L’anno si è chiuso con l’emozione e la rivolta per la morte di Giulia Cecchettin, vittima 106 di una conta di femminicidi che in extremis, prima dei botti di Capodanno, è arrivata a 108.

In piazza, nelle istituzioni, sulle pagine di carta e virtuali di vecchi e nuovi media, sono risuonate la rivolta delle donne, le promesse degli uomini, gli impegni di chi vive di politica e ci governa. In basso e in alto.

Ora è cominciato il 2024 e, drammaticamente, la conta riparte. Con meno evidenza, con meno rabbia, con meno impegni. Non starò qui a narrare le storie delle prime donne che in questo gennaio hanno smesso di vivere perché chi voleva possederle, senza amarle davvero, le ha uccise. Valga per loro la morte di Ester Palmieri, la trentottenne trentina, madre di tre bambini, vittima di femminicidio-suicidio per mano del suo compagno. Qualche articolo, qualche intervista a chi la definisce “madre eroica”, qualche approfondimento sui suoi familiari che la mettevano in guardia dal pericolo Igor, e poi nulla più.

Anche la campagna che doveva far conoscere a tutte e tutti il numero antiviolenza – 1522 – partita i primi di dicembre su qualche bus e qualche manifesto in poche città, si è persa sotto le luminarie natalizie e ora i saldi di fine stagione.

Forse perché la percentuale dei professionisti che rappresento – assistenti sociali – è ben oltre il 96% femminile; forse perché nei nostri uffici arrivano donne di ogni età con vissuti di violenza; forse perché sappiamo che un femminicidio porta con sé problemi di salute pubblica con le conseguenze sui figli orfani, la famiglia delle vittime, le comunità… Forse per tutto questo e per molto di più, vorrei richiamarci tutti a quell’impeto del 25 novembre 2023 e a quel “mai più” che annega nel quotidiano fino alla prossima Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.

E allora la mia domanda va a chi vive di politica, a chi ci governa, in basso e in alto.

Dopo tante parole, come si sa, niente è cambiato. Dunque, chiedo umilmente, c’è qualcuna, qualcuno amica/o davvero delle donne?

Se sì, mi aspetto che i sindaci delle città riaprano consultori chiusi – in Italia ce ne sono 1200 sui 2900 previsti – che dentro i consultori, centri multidisciplinari per il benessere e l’autodeterminazione delle donne, ci siano i professionisti necessari – manca il 70% del personale -; che la presidenza del Consiglio lanci una campagna informativa e di sensibilizzazione che invada almeno i media nazionali; che i presidenti di Regione s’impegnino perché anche nel più piccolo paesino – Valfloriana, dove è stata uccisa Ester non raggiunge i 500 abitanti – arrivino i fondi necessari per i servizi; che l’ attuale opposizione riprenda in mano le battaglie sociali che hanno caratterizzato i quindici anni che vanno dal 1969 al 1982 quando i progenitori dei partiti di oggi - ognuno si cerchi il suo – hanno cambiato l’Italia.

Tutela delle lavoratrici madri (1971), riforma del diritto di famiglia e consultori (1975), parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro (1977), istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (1978), abrogazione delle rilevanza penale del delitto d’onore…

Altri tempi, altre spinte, un’Italia ancora indietro su cose che oggi diamo per scontate, ma che scontate non sono.

Partendo dal dilemma politico che appassiona i media – ma Meloni e Schlein saranno capolista alle europee? – cambio la domanda: Ma Meloni e Schlein sono amiche delle donne e quindi, sono amiche del futuro della nostra società?

E se sì, che fanno?

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L’anno si è chiuso con l’emozione e la rivolta per la morte di Giulia Cecchettin, vittima 106 di una conta di femminicidi che in extremis, prima dei botti di Capodanno, è arrivata a 108.

In piazza, nelle istituzioni, sulle pagine di carta e virtuali di vecchi e nuovi media, sono risuonate la rivolta delle donne, le promesse degli uomini, gli impegni di chi vive di politica e ci governa. In basso e in alto.

Ora è cominciato il 2024 e, drammaticamente, la conta riparte. Con meno evidenza, con meno rabbia, con meno impegni. Non starò qui a narrare le storie delle prime donne che in questo gennaio hanno smesso di vivere perché chi voleva possederle, senza amarle davvero, le ha uccise. Valga per loro la morte di Ester Palmieri, la trentottenne trentina, madre di tre bambini, vittima di femminicidio-suicidio per mano del suo compagno. Qualche articolo, qualche intervista a chi la definisce “madre eroica”, qualche approfondimento sui suoi familiari che la mettevano in guardia dal pericolo Igor, e poi nulla più.

Anche la campagna che doveva far conoscere a tutte e tutti il numero antiviolenza – 1522 – partita i primi di dicembre su qualche bus e qualche manifesto in poche città, si è persa sotto le luminarie natalizie e ora i saldi di fine stagione.

Forse perché la percentuale dei professionisti che rappresento – assistenti sociali – è ben oltre il 96% femminile; forse perché nei nostri uffici arrivano donne di ogni età con vissuti di violenza; forse perché sappiamo che un femminicidio porta con sé problemi di salute pubblica con le conseguenze sui figli orfani, la famiglia delle vittime, le comunità… Forse per tutto questo e per molto di più, vorrei richiamarci tutti a quell’impeto del 25 novembre 2023 e a quel “mai più” che annega nel quotidiano fino alla prossima Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.

E allora la mia domanda va a chi vive di politica, a chi ci governa, in basso e in alto.

Dopo tante parole, come si sa, niente è cambiato. Dunque, chiedo umilmente, c’è qualcuna, qualcuno amica/o davvero delle donne?

Se sì, mi aspetto che i sindaci delle città riaprano consultori chiusi – in Italia ce ne sono 1200 sui 2900 previsti – che dentro i consultori, centri multidisciplinari per il benessere e l’autodeterminazione delle donne, ci siano i professionisti necessari – manca il 70% del personale -; che la presidenza del Consiglio lanci una campagna informativa e di sensibilizzazione che invada almeno i media nazionali; che i presidenti di Regione s’impegnino perché anche nel più piccolo paesino – Valfloriana, dove è stata uccisa Ester non raggiunge i 500 abitanti – arrivino i fondi necessari per i servizi; che l’ attuale opposizione riprenda in mano le battaglie sociali che hanno caratterizzato i quindici anni che vanno dal 1969 al 1982 quando i progenitori dei partiti di oggi - ognuno si cerchi il suo – hanno cambiato l’Italia.

Tutela delle lavoratrici madri (1971), riforma del diritto di famiglia e consultori (1975), parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro (1977), istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (1978), abrogazione delle rilevanza penale del delitto d’onore…

Altri tempi, altre spinte, un’Italia ancora indietro su cose che oggi diamo per scontate, ma che scontate non sono.

Partendo dal dilemma politico che appassiona i media – ma Meloni e Schlein saranno capolista alle europee? – cambio la domanda: Ma Meloni e Schlein sono amiche delle donne e quindi, sono amiche del futuro della nostra società?

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Ma Meloni e Schlein sono amiche delle donne?


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15.01.2024

L’anno si è chiuso con l’emozione e la rivolta per la morte di Giulia Cecchettin, vittima 106 di una conta di femminicidi che in extremis, prima dei botti di Capodanno, è arrivata a 108.

In piazza, nelle istituzioni, sulle pagine di carta e virtuali di vecchi e nuovi media, sono risuonate la rivolta delle donne, le promesse degli uomini, gli impegni di chi vive di politica e ci governa. In basso e in alto.

Ora è cominciato il 2024 e, drammaticamente, la conta riparte. Con meno evidenza, con meno rabbia, con meno impegni. Non starò qui a narrare le storie delle prime donne che in questo gennaio hanno smesso di vivere perché chi voleva possederle, senza amarle davvero, le ha uccise. Valga per loro la morte di Ester Palmieri, la trentottenne trentina, madre di tre bambini, vittima di femminicidio-suicidio per mano del suo compagno. Qualche articolo, qualche intervista a chi la definisce “madre eroica”, qualche approfondimento sui suoi familiari che la mettevano in guardia dal pericolo Igor, e poi nulla più.

Anche la campagna che doveva far conoscere a tutte e tutti il numero antiviolenza – 1522 – partita i primi di dicembre su qualche bus e qualche manifesto in poche città, si è persa sotto le luminarie natalizie e ora i saldi di fine stagione.

Forse perché la percentuale dei professionisti che rappresento – assistenti sociali – è ben oltre il 96% femminile; forse perché nei nostri uffici arrivano donne di ogni età con vissuti di violenza; forse perché sappiamo che un femminicidio porta con sé problemi di salute pubblica con le conseguenze sui figli orfani, la famiglia delle vittime, le comunità… Forse per tutto questo e per molto di più, vorrei richiamarci tutti a quell’impeto del 25 novembre 2023 e a quel “mai più” che annega nel quotidiano fino alla prossima Giornata Internazionale........

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