Da tempo gli imprenditori lamentano l’inadeguatezza del sistema fiscale, delle regole e della burocrazia italiana, che sono orami una grande limite per la generazione di valore.

Imprese, che non sono in grado di produrre ricchezza, non possono distribuirla: con l’effetto, che, nel mercato del lavoro, i salari non sono in grado di consentire a un giovane di farsi una famiglia e, così,, spesso, i ragazzi, non sono disposti a entrare nel mercato del lavoro al salario corrente, con effetti devastanti sul sistema sociale.

Adesso, sono gli agricoltori a scendere in strada. Fondamentalmente, chiedono, seppure in modo disomogeneo, tra le varie associazioni di rappresentanza, la proroga dell’esenzione dell’Irpef per i redditi agrari e del credito d’imposta per il carburante agricolo, la decontribuzione per i giovani agricoltori under 40, ma, soprattutto, una politica di contrasto alla concorrenza sleale e alla diffusione di “cibi sintetici” e la tutela del “made in Italy”.

La protesta degli agricoltori trova una grande solidarietà, da parte dei cittadini, stanchi e impotenti. Spesso, nella storia, i movimenti ideali sono diventati rivoluzionari, quando i contadini sono scesi in piazza.

Non credo ci sia davvero una profonda consapevolezza e quindi una reale condivisione delle ragioni degli agricoltori, da parte della collettività, ma, certamente, c’è un popolo esausto, che disprezza le istituzioni: sui social media, trova una preoccupante solidarietà persino Fleximan, il criminale che distrugge gli autovelox, percepiti come strumento di vessazione e non di prevenzione e sicurezza stradale.

I giovani percepiscono il potere politico, nazionale o europeo che sia, come la causa del proprio malessere. Da un punto di vista psico sociale, questo comporta uno spostamento del focus, da sé stessi e dalle proprie capacità, ai vincoli del sistema, e quindi dalle variabili controllabili attraverso la formazione e l’impegno, a quelle che non possono essere controllate. Molti giovani non riconoscono più il valore del proprio impegno, convinti che, in ogni caso, non riusciranno a garantirsi l’affrancamento dalla condizione di difficoltà economica. E così le convinzioni limitanti diventano auto verificantesi.

Un generazione che vorrebbe “scappare” all’estero. Alcuni, in effetti, si trasferiscono, ma la maggior parte resta in Italia: c’è chi si adatta e si mantiene vendendo foto sexy sui siti internet, che hanno comunque sede legale fuori dall’Unione, altri, adolescenti o poco più, si associano in bande per scontrarsi in risse; molti si limitano a un pericoloso silenzio, che non viene notato, ma che poi, talvolta, sfocia in episodi di violenza anche gravi. Manca la fiducia in sé stessi e, ogni volta che qualcuno attacca il sistema, che si tratti degli agricoltori o di Fleximan, può contare sulla solidarietà della massa.

La sfiducia nel sistema diventa sfiducia in sé stessi e la mancanza di prospettiva diventa rabbia sociale.

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Da tempo gli imprenditori lamentano l’inadeguatezza del sistema fiscale, delle regole e della burocrazia italiana, che sono orami una grande limite per la generazione di valore.

Imprese, che non sono in grado di produrre ricchezza, non possono distribuirla: con l’effetto, che, nel mercato del lavoro, i salari non sono in grado di consentire a un giovane di farsi una famiglia e, così,, spesso, i ragazzi, non sono disposti a entrare nel mercato del lavoro al salario corrente, con effetti devastanti sul sistema sociale.

Adesso, sono gli agricoltori a scendere in strada. Fondamentalmente, chiedono, seppure in modo disomogeneo, tra le varie associazioni di rappresentanza, la proroga dell’esenzione dell’Irpef per i redditi agrari e del credito d’imposta per il carburante agricolo, la decontribuzione per i giovani agricoltori under 40, ma, soprattutto, una politica di contrasto alla concorrenza sleale e alla diffusione di “cibi sintetici” e la tutela del “made in Italy”.

La protesta degli agricoltori trova una grande solidarietà, da parte dei cittadini, stanchi e impotenti. Spesso, nella storia, i movimenti ideali sono diventati rivoluzionari, quando i contadini sono scesi in piazza.

Non credo ci sia davvero una profonda consapevolezza e quindi una reale condivisione delle ragioni degli agricoltori, da parte della collettività, ma, certamente, c’è un popolo esausto, che disprezza le istituzioni: sui social media, trova una preoccupante solidarietà persino Fleximan, il criminale che distrugge gli autovelox, percepiti come strumento di vessazione e non di prevenzione e sicurezza stradale.

I giovani percepiscono il potere politico, nazionale o europeo che sia, come la causa del proprio malessere. Da un punto di vista psico sociale, questo comporta uno spostamento del focus, da sé stessi e dalle proprie capacità, ai vincoli del sistema, e quindi dalle variabili controllabili attraverso la formazione e l’impegno, a quelle che non possono essere controllate. Molti giovani non riconoscono più il valore del proprio impegno, convinti che, in ogni caso, non riusciranno a garantirsi l’affrancamento dalla condizione di difficoltà economica. E così le convinzioni limitanti diventano auto verificantesi.

Un generazione che vorrebbe “scappare” all’estero. Alcuni, in effetti, si trasferiscono, ma la maggior parte resta in Italia: c’è chi si adatta e si mantiene vendendo foto sexy sui siti internet, che hanno comunque sede legale fuori dall’Unione, altri, adolescenti o poco più, si associano in bande per scontrarsi in risse; molti si limitano a un pericoloso silenzio, che non viene notato, ma che poi, talvolta, sfocia in episodi di violenza anche gravi. Manca la fiducia in sé stessi e, ogni volta che qualcuno attacca il sistema, che si tratti degli agricoltori o di Fleximan, può contare sulla solidarietà della massa.

La sfiducia nel sistema diventa sfiducia in sé stessi e la mancanza di prospettiva diventa rabbia sociale.

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I sogni disillusi, proteste e tensione sociale

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13.02.2024

Da tempo gli imprenditori lamentano l’inadeguatezza del sistema fiscale, delle regole e della burocrazia italiana, che sono orami una grande limite per la generazione di valore.

Imprese, che non sono in grado di produrre ricchezza, non possono distribuirla: con l’effetto, che, nel mercato del lavoro, i salari non sono in grado di consentire a un giovane di farsi una famiglia e, così,, spesso, i ragazzi, non sono disposti a entrare nel mercato del lavoro al salario corrente, con effetti devastanti sul sistema sociale.

Adesso, sono gli agricoltori a scendere in strada. Fondamentalmente, chiedono, seppure in modo disomogeneo, tra le varie associazioni di rappresentanza, la proroga dell’esenzione dell’Irpef per i redditi agrari e del credito d’imposta per il carburante agricolo, la decontribuzione per i giovani agricoltori under 40, ma, soprattutto, una politica di contrasto alla concorrenza sleale e alla diffusione di “cibi sintetici” e la tutela del “made in Italy”.

La protesta degli agricoltori trova una grande solidarietà, da parte dei cittadini, stanchi e impotenti. Spesso, nella storia, i movimenti ideali sono diventati rivoluzionari, quando i contadini sono scesi in piazza.

Non credo ci sia davvero una profonda consapevolezza e quindi una reale condivisione delle ragioni degli agricoltori, da parte della collettività, ma, certamente, c’è un popolo esausto, che disprezza le istituzioni: sui social media, trova una preoccupante solidarietà persino Fleximan, il criminale che........

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