Gli influencer hanno assunto, nella vita sociale, politica e culturale del mondo, la capacità di esaltare o stroncare la reputazione di un prodotto. Ma, al contempo, come abbiamo visto ad Atreju, anch'essi sono soggetti allo stesso meccanismo del giudizio globale.

Non esiste più un sistema piramidale in cui l’informazione è propagata con ordine, verso categorie di soggetti omogenei, obbedendo in modo, più o meno consapevole, alle indicazioni del leader. Le imprese, come i politici, non possono più limitarsi a generare un’informazione, più o meno veritiera, sulle migliori caratteristiche del proprio prodotto, devono essere in grado di farla propagare dal sistema.

Il marketing si è fatto sociale, e non viene più percepito come una branca della scienza dell’economia aziendale, come invece è, e le aziende, anche di grandi dimensioni, strapagano chi riesce a creare, anche disordinatamente, un numero importante di link e follower, o a chi, come la Ferragni presta il suo nome per associarlo a quello di un dolce o accetta di diventare consigliere di amministrazione di una società, che produce scarpe, determinando crescite straordinarie dei risultati aziendali.

Da questo punto di vista, quello a cui abbiamo assistito ad Atreyu, è un vera rivoluzione copernicana: è stata la Meloni, con gli antichi e tradizionali sistemi di comunicazione della politica, a sfidare platealmente la più decorata coppia di influencer italiani, trasformando la pubblicità di un pandoro, secondo il garante “mendace”, nel caso “politico” dell’anno, tale da spostare l’intera attenzione dei media, che sembrano più interessati alla beneficenza di Chiara Ferragni, che non alla prossima finanziaria.

“Ai posteri l’ardua sentenza” se chi ne uscirà più forte sarà la Meloni, o un’opposizione, che certo sembra ormai meglio interpretata dalla copia di influencer che non dai partiti. Ma quello che è certo è che Atreju, a prescindere da chi, nel medio periodo, ne avrà più vantaggio o svantaggio, tra Fratelli d’Italia e Ferragnez, ha cambiato per sempre le regole della produzione di valore della comunicazione: a partire dalla politica, sempre più personalizzata, e, quindi, disposta a confrontarsi testa a testa, con attori privati, siano essi influencer, o produttori di pandori, assumendosi il rischio di tale personalizzazione. Qualcosa di simile era già successo, con l’attacco maldestro della sinistra alla pubblicità di Esselunga. Per tutti, influencer e politici, la curva del declino rischia di essere molto più veloce di quella della crescita; anche perché esiste una categoria di soggetti, denominati hater, letteralmente gli odiatori, moderni avvoltoi, instancabilmente pronti a condividere e fungere da cassa di risonanza per qualsiasi lamentela e infierire sul corpo del moribondo; spiegando che, in fondo, è tutto un grande imbroglio. Essi, ora tutti orientati contro la coppia sciale, sono frutto di un malcontento, che ha trovato la sua incubatrice nella crisi economica, e in una cultura dell’odio che li ha generati e che essi alimentano: pronti a generare disvalore sia nel sistema economico sia in quello politico, destra o sinistra che sia.

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Gli influencer hanno assunto, nella vita sociale, politica e culturale del mondo, la capacità di esaltare o stroncare la reputazione di un prodotto. Ma, al contempo, come abbiamo visto ad Atreju, anch'essi sono soggetti allo stesso meccanismo del giudizio globale.

Non esiste più un sistema piramidale in cui l’informazione è propagata con ordine, verso categorie di soggetti omogenei, obbedendo in modo, più o meno consapevole, alle indicazioni del leader. Le imprese, come i politici, non possono più limitarsi a generare un’informazione, più o meno veritiera, sulle migliori caratteristiche del proprio prodotto, devono essere in grado di farla propagare dal sistema.

Il marketing si è fatto sociale, e non viene più percepito come una branca della scienza dell’economia aziendale, come invece è, e le aziende, anche di grandi dimensioni, strapagano chi riesce a creare, anche disordinatamente, un numero importante di link e follower, o a chi, come la Ferragni presta il suo nome per associarlo a quello di un dolce o accetta di diventare consigliere di amministrazione di una società, che produce scarpe, determinando crescite straordinarie dei risultati aziendali.

Da questo punto di vista, quello a cui abbiamo assistito ad Atreyu, è un vera rivoluzione copernicana: è stata la Meloni, con gli antichi e tradizionali sistemi di comunicazione della politica, a sfidare platealmente la più decorata coppia di influencer italiani, trasformando la pubblicità di un pandoro, secondo il garante “mendace”, nel caso “politico” dell’anno, tale da spostare l’intera attenzione dei media, che sembrano più interessati alla beneficenza di Chiara Ferragni, che non alla prossima finanziaria.

“Ai posteri l’ardua sentenza” se chi ne uscirà più forte sarà la Meloni, o un’opposizione, che certo sembra ormai meglio interpretata dalla copia di influencer che non dai partiti. Ma quello che è certo è che Atreju, a prescindere da chi, nel medio periodo, ne avrà più vantaggio o svantaggio, tra Fratelli d’Italia e Ferragnez, ha cambiato per sempre le regole della produzione di valore della comunicazione: a partire dalla politica, sempre più personalizzata, e, quindi, disposta a confrontarsi testa a testa, con attori privati, siano essi influencer, o produttori di pandori, assumendosi il rischio di tale personalizzazione. Qualcosa di simile era già successo, con l’attacco maldestro della sinistra alla pubblicità di Esselunga. Per tutti, influencer e politici, la curva del declino rischia di essere molto più veloce di quella della crescita; anche perché esiste una categoria di soggetti, denominati hater, letteralmente gli odiatori, moderni avvoltoi, instancabilmente pronti a condividere e fungere da cassa di risonanza per qualsiasi lamentela e infierire sul corpo del moribondo; spiegando che, in fondo, è tutto un grande imbroglio. Essi, ora tutti orientati contro la coppia sciale, sono frutto di un malcontento, che ha trovato la sua incubatrice nella crisi economica, e in una cultura dell’odio che li ha generati e che essi alimentano: pronti a generare disvalore sia nel sistema economico sia in quello politico, destra o sinistra che sia.

QOSHE - La nuova frontiera del marketing: la Ferragni, Esselunga e Atreju - Alessandro Arrighi
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La nuova frontiera del marketing: la Ferragni, Esselunga e Atreju

7 0
04.01.2024

Gli influencer hanno assunto, nella vita sociale, politica e culturale del mondo, la capacità di esaltare o stroncare la reputazione di un prodotto. Ma, al contempo, come abbiamo visto ad Atreju, anch'essi sono soggetti allo stesso meccanismo del giudizio globale.

Non esiste più un sistema piramidale in cui l’informazione è propagata con ordine, verso categorie di soggetti omogenei, obbedendo in modo, più o meno consapevole, alle indicazioni del leader. Le imprese, come i politici, non possono più limitarsi a generare un’informazione, più o meno veritiera, sulle migliori caratteristiche del proprio prodotto, devono essere in grado di farla propagare dal sistema.

Il marketing si è fatto sociale, e non viene più percepito come una branca della scienza dell’economia aziendale, come invece è, e le aziende, anche di grandi dimensioni, strapagano chi riesce a creare, anche disordinatamente, un numero importante di link e follower, o a chi, come la Ferragni presta il suo nome per associarlo a quello di un dolce o accetta di diventare consigliere di amministrazione di una società, che produce scarpe, determinando crescite straordinarie dei risultati aziendali.

Da questo punto di vista, quello a cui abbiamo assistito ad Atreyu, è un vera rivoluzione copernicana: è stata la Meloni, con gli antichi e tradizionali sistemi di comunicazione della politica, a sfidare platealmente la più decorata coppia di influencer italiani, trasformando la pubblicità di un pandoro, secondo il garante “mendace”, nel caso “politico” dell’anno, tale da spostare l’intera attenzione dei media, che........

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