito chiavi di lettura inattese, mostrando le sfaccettature di un ragazzo dipendente dal sesso e che proprio dal sesso trae la sua sussistenza. Un abbraccio è sufficiente a far innamorare, ma non è abbastanza per distruggere le catene nelle quali si è invischiati, l’amore oltre la morte, la morte per non permettere che quel sentimento si deteriori, la violenza incontrollata come fuga dalla potenziale sofferenza. Questo e molto altro Giuseppe Bucci ha portato in scena con una pièce teatrale dotata di un’anima propria, impregnata dalle frustrazioni e dai patimenti propri del sentimento più complicato, quello in grado di renderci inermi o trasformarci in bestie assassine.

“Jennifer, il sogno” gira da quasi ventotto anni per i teatri italiani.

La pièce, tratta dal testo “Le cinque rose di Jennifer” di Annibale Ruccello -drammaturgo campano scomparso a soli trent’anni-, è interpretata da Antonello De Rosa (anche autore dell’adattamento e regista), Margherita Rago e Simona Avallone.

Lo spettacolo ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi nazionali, tra cui il prestigioso Premio Camilleri. L’adattamento di De Rosa, che mantiene molte parti in napoletano, è stato inoltre oggetto di svariate tesi di laurea. Al centro della scena c’è sempre Jennifer, travestito napoletano, che vive nel suo appartamento in attesa di una telefonata che non arriva. Di tanto in tanto alle sue spalle compare il sogno, quello che forse vorrebbe essere, una splendida ragazza (Silvia Avallone) che si muove come una ballerina (o una bambola?), emblema di femminilità e delicatezza. Sta lì Jennifer, tra una sigaretta e un cambio d’abito, tra chiacchiere e sproloqui, da sola o al telefono, ma mai con l’uomo del quale è innamorata. De Rosa è una Jennifer sola, invischiata in una attesa che ne risucchia anche l’ultimo barlume di speranza fino al sorprendente finale.

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Continua il viaggio di “In casa con Claude”, spettacolo teatrale del regista Giuseppe Bucci che ha adattato l’opera “Being at home with Claude” di Renè Daniel Dubois. In scena un poliziotto (Fabrizio Apolloni) e un giovane ragazzo (Andrea Verticchio), uno che interroga l’altro per risolvere un omicidio. Se non mi ha convinto totalmente Fabrizio Apolloni sono stato invece felicemente sorpreso dal giovane Andrea Verticchio.

Mi ha ipnotizzato il suo corpo, le dita dei suoi piedi che non facevano che danzare al ritmo della tensione. Le lacrime sincere, gli scatti nervosi. Solo a tratti l’ho trovato un pochino forzato, ma Verticchio ha mostrato un’apprezzabile predisposizione al palco e al mostrarsi in modo autentico, caratteristiche che gli hanno consentito di tenere la scena e coinvolgere il pubblico in uno spettacolo che è stato un crescendo. Pian piano dalla brutalità, dall’erotismo, dal diniego, si sono aperti degli spiragli di sensibilità e dolcezza che hanno fornito chiavi di lettura inattese, mostrando le sfaccettature di un ragazzo dipendente dal sesso e che proprio dal sesso trae la sua sussistenza. Un abbraccio è sufficiente a far innamorare, ma non è abbastanza per distruggere le catene nelle quali si è invischiati, l’amore oltre la morte, la morte per non permettere che quel sentimento si deteriori, la violenza incontrollata come fuga dalla potenziale sofferenza. Questo e molto altro Giuseppe Bucci ha portato in scena con una pièce teatrale dotata di un’anima propria, impregnata dalle frustrazioni e dai patimenti propri del sentimento più complicato, quello in grado di renderci inermi o trasformarci in bestie assassine.

“Jennifer, il sogno” gira da quasi ventotto anni per i teatri italiani.

La pièce, tratta dal testo “Le cinque rose di Jennifer” di Annibale Ruccello -drammaturgo campano scomparso a soli trent’anni-, è interpretata da Antonello De Rosa (anche autore dell’adattamento e regista), Margherita Rago e Simona Avallone.

Lo spettacolo ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi nazionali, tra cui il prestigioso Premio Camilleri. L’adattamento di De Rosa, che mantiene molte parti in napoletano, è stato inoltre oggetto di svariate tesi di laurea. Al centro della scena c’è sempre Jennifer, travestito napoletano, che vive nel suo appartamento in attesa di una telefonata che non arriva. Di tanto in tanto alle sue spalle compare il sogno, quello che forse vorrebbe essere, una splendida ragazza (Silvia Avallone) che si muove come una ballerina (o una bambola?), emblema di femminilità e delicatezza. Sta lì Jennifer, tra una sigaretta e un cambio d’abito, tra chiacchiere e sproloqui, da sola o al telefono, ma mai con l’uomo del quale è innamorata. De Rosa è una Jennifer sola, invischiata in una attesa che ne risucchia anche l’ultimo barlume di speranza fino al sorprendente finale.

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Il teatro dell'inclusione

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12.12.2023

Continua il viaggio di “In casa con Claude”, spettacolo teatrale del regista Giuseppe Bucci che ha adattato l’opera “Being at home with Claude” di Renè Daniel Dubois. In scena un poliziotto (Fabrizio Apolloni) e un giovane ragazzo (Andrea Verticchio), uno che interroga l’altro per risolvere un omicidio. Se non mi ha convinto totalmente Fabrizio Apolloni sono stato invece felicemente sorpreso dal giovane Andrea Verticchio.

Mi ha ipnotizzato il suo corpo, le dita dei suoi piedi che non facevano che danzare al ritmo della tensione. Le lacrime sincere, gli scatti nervosi. Solo a tratti l’ho trovato un pochino forzato, ma Verticchio ha mostrato un’apprezzabile predisposizione al palco e al mostrarsi in modo autentico, caratteristiche che gli hanno consentito di tenere la scena e coinvolgere il pubblico in uno spettacolo che è stato un crescendo. Pian piano dalla brutalità, dall’erotismo, dal diniego, si sono aperti degli spiragli di sensibilità e dolcezza che hanno fornito chiavi di lettura inattese, mostrando le sfaccettature di un ragazzo dipendente dal sesso e che proprio dal sesso trae la sua sussistenza. Un abbraccio è sufficiente a far innamorare, ma non è abbastanza per distruggere le catene nelle quali si è invischiati, l’amore oltre la morte, la morte per non permettere che quel sentimento si deteriori, la violenza incontrollata come fuga dalla potenziale sofferenza. Questo e molto altro Giuseppe Bucci ha portato in scena con una........

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