La manifestazione delle cinquecentomila – ma, in verità, c’erano anche tanti uomini e ragazzi – ha attraversato Roma, mentre in ogni parte d’Italia ci si impegnava per accendere un faro sulla violenza contro le donne. Anche chi non ha partecipato alle mobilitazioni, ha simbolicamente e fortemente aderito alla giornata con dichiarazioni o illuminando di rosso Palazzo Chigi. Dunque un bel pezzo di questo Paese, compreso chi ha responsabilità e potere di governo, almeno a gesti e parole, ritiene che non ci si possa fermare nel contrasto a violenze, maltrattamenti, femminicidi e che anzi sia il momento di fare di più per prevenire, proteggere aiutare.

Come Ordine degli assistenti sociali, per la prima volta, abbiamo chiamato ogni professionista in piazza o dovunque si proponessero iniziative nella giornata del 25 novembre. Una giornata che abbiamo sempre onorato come singole e singoli, ma questa volta abbiamo voluto che ci si vedesse di più, che fosse lampante che la professione che facciamo non può che essere lì dove si ripudia la violenza, lì dove si costruiscono le barriere ai maltrattamenti, lì dove si prevengono esiti mortali per donne di ogni età.

Ora sono passati dieci giorni, domani a Padova, i funerali di Giulia Cecchettin, un altro momento di dolore e di attenzione. E poi?

Mentre si vedono passare autobus che espongono la pubblicità del 1522, il numero antiviolenza – qualche Regione sta pagando per questa ottima iniziativa, ma auspicheremmo una campagna nazionale e grandi manifesti dovunque - leggiamo anche che non ci sono più i fondi del PNRR per i centri antiviolenza alle donne da realizzare sui beni confiscati. Si tratterebbe di 80 progetti, per lo più al Sud, in aree dove la criminalità organizzata possiede strutture significative che potrebbero essere adibiti a luoghi di prevenzione e accoglienza. Cosa succede, perché a tre mesi dal definanziamento dello scorso agosto - e le rassicurazioni di allora del ministro Fitto sul reperimento dei fondi in altro modo - ai comuni, bloccati, non è arrivato alcun documento ufficiale?

Un interrogativo che rivolgiamo a chi può rispondere e che, a gesti e parole, ha già mostrato da che parte sta. Ma proprio perché non pensiamo che la battaglia contro la violenza alle donne possa essere vinta in un solo giorno e soltanto con le manifestazioni di piazza, vogliamo sottolineare un tema che stiamo ponendo all’attenzione dei decisori.

Nello scorso maggio abbiamo realizzato una ricerca sui consultori in Italia, un luogo istituito con una legge che sta per compiere i 50 anni, fortemente voluto dalle donne in una stagione di grande protagonismo femminile.

Il consultorio è il luogo più vicino alle persone dove si dovrebbero incontrare, liberamente e senza alcuna prescrizione, assistenti sanitari, assistenti sociali, educatori, medici, infermieri… È il luogo dove fin dalla prima infanzia, si dovrebbe poter trovare aiuto ed educazione alla salute, prevenzione alla violenza, tutela sociale della maternità e dell'interruzione volontaria della gravidanza…

Ebbene, nel nostro Paese mancano il 43% dei consultori previsti per legge, e nei consultori mancano il 75% degli assistenti sociali.

La domanda è: quando ci si impegna, quando ci si indigna, quando si dichiara, quando si promette, ci si domanda anche come fare davvero per cambiare le cose?

Noi non possiamo fare molto di più, se non continuare a lavorare dove ci siamo e con gli strumenti che ci vengono forniti. Non possiamo fare altro che denunciare quel che manca e proporre quello che servirebbe. Non possiamo che continuare a chiedere la riforma della professione e una maggiore e più capillare formazione perché ci siano sempre più e sempre migliori assistenti social al servizio di chi ne ha bisogno.

Abbiamo anche scritto una lettera aperta alla presidente del Consiglio, ai ministri competenti e ai gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione chiedendo l’istituzione di elenchi speciali dove, nel nostro Albo, trovare il professionista specializzato. Un intervento che potrebbe andare nella legge di Bilancio e che non costa neanche un centesimo. Che non ha bisogno delle risorse del PNRR, ma dell’attenzione della politica. Quella che le donne, le persone, chiedono ogni giorno e non soltanto quando si accendono le luci.

Segui i temi Commenta con i lettori I commenti dei lettori

Suggerisci una correzione

La manifestazione delle cinquecentomila – ma, in verità, c’erano anche tanti uomini e ragazzi – ha attraversato Roma, mentre in ogni parte d’Italia ci si impegnava per accendere un faro sulla violenza contro le donne. Anche chi non ha partecipato alle mobilitazioni, ha simbolicamente e fortemente aderito alla giornata con dichiarazioni o illuminando di rosso Palazzo Chigi. Dunque un bel pezzo di questo Paese, compreso chi ha responsabilità e potere di governo, almeno a gesti e parole, ritiene che non ci si possa fermare nel contrasto a violenze, maltrattamenti, femminicidi e che anzi sia il momento di fare di più per prevenire, proteggere aiutare.

Come Ordine degli assistenti sociali, per la prima volta, abbiamo chiamato ogni professionista in piazza o dovunque si proponessero iniziative nella giornata del 25 novembre. Una giornata che abbiamo sempre onorato come singole e singoli, ma questa volta abbiamo voluto che ci si vedesse di più, che fosse lampante che la professione che facciamo non può che essere lì dove si ripudia la violenza, lì dove si costruiscono le barriere ai maltrattamenti, lì dove si prevengono esiti mortali per donne di ogni età.

Ora sono passati dieci giorni, domani a Padova, i funerali di Giulia Cecchettin, un altro momento di dolore e di attenzione. E poi?

Mentre si vedono passare autobus che espongono la pubblicità del 1522, il numero antiviolenza – qualche Regione sta pagando per questa ottima iniziativa, ma auspicheremmo una campagna nazionale e grandi manifesti dovunque - leggiamo anche che non ci sono più i fondi del PNRR per i centri antiviolenza alle donne da realizzare sui beni confiscati. Si tratterebbe di 80 progetti, per lo più al Sud, in aree dove la criminalità organizzata possiede strutture significative che potrebbero essere adibiti a luoghi di prevenzione e accoglienza. Cosa succede, perché a tre mesi dal definanziamento dello scorso agosto - e le rassicurazioni di allora del ministro Fitto sul reperimento dei fondi in altro modo - ai comuni, bloccati, non è arrivato alcun documento ufficiale?

Un interrogativo che rivolgiamo a chi può rispondere e che, a gesti e parole, ha già mostrato da che parte sta. Ma proprio perché non pensiamo che la battaglia contro la violenza alle donne possa essere vinta in un solo giorno e soltanto con le manifestazioni di piazza, vogliamo sottolineare un tema che stiamo ponendo all’attenzione dei decisori.

Nello scorso maggio abbiamo realizzato una ricerca sui consultori in Italia, un luogo istituito con una legge che sta per compiere i 50 anni, fortemente voluto dalle donne in una stagione di grande protagonismo femminile.

Il consultorio è il luogo più vicino alle persone dove si dovrebbero incontrare, liberamente e senza alcuna prescrizione, assistenti sanitari, assistenti sociali, educatori, medici, infermieri… È il luogo dove fin dalla prima infanzia, si dovrebbe poter trovare aiuto ed educazione alla salute, prevenzione alla violenza, tutela sociale della maternità e dell'interruzione volontaria della gravidanza…

Ebbene, nel nostro Paese mancano il 43% dei consultori previsti per legge, e nei consultori mancano il 75% degli assistenti sociali.

La domanda è: quando ci si impegna, quando ci si indigna, quando si dichiara, quando si promette, ci si domanda anche come fare davvero per cambiare le cose?

Noi non possiamo fare molto di più, se non continuare a lavorare dove ci siamo e con gli strumenti che ci vengono forniti. Non possiamo fare altro che denunciare quel che manca e proporre quello che servirebbe. Non possiamo che continuare a chiedere la riforma della professione e una maggiore e più capillare formazione perché ci siano sempre più e sempre migliori assistenti social al servizio di chi ne ha bisogno.

Abbiamo anche scritto una lettera aperta alla presidente del Consiglio, ai ministri competenti e ai gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione chiedendo l’istituzione di elenchi speciali dove, nel nostro Albo, trovare il professionista specializzato. Un intervento che potrebbe andare nella legge di Bilancio e che non costa neanche un centesimo. Che non ha bisogno delle risorse del PNRR, ma dell’attenzione della politica. Quella che le donne, le persone, chiedono ogni giorno e non soltanto quando si accendono le luci.

QOSHE - Centri antiviolenza bloccati, consultori che non ci sono.
La brutta realtà, oltre le parole del 25 novembre - Barbara Rosina
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Centri antiviolenza bloccati, consultori che non ci sono.
La brutta realtà, oltre le parole del 25 novembre

4 0
04.12.2023

La manifestazione delle cinquecentomila – ma, in verità, c’erano anche tanti uomini e ragazzi – ha attraversato Roma, mentre in ogni parte d’Italia ci si impegnava per accendere un faro sulla violenza contro le donne. Anche chi non ha partecipato alle mobilitazioni, ha simbolicamente e fortemente aderito alla giornata con dichiarazioni o illuminando di rosso Palazzo Chigi. Dunque un bel pezzo di questo Paese, compreso chi ha responsabilità e potere di governo, almeno a gesti e parole, ritiene che non ci si possa fermare nel contrasto a violenze, maltrattamenti, femminicidi e che anzi sia il momento di fare di più per prevenire, proteggere aiutare.

Come Ordine degli assistenti sociali, per la prima volta, abbiamo chiamato ogni professionista in piazza o dovunque si proponessero iniziative nella giornata del 25 novembre. Una giornata che abbiamo sempre onorato come singole e singoli, ma questa volta abbiamo voluto che ci si vedesse di più, che fosse lampante che la professione che facciamo non può che essere lì dove si ripudia la violenza, lì dove si costruiscono le barriere ai maltrattamenti, lì dove si prevengono esiti mortali per donne di ogni età.

Ora sono passati dieci giorni, domani a Padova, i funerali di Giulia Cecchettin, un altro momento di dolore e di attenzione. E poi?

Mentre si vedono passare autobus che espongono la pubblicità del 1522, il numero antiviolenza – qualche Regione sta pagando per questa ottima iniziativa, ma auspicheremmo una campagna nazionale e grandi manifesti dovunque - leggiamo anche che non ci sono più i fondi del PNRR per i centri antiviolenza alle donne da realizzare sui beni confiscati. Si tratterebbe di 80 progetti, per lo più al Sud, in aree dove la criminalità organizzata possiede strutture significative che potrebbero essere adibiti a luoghi di prevenzione e accoglienza. Cosa succede, perché a tre mesi dal definanziamento dello scorso agosto - e le rassicurazioni di allora del ministro Fitto sul reperimento dei fondi in altro modo - ai comuni, bloccati, non è arrivato alcun documento ufficiale?

Un interrogativo che rivolgiamo a chi può rispondere e che, a gesti e parole, ha già........

© HuffPost


Get it on Google Play