Diamo un dispiacere (parziale) al nostro simpatico e vulcanico amico Luigi Crespi, che, con qualche ragione, si arrabbia quando, avendo avuto sette vite come i gatti, viene ricordato soprattutto come il “sondaggista”, o meglio lo spin doctor, in una certa fase, di Berlusconi. Che col Cavaliere condivise quella strepitosa campagna elettorale del 2001: i 6X3, il “presidente operaio”, nel bene o nel male, uno show, entrato di diritto nei manuali della comunicazione politica (pre-social) grazie anche alla trovata del celebre “contratto con gli italiani”.

Come andò ce lo racconta proprio Crespi nel suo autobiografico libro "Lo spin doctor" (Solferino 2023). Da Luntz, il guru della campagna di Ronald Reagan che arriva a dar manforte in una competizione più insidiosa del previsto, arriva l’idea giusta: riprodurre in Italia il “Patto con gli americani”. Luigi la declina sul “suo” personaggio: l’imprenditore, forte della sua storia di successo, fa un “contratto”, non un patto. E propone, come set, una scrivania al centro di San Siro, Berlusconi che arriva in elicottero, lo stadio che esulta. “Un’americanata”, dice che il Cavaliere. Che però tiene l’idea, ma cambia set: Porta a Porta, a cinque giorni dal voto e “aveva ragione lui”, se ne parlò per decenni. E poi la “Nave azzurra”, altra fortunata trovata. Luigi ha l’intuizione della barca, però è poco convinto, sembra uno schiaffo alla miseria. Il Cavaliere si accende e pensa alla nave da crociera, la vacanza che tutti sognano e, in fondo, accessibile: “Il tuo limite è che sei un bravo creativo, ma ragioni da povero”. Il sodalizio funziona: l’uno ha delle intuizioni, l’altro, capace di prendere qua e là dai collaboratori di talento ciò che si addice a un’indole naturale, accende la giostra che il paese vuole (senza badare a spese).

Il dispiacere, dicevamo. Perché, va bene, è particolarmente gustoso questo racconto sia delle sette vite, sia delle decine di aneddoti legati ad altre esperienze. Come quando, con Roma paralizzata dalla nevicata del 2015 e Alemanno impegnato a spalare, con un berretto di lana in testa e una pala in mano, il nostro spin doctor, impegnato a dare una mano al sindaco, da buon milanese (abituato a freddo e gelo) spiega, banalmente, che serve il sale e hanno pure sbagliato a ordinarlo: “Quello marino si usa per pastasciutta, ci vuole il sale chimico!”. O quella volta che, per far vincere Stefano Caldoro in Campania, si inventa un documentario, con tour annesso, assieme a Gigi D’Alessio e, saturo di mozzarelle e canzoni neomelodiche, quando torna a vedere il Duomo di Milano Luigi pare un musulmano che arriva a La Mecca. O, udite udite, la collaborazione con Eddy Rama, con tanto di trasferimento in Albania. Lì si ispira alla canzone di Giorgio Gaber, la Strada, e trasforma quel concetto nel cuore della campagna elettorale: “Edi Rama, la tua strada”. L’immagine è quella del corso principale di Tirana che, grazie al piano regolatore dell’allora sindaco (Rama, appunto) aveva cambiato volto trasformandosi in un boulevard europeo. Nello spot lui cammina su questo viale, con la gente che si unisce modello Quarto stato.

Però, alla fine, il cuore emotivo del libro è un bilancio, tra fascinazione e delusione, del rapporto che Crespi ha con Berlusconi. Esperienza “totalizzante”, di quelle che ti prendono l’anima come certi “amori tossici”: “Quando non lo vedo per qualche ora penso di mollare tutto, ma poi mi basta incontrarlo, scambiare due battute e il legame tra noi si rinsalda, mi dico che sono un tecnico, che devo scindere le convinzioni dal mio mestiere”. Le convinzioni sono quelle del giovane “comunista” che, dopo un’iniziale fascinazione per il partito armato, si pente e si iscrive alla Fgci, con tanto di corso a Frattocchie e complimenti di Pajetta. E poi approda in un mondo che è la negazione dei famosi ideali della sua giovinezza. Gli fa orrore Previti con i suoi discorsi, così come la corte, con le sue invidie e i suoi ricatti. Quando si immedesima nei candidati da mandare in tv, per preparali, dentro di sé pensa che è meglio Rutelli. Si diverte, da un lato, si inebria del successo, somatizza il dissidio dall’altro, fino a pesare 150 chili e a riempirsi di macchie, prigioniero di un doppio legame emotivo. Berlusconi, l’affabulatore, colui che ti fa sentire unico, è la sua grande illusione, finita la quale c’è il brusco risveglio: “Mi lascia credere di essere decisivo e la verità è che questa vita mi ha dato alla testa”.

Quando arrivano i guai anche giudiziari allo spin doctor che si imbarca in un progetto autonomo dalla corte, Berlusconi non c’è, neanche umanamente, perché in quel momento Crespi non è più funzionale al progetto: “Questo l’errore perché lui non lascia spazio a nessuna strada, fuori dalla sua, non concepisce che possa esserci un destino distante dal suo, per una persona e per un paese”. E qui, mentre il libro si avvia alla conclusione in un bilancio amaro, ti accorgi che la storia è buona per una riflessione che va ben oltre la vicenda privata.

Segui i temi Commenta con i lettori I commenti dei lettori

Suggerisci una correzione

Diamo un dispiacere (parziale) al nostro simpatico e vulcanico amico Luigi Crespi, che, con qualche ragione, si arrabbia quando, avendo avuto sette vite come i gatti, viene ricordato soprattutto come il “sondaggista”, o meglio lo spin doctor, in una certa fase, di Berlusconi. Che col Cavaliere condivise quella strepitosa campagna elettorale del 2001: i 6X3, il “presidente operaio”, nel bene o nel male, uno show, entrato di diritto nei manuali della comunicazione politica (pre-social) grazie anche alla trovata del celebre “contratto con gli italiani”.

Come andò ce lo racconta proprio Crespi nel suo autobiografico libro "Lo spin doctor" (Solferino 2023). Da Luntz, il guru della campagna di Ronald Reagan che arriva a dar manforte in una competizione più insidiosa del previsto, arriva l’idea giusta: riprodurre in Italia il “Patto con gli americani”. Luigi la declina sul “suo” personaggio: l’imprenditore, forte della sua storia di successo, fa un “contratto”, non un patto. E propone, come set, una scrivania al centro di San Siro, Berlusconi che arriva in elicottero, lo stadio che esulta. “Un’americanata”, dice che il Cavaliere. Che però tiene l’idea, ma cambia set: Porta a Porta, a cinque giorni dal voto e “aveva ragione lui”, se ne parlò per decenni. E poi la “Nave azzurra”, altra fortunata trovata. Luigi ha l’intuizione della barca, però è poco convinto, sembra uno schiaffo alla miseria. Il Cavaliere si accende e pensa alla nave da crociera, la vacanza che tutti sognano e, in fondo, accessibile: “Il tuo limite è che sei un bravo creativo, ma ragioni da povero”. Il sodalizio funziona: l’uno ha delle intuizioni, l’altro, capace di prendere qua e là dai collaboratori di talento ciò che si addice a un’indole naturale, accende la giostra che il paese vuole (senza badare a spese).

Il dispiacere, dicevamo. Perché, va bene, è particolarmente gustoso questo racconto sia delle sette vite, sia delle decine di aneddoti legati ad altre esperienze. Come quando, con Roma paralizzata dalla nevicata del 2015 e Alemanno impegnato a spalare, con un berretto di lana in testa e una pala in mano, il nostro spin doctor, impegnato a dare una mano al sindaco, da buon milanese (abituato a freddo e gelo) spiega, banalmente, che serve il sale e hanno pure sbagliato a ordinarlo: “Quello marino si usa per pastasciutta, ci vuole il sale chimico!”. O quella volta che, per far vincere Stefano Caldoro in Campania, si inventa un documentario, con tour annesso, assieme a Gigi D’Alessio e, saturo di mozzarelle e canzoni neomelodiche, quando torna a vedere il Duomo di Milano Luigi pare un musulmano che arriva a La Mecca. O, udite udite, la collaborazione con Eddy Rama, con tanto di trasferimento in Albania. Lì si ispira alla canzone di Giorgio Gaber, la Strada, e trasforma quel concetto nel cuore della campagna elettorale: “Edi Rama, la tua strada”. L’immagine è quella del corso principale di Tirana che, grazie al piano regolatore dell’allora sindaco (Rama, appunto) aveva cambiato volto trasformandosi in un boulevard europeo. Nello spot lui cammina su questo viale, con la gente che si unisce modello Quarto stato.

Però, alla fine, il cuore emotivo del libro è un bilancio, tra fascinazione e delusione, del rapporto che Crespi ha con Berlusconi. Esperienza “totalizzante”, di quelle che ti prendono l’anima come certi “amori tossici”: “Quando non lo vedo per qualche ora penso di mollare tutto, ma poi mi basta incontrarlo, scambiare due battute e il legame tra noi si rinsalda, mi dico che sono un tecnico, che devo scindere le convinzioni dal mio mestiere”. Le convinzioni sono quelle del giovane “comunista” che, dopo un’iniziale fascinazione per il partito armato, si pente e si iscrive alla Fgci, con tanto di corso a Frattocchie e complimenti di Pajetta. E poi approda in un mondo che è la negazione dei famosi ideali della sua giovinezza. Gli fa orrore Previti con i suoi discorsi, così come la corte, con le sue invidie e i suoi ricatti. Quando si immedesima nei candidati da mandare in tv, per preparali, dentro di sé pensa che è meglio Rutelli. Si diverte, da un lato, si inebria del successo, somatizza il dissidio dall’altro, fino a pesare 150 chili e a riempirsi di macchie, prigioniero di un doppio legame emotivo. Berlusconi, l’affabulatore, colui che ti fa sentire unico, è la sua grande illusione, finita la quale c’è il brusco risveglio: “Mi lascia credere di essere decisivo e la verità è che questa vita mi ha dato alla testa”.

Quando arrivano i guai anche giudiziari allo spin doctor che si imbarca in un progetto autonomo dalla corte, Berlusconi non c’è, neanche umanamente, perché in quel momento Crespi non è più funzionale al progetto: “Questo l’errore perché lui non lascia spazio a nessuna strada, fuori dalla sua, non concepisce che possa esserci un destino distante dal suo, per una persona e per un paese”. E qui, mentre il libro si avvia alla conclusione in un bilancio amaro, ti accorgi che la storia è buona per una riflessione che va ben oltre la vicenda privata.

QOSHE - Con Berlusconi, tra fascinazione e delusione. Le sette vite di uno spin doctor - Alessandro De Angelis
menu_open
Columnists Actual . Favourites . Archive
We use cookies to provide some features and experiences in QOSHE

More information  .  Close
Aa Aa Aa
- A +

Con Berlusconi, tra fascinazione e delusione. Le sette vite di uno spin doctor

7 0
19.01.2024

Diamo un dispiacere (parziale) al nostro simpatico e vulcanico amico Luigi Crespi, che, con qualche ragione, si arrabbia quando, avendo avuto sette vite come i gatti, viene ricordato soprattutto come il “sondaggista”, o meglio lo spin doctor, in una certa fase, di Berlusconi. Che col Cavaliere condivise quella strepitosa campagna elettorale del 2001: i 6X3, il “presidente operaio”, nel bene o nel male, uno show, entrato di diritto nei manuali della comunicazione politica (pre-social) grazie anche alla trovata del celebre “contratto con gli italiani”.

Come andò ce lo racconta proprio Crespi nel suo autobiografico libro "Lo spin doctor" (Solferino 2023). Da Luntz, il guru della campagna di Ronald Reagan che arriva a dar manforte in una competizione più insidiosa del previsto, arriva l’idea giusta: riprodurre in Italia il “Patto con gli americani”. Luigi la declina sul “suo” personaggio: l’imprenditore, forte della sua storia di successo, fa un “contratto”, non un patto. E propone, come set, una scrivania al centro di San Siro, Berlusconi che arriva in elicottero, lo stadio che esulta. “Un’americanata”, dice che il Cavaliere. Che però tiene l’idea, ma cambia set: Porta a Porta, a cinque giorni dal voto e “aveva ragione lui”, se ne parlò per decenni. E poi la “Nave azzurra”, altra fortunata trovata. Luigi ha l’intuizione della barca, però è poco convinto, sembra uno schiaffo alla miseria. Il Cavaliere si accende e pensa alla nave da crociera, la vacanza che tutti sognano e, in fondo, accessibile: “Il tuo limite è che sei un bravo creativo, ma ragioni da povero”. Il sodalizio funziona: l’uno ha delle intuizioni, l’altro, capace di prendere qua e là dai collaboratori di talento ciò che si addice a un’indole naturale, accende la giostra che il paese vuole (senza badare a spese).

Il dispiacere, dicevamo. Perché, va bene, è particolarmente gustoso questo racconto sia delle sette vite, sia delle decine di aneddoti legati ad altre esperienze. Come quando, con Roma paralizzata dalla nevicata del 2015 e Alemanno impegnato a spalare, con un berretto di lana in testa e una pala in mano, il nostro spin doctor, impegnato a dare una mano al sindaco, da buon milanese (abituato a freddo e gelo) spiega, banalmente, che serve il sale e hanno pure sbagliato a ordinarlo: “Quello marino si usa per pastasciutta, ci vuole il sale chimico!”. O quella volta che, per far vincere Stefano Caldoro in Campania, si inventa un documentario, con tour annesso, assieme a Gigi D’Alessio e, saturo di mozzarelle e canzoni neomelodiche, quando........

© HuffPost


Get it on Google Play