Si racconta che il cardinale Bellarmino si rifiutò di guardare nel cannocchiale che gli porgeva Galileo per non tramutare le sue asserzioni “soggettive” in una realtà “oggettiva” con la quale fare i conti. Quanti derubricano il disagio psicologico a una condizione di malessere generica e soggettiva, in fondo poco importante in relazione a situazioni oggettive come la salute, lo sviluppo, l’apprendimento, il lavoro e le relazioni, fanno lo stesso.

Perché preoccuparci delle condizioni psicologiche del singolo - si chiedono - se non c’è una malattia mentale da curare? Se non ci sono ricadute reali e misurabili sulla società, sul Paese, e se non c’è impatto sulle condizioni collettive ed economiche?

Di ricadute e di impatto, per la verità, ce ne sono eccome. Prendiamo i dati epidemiologici. I figli di un genitore con un disagio psicologico avranno molte più probabilità di sviluppare un disturbo: quasi tre volte rispetto a un coetaneo per l’ansia, tre volte e mezzo per la depressione, quasi cinque volte in più di avere problemi di alcolismo o consumo di stupefacenti, sei volte e mezzo di essere autore o vittima di violenza. Se sono un adulto con problemi psicologici avrò il 30% in più di probabilità di ammalarmi di timore, il 40% in più di diventare iperteso, il 50% in più di sviluppare una malattia cardiovascolare o diabete, il 60% in più di avere un’ulcera, l’80% in più una malattia respiratoria. Di converso se ho una malattia fisica è molto più facile che sviluppi disagio psicologico rispetto alla popolazione “non malata”: tra i malati di cancro i depressi sono il 40% in più della popolazione senza tumori, i diabetici il 30% in più, i cardiopatici il 25% in più.

E questi correlati problemi psichici abbassano le prospettive di miglioramento o addirittura di vita, oltre ad aumentare il peso della malattia nella vita quotidiana, le complicanze, abbassare la collaborazione alle cure e aumentare i costi. Un malato fisico con disagio psicologico costa più del doppio per il sistema sanitario, solo per la sua malattia, senza considerare i costi per gli aspetti psichici. Il peso di una psiche sofferente - non parliamo di malattie mentali - ha costi tali per l’impatto sulle diverse situazioni della vita che ogni euro speso per cure psicologiche produce in media tra i 4 e i 5 euro di risparmi. Se parliamo di bambini e adolescenti è bene sapere che il disagio produce conseguenze documentate, se non si interviene, nella vita futura. Il costo stimato (per difetto) del disagio dell’infanzia nella vita adulta è di 341 milioni di euro l’anno per milione di individui, ovvero per l’Italia di 5 miliardi l’anno. Se pensiamo quindi ai costi del disagio dei genitori sui figli e che il 70% dei problemi di salute tra i 15 e i 29 anni sono legati alla sfera psicologica ci dobbiamo chiedere una cosa fondamentale: cosa stiamo facendo? Come stiamo rispondendo? Diciamolo francamente: a molti il benessere psicologico può sembrare quasi un lusso, un obiettivo non prioritario.

A questo si aggiunga che la politica è abituata ad investire su cose che impattano sulle sensibilità diffuse e che hanno ritorni di immagine e consensi nel breve periodo. Ma la popolazione che attese ha? La psichiatria è chiamata a curare malattie mentali gravi, la medicina problemi oggettivi del corpo. E la psicologia? Ha ragione chi pensa che debba rimanere un fatto privato per chi vuole e se lo può pagare? Non solo: un genitore che va dal pediatra/medico di famiglia, oppure alla asl, per problemi sui o dei figli che risposta trova? Il malessere che si esprime a scuola, che gli insegnanti vedono, da chi viene intercettato e ascoltato? La persona che deve fare i conti con una condizione di cronicità che aiuto psicologico trova? E, al di là dell’ascolto, del sostegno o della cura, che strumenti stiamo dando per consentire alle persone di capire e agire meglio, per imparare ad aiutarsi? Nessuno. Aspettiamo che i ragazzi stiano peggio e arrivino ai pronto soccorso o ai letti d’ospedale, che finiscano per fare scelte sbagliate o per rinunciare a vivere.

Investire in una rete psicologica pubblica non vorrebbe dire risolvere tutto ma fornirebbe uno strumento necessario. Serve una politica che tenga conto delle indicazioni che le scienze psicologiche hanno maturato sul campo. E bisogna dismettere l’atteggiamento di chi continua a girarsi dall’altra parte, come il cardinale Bellarmino, per evitare che su miliardi di spese nel comparto sanità e nella salute mentale si debba investire solo qualche decina di milioni sulla psicologia: poi gli italiani paghino, se possono, o si arrangino.

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Si racconta che il cardinale Bellarmino si rifiutò di guardare nel cannocchiale che gli porgeva Galileo per non tramutare le sue asserzioni “soggettive” in una realtà “oggettiva” con la quale fare i conti. Quanti derubricano il disagio psicologico a una condizione di malessere generica e soggettiva, in fondo poco importante in relazione a situazioni oggettive come la salute, lo sviluppo, l’apprendimento, il lavoro e le relazioni, fanno lo stesso.

Perché preoccuparci delle condizioni psicologiche del singolo - si chiedono - se non c’è una malattia mentale da curare? Se non ci sono ricadute reali e misurabili sulla società, sul Paese, e se non c’è impatto sulle condizioni collettive ed economiche?

Di ricadute e di impatto, per la verità, ce ne sono eccome. Prendiamo i dati epidemiologici. I figli di un genitore con un disagio psicologico avranno molte più probabilità di sviluppare un disturbo: quasi tre volte rispetto a un coetaneo per l’ansia, tre volte e mezzo per la depressione, quasi cinque volte in più di avere problemi di alcolismo o consumo di stupefacenti, sei volte e mezzo di essere autore o vittima di violenza. Se sono un adulto con problemi psicologici avrò il 30% in più di probabilità di ammalarmi di timore, il 40% in più di diventare iperteso, il 50% in più di sviluppare una malattia cardiovascolare o diabete, il 60% in più di avere un’ulcera, l’80% in più una malattia respiratoria. Di converso se ho una malattia fisica è molto più facile che sviluppi disagio psicologico rispetto alla popolazione “non malata”: tra i malati di cancro i depressi sono il 40% in più della popolazione senza tumori, i diabetici il 30% in più, i cardiopatici il 25% in più.

E questi correlati problemi psichici abbassano le prospettive di miglioramento o addirittura di vita, oltre ad aumentare il peso della malattia nella vita quotidiana, le complicanze, abbassare la collaborazione alle cure e aumentare i costi. Un malato fisico con disagio psicologico costa più del doppio per il sistema sanitario, solo per la sua malattia, senza considerare i costi per gli aspetti psichici. Il peso di una psiche sofferente - non parliamo di malattie mentali - ha costi tali per l’impatto sulle diverse situazioni della vita che ogni euro speso per cure psicologiche produce in media tra i 4 e i 5 euro di risparmi. Se parliamo di bambini e adolescenti è bene sapere che il disagio produce conseguenze documentate, se non si interviene, nella vita futura. Il costo stimato (per difetto) del disagio dell’infanzia nella vita adulta è di 341 milioni di euro l’anno per milione di individui, ovvero per l’Italia di 5 miliardi l’anno. Se pensiamo quindi ai costi del disagio dei genitori sui figli e che il 70% dei problemi di salute tra i 15 e i 29 anni sono legati alla sfera psicologica ci dobbiamo chiedere una cosa fondamentale: cosa stiamo facendo? Come stiamo rispondendo? Diciamolo francamente: a molti il benessere psicologico può sembrare quasi un lusso, un obiettivo non prioritario.

A questo si aggiunga che la politica è abituata ad investire su cose che impattano sulle sensibilità diffuse e che hanno ritorni di immagine e consensi nel breve periodo. Ma la popolazione che attese ha? La psichiatria è chiamata a curare malattie mentali gravi, la medicina problemi oggettivi del corpo. E la psicologia? Ha ragione chi pensa che debba rimanere un fatto privato per chi vuole e se lo può pagare? Non solo: un genitore che va dal pediatra/medico di famiglia, oppure alla asl, per problemi sui o dei figli che risposta trova? Il malessere che si esprime a scuola, che gli insegnanti vedono, da chi viene intercettato e ascoltato? La persona che deve fare i conti con una condizione di cronicità che aiuto psicologico trova? E, al di là dell’ascolto, del sostegno o della cura, che strumenti stiamo dando per consentire alle persone di capire e agire meglio, per imparare ad aiutarsi? Nessuno. Aspettiamo che i ragazzi stiano peggio e arrivino ai pronto soccorso o ai letti d’ospedale, che finiscano per fare scelte sbagliate o per rinunciare a vivere.

Investire in una rete psicologica pubblica non vorrebbe dire risolvere tutto ma fornirebbe uno strumento necessario. Serve una politica che tenga conto delle indicazioni che le scienze psicologiche hanno maturato sul campo. E bisogna dismettere l’atteggiamento di chi continua a girarsi dall’altra parte, come il cardinale Bellarmino, per evitare che su miliardi di spese nel comparto sanità e nella salute mentale si debba investire solo qualche decina di milioni sulla psicologia: poi gli italiani paghino, se possono, o si arrangino.

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QOSHE - La sindrome di Bellarmino è la minaccia più grave al benessere psicologico in Italia - David Lazzari
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La sindrome di Bellarmino è la minaccia più grave al benessere psicologico in Italia

4 1
10.04.2024

Si racconta che il cardinale Bellarmino si rifiutò di guardare nel cannocchiale che gli porgeva Galileo per non tramutare le sue asserzioni “soggettive” in una realtà “oggettiva” con la quale fare i conti. Quanti derubricano il disagio psicologico a una condizione di malessere generica e soggettiva, in fondo poco importante in relazione a situazioni oggettive come la salute, lo sviluppo, l’apprendimento, il lavoro e le relazioni, fanno lo stesso.

Perché preoccuparci delle condizioni psicologiche del singolo - si chiedono - se non c’è una malattia mentale da curare? Se non ci sono ricadute reali e misurabili sulla società, sul Paese, e se non c’è impatto sulle condizioni collettive ed economiche?

Di ricadute e di impatto, per la verità, ce ne sono eccome. Prendiamo i dati epidemiologici. I figli di un genitore con un disagio psicologico avranno molte più probabilità di sviluppare un disturbo: quasi tre volte rispetto a un coetaneo per l’ansia, tre volte e mezzo per la depressione, quasi cinque volte in più di avere problemi di alcolismo o consumo di stupefacenti, sei volte e mezzo di essere autore o vittima di violenza. Se sono un adulto con problemi psicologici avrò il 30% in più di probabilità di ammalarmi di timore, il 40% in più di diventare iperteso, il 50% in più di sviluppare una malattia cardiovascolare o diabete, il 60% in più di avere un’ulcera, l’80% in più una malattia respiratoria. Di converso se ho una malattia fisica è molto più facile che sviluppi disagio psicologico rispetto alla popolazione “non malata”: tra i malati di cancro i depressi sono il 40% in più della popolazione senza tumori, i diabetici il 30% in più, i cardiopatici il 25% in più.

E questi correlati problemi psichici abbassano le prospettive di miglioramento o addirittura di vita, oltre ad aumentare il peso della malattia nella vita quotidiana, le complicanze, abbassare la collaborazione alle cure e aumentare i costi. Un malato fisico con disagio psicologico costa più del doppio per il sistema sanitario, solo per la sua malattia, senza considerare i costi per gli aspetti psichici. Il peso di una psiche sofferente - non parliamo di malattie mentali - ha costi tali per l’impatto sulle diverse situazioni della vita che ogni euro speso per cure psicologiche produce in media tra i 4 e i 5 euro di risparmi. Se parliamo di bambini e adolescenti è bene sapere che il........

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