Una persona su tre ha problemi di salute psicologica, un dato impressionante ed in aumento, tre anni fa era una su quattro: lo rivela una studio uscito in questi giorni (Mind Health Report Axa 2024). Vuol dire una persona su tre, un dato che impressiona. E la percentuale sale tra i giovani 18-24 anni al 39%.

Dati confermati da un’altra indagine (Osservatorio Sanità e UniSalute): il 27% degli italiani soffre d’ansia e il 32% di tensione e nervosismo, percentuali che salgono, rispettivamente, al 34% e 40% tra i giovani under 30.

L’indagine Axa mostra l’importanza delle diverse forme di disagio psicologico, legate a diverse situazioni della vita, personali, relazionali e sociali, che definisce situazioni di “languishing”, in cui bambini, adolescenti, adulti e anziani non stanno più bene, languiscono anziché vivere e sono candidati a ritrovarsi nello “struggling”, cioè in situazioni di patologia. In Italia una persona su tre è nell’area del disagio psicologico, una su dieci nell’area della patologia secondo la studio. Siamo, per inciso, tra gli ultimi posti a livello internazionale: solo due italiani su dieci sono nell’area del pieno benessere psicologico, in cui la vita fiorisce (“flourishing” secondo la classificazione).

Se pensiamo che scienza ed epidemiologia ci dicono che il languire nel disagio, quello che la letteratura internazionale definisce psychological distress, costituisce uno dei principali fattori di rischio per le malattie mentali ma anche per quelle fisiche, come le cardiovascolari e metaboliche, possiamo immaginare il costo di questa condizione. Che ha ricadute anche sullo sviluppo, sulle relazioni, lo studio e il lavoro. Secondo l’indagine citata il 62% degli italiani pianifica di dedicare meno energie al lavoro e il 44% vuole lasciare l’attuale lavoro. Il minor coinvolgimento delle persone con disagio psicologico sul lavoro pesa per circa 3,5 punti del PIL.

Poiché i problemi si distribuiscono su una piramide, dove alla base ci sono le forme più diffuse di malessere e disagio prettamente psicologiche (legate alle situazioni di vita così come alle malattie fisiche) e al vertice le malattie mentali, la rete pubblica deve avere una organizzazione simile.

Nella base della piramide serve, lo dicono tutte le Agenzie internazionali, una rete in grado di fare prevenzione, promozione delle risorse psicocomportamentali, intercettazione precoce delle forme di disagio, che faccia perno su luoghi fondamentali come la scuola, la medicina di famiglia, i servizi di welfare degli enti locali, i luoghi di lavoro.

La carenza di questa rete sta creando un enorme problema: 5 milioni di persone che dichiarano di aver rinunciato ad un aiuto psicologico per mancanza di risorse economiche (Istituto Piepoli 2023), oltre una persona su quattro con problemi rinuncia a farsi aiutare per lo stesso motivo secondo l’Osservatorio Sanità e UniSalute.

Da qui l’importanza di attivare la consulenza psicologica nella scuola e di varare la figura dello psicologo di base: le leggi presenti in Parlamento rispondono ad una esigenza fondamentale se non vogliamo essere sommersi dai costi umani, sociali ed economici di questo scenario.

La pandemia ha cambiato i numeri ma anche la percezione del problema e ci ha fatto capire il ritardo con cui lo stiamo affrontando, con il rischio di insostenibilità dei costi dovuti a questi problemi se non si crea un argine prima che le situazioni si aggravino.

Nella pandemia le strategie di contenimento, dalle misure di protezione ai vaccini, sono state fondamentali perché non sarebbe stato possibile curare in modo adeguato tutti quelli che si sarebbero ammalati senza alcuna linea preventiva.

Oggi siamo di fronte a una psicopandemia se guardiamo i numeri ed è evidente che serve una strategia nuova, non basta aggiustare l’esistente ma creare strategie e servizi pensati per gli scenari attuali.

In questo la psicologia gioca un ruolo strategico imprescindibile, a condizione di usarla bene, valorizzando la sua vocazione preventiva, comunitaria e sociale, la vocazione a promuovere empowerment e fare rete, accanto all’ottica individuale, clinica e terapeutica pure indispensabile in tante situazioni.

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Una persona su tre ha problemi di salute psicologica, un dato impressionante ed in aumento, tre anni fa era una su quattro: lo rivela una studio uscito in questi giorni (Mind Health Report Axa 2024). Vuol dire una persona su tre, un dato che impressiona. E la percentuale sale tra i giovani 18-24 anni al 39%.

Dati confermati da un’altra indagine (Osservatorio Sanità e UniSalute): il 27% degli italiani soffre d’ansia e il 32% di tensione e nervosismo, percentuali che salgono, rispettivamente, al 34% e 40% tra i giovani under 30.

L’indagine Axa mostra l’importanza delle diverse forme di disagio psicologico, legate a diverse situazioni della vita, personali, relazionali e sociali, che definisce situazioni di “languishing”, in cui bambini, adolescenti, adulti e anziani non stanno più bene, languiscono anziché vivere e sono candidati a ritrovarsi nello “struggling”, cioè in situazioni di patologia. In Italia una persona su tre è nell’area del disagio psicologico, una su dieci nell’area della patologia secondo la studio. Siamo, per inciso, tra gli ultimi posti a livello internazionale: solo due italiani su dieci sono nell’area del pieno benessere psicologico, in cui la vita fiorisce (“flourishing” secondo la classificazione).

Se pensiamo che scienza ed epidemiologia ci dicono che il languire nel disagio, quello che la letteratura internazionale definisce psychological distress, costituisce uno dei principali fattori di rischio per le malattie mentali ma anche per quelle fisiche, come le cardiovascolari e metaboliche, possiamo immaginare il costo di questa condizione. Che ha ricadute anche sullo sviluppo, sulle relazioni, lo studio e il lavoro. Secondo l’indagine citata il 62% degli italiani pianifica di dedicare meno energie al lavoro e il 44% vuole lasciare l’attuale lavoro. Il minor coinvolgimento delle persone con disagio psicologico sul lavoro pesa per circa 3,5 punti del PIL.

Poiché i problemi si distribuiscono su una piramide, dove alla base ci sono le forme più diffuse di malessere e disagio prettamente psicologiche (legate alle situazioni di vita così come alle malattie fisiche) e al vertice le malattie mentali, la rete pubblica deve avere una organizzazione simile.

Nella base della piramide serve, lo dicono tutte le Agenzie internazionali, una rete in grado di fare prevenzione, promozione delle risorse psicocomportamentali, intercettazione precoce delle forme di disagio, che faccia perno su luoghi fondamentali come la scuola, la medicina di famiglia, i servizi di welfare degli enti locali, i luoghi di lavoro.

La carenza di questa rete sta creando un enorme problema: 5 milioni di persone che dichiarano di aver rinunciato ad un aiuto psicologico per mancanza di risorse economiche (Istituto Piepoli 2023), oltre una persona su quattro con problemi rinuncia a farsi aiutare per lo stesso motivo secondo l’Osservatorio Sanità e UniSalute.

Da qui l’importanza di attivare la consulenza psicologica nella scuola e di varare la figura dello psicologo di base: le leggi presenti in Parlamento rispondono ad una esigenza fondamentale se non vogliamo essere sommersi dai costi umani, sociali ed economici di questo scenario.

La pandemia ha cambiato i numeri ma anche la percezione del problema e ci ha fatto capire il ritardo con cui lo stiamo affrontando, con il rischio di insostenibilità dei costi dovuti a questi problemi se non si crea un argine prima che le situazioni si aggravino.

Nella pandemia le strategie di contenimento, dalle misure di protezione ai vaccini, sono state fondamentali perché non sarebbe stato possibile curare in modo adeguato tutti quelli che si sarebbero ammalati senza alcuna linea preventiva.

Oggi siamo di fronte a una psicopandemia se guardiamo i numeri ed è evidente che serve una strategia nuova, non basta aggiustare l’esistente ma creare strategie e servizi pensati per gli scenari attuali.

In questo la psicologia gioca un ruolo strategico imprescindibile, a condizione di usarla bene, valorizzando la sua vocazione preventiva, comunitaria e sociale, la vocazione a promuovere empowerment e fare rete, accanto all’ottica individuale, clinica e terapeutica pure indispensabile in tante situazioni.

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Siamo di fronte a una psicopandemia

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11.03.2024

Una persona su tre ha problemi di salute psicologica, un dato impressionante ed in aumento, tre anni fa era una su quattro: lo rivela una studio uscito in questi giorni (Mind Health Report Axa 2024). Vuol dire una persona su tre, un dato che impressiona. E la percentuale sale tra i giovani 18-24 anni al 39%.

Dati confermati da un’altra indagine (Osservatorio Sanità e UniSalute): il 27% degli italiani soffre d’ansia e il 32% di tensione e nervosismo, percentuali che salgono, rispettivamente, al 34% e 40% tra i giovani under 30.

L’indagine Axa mostra l’importanza delle diverse forme di disagio psicologico, legate a diverse situazioni della vita, personali, relazionali e sociali, che definisce situazioni di “languishing”, in cui bambini, adolescenti, adulti e anziani non stanno più bene, languiscono anziché vivere e sono candidati a ritrovarsi nello “struggling”, cioè in situazioni di patologia. In Italia una persona su tre è nell’area del disagio psicologico, una su dieci nell’area della patologia secondo la studio. Siamo, per inciso, tra gli ultimi posti a livello internazionale: solo due italiani su dieci sono nell’area del pieno benessere psicologico, in cui la vita fiorisce (“flourishing” secondo la classificazione).

Se pensiamo che scienza ed epidemiologia ci dicono che il languire nel disagio, quello che la letteratura internazionale definisce psychological distress, costituisce uno dei principali fattori di rischio per le malattie mentali ma anche per quelle fisiche, come le cardiovascolari e metaboliche, possiamo immaginare il costo di questa condizione. Che ha ricadute anche sullo sviluppo, sulle relazioni, lo studio e il lavoro. Secondo l’indagine citata il 62% degli italiani pianifica di dedicare meno energie al lavoro e il 44% vuole lasciare l’attuale lavoro. Il minor coinvolgimento delle persone con disagio psicologico sul lavoro pesa per circa 3,5 punti del PIL.

Poiché i problemi si distribuiscono su una piramide, dove alla base ci sono le forme più diffuse di malessere e disagio prettamente psicologiche (legate alle situazioni di vita così come alle malattie........

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