L'Unione europea si trova in uno stato difficile, o meglio di crescente disordine, alle soglie delle elezioni europee. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, scialba personalità, si candiderà al Parlamento europeo e quindi, se eletto, dovrà dimettersi dalla Presidenza entro la metà di luglio. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che certamente punta al rinnovo, naviga a vista per non farsi nemici, ma guarda a mio avviso anche lontano, come fece già in occasione del Next Generation EU, ora in difficoltà. In questa situazione l’accentuarsi della presenza di Mario Draghi, impegnato da settembre a elaborare un “Rapporto sul futuro della Competitività europea”, è una buona notizia.

Certo questo non basta a riconfigurare la politica europea in vista delle elezioni europee di giugno, con riferimento alle quali si combinano interessi di partiti politici europei con quelli dei singoli paesi. Infatti la situazione internazionale è crescentemente preoccupante e l'Ue la affronta senza una governance incisiva.

Von der Leyen e Draghi, oltre il Rapporto

Un buona notizia, come dicevo, è l’impegno di Draghi che per elaborare il Rapporto Competitività nei giorni scorsi ha incontrato prima una rappresentanza delle grandi industrie europee e poi la Commissione europea. Ciò dimostra la lungimiranza di Von der Leyen, quando in settembre, nella solennità del Parlamento europeo, pronunciando il Discorso sullo Stato dell’Unione, annunciò il conferimento a Draghi dell’incarico per preparare il "Rapporto sul futuro delle Competitività europea”. L’annuncio fu unito a espressioni di stima verso Draghi che andavano ben al di là della necessaria motivazione per l’incarico. Molti sottovalutano questo incarico, dimenticando che nella storia dell'Ue è da iniziative di questo tipo che sono originate innovazioni importanti. Cosa che sa bene Draghi, che ha accettato non per avere un “incarico”, ma perché è un europeista convinto, competente sia delle Istituzioni che dell’economia monetaria e reale.

Delors e Draghi, progettare per concretizzare

Il 26 marzo del 2020 scrissi su queste colonne un articolo spiegando che “Non serve un Piano Marshall, ma un Piano Delors/Draghi". Allora in molti citavano il Piano Marshall, che fu attuato dagli Usa per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Altri adesso prefigurano il Piano Mattei per lo sviluppo dell’Africa da parte dell’Italia e dell'Europa. Tutte citazioni fuorvianti rispetto al futuro della costruzione europea. Ben diverso è rifarsi a "Jacques Delors, "catechista" d’Europa": questo titolo un po' criptico, dato a un mio articolo del 5 gennaio, è spiegato nella sintesi del sottotitolo: "Il suo paradigma dovrebbe essere studiato sia da chi adesso “governa” la Ue e l’Eurozona, sia da chi ha ruoli politici negli Stati Ue; ebbe ideali forti, con capacità progettuali e con il coraggio della concretezza". Un paradigma che applicherei a Draghi per la sua presidenza della Bce, ma anche per la successiva progettualità europea nei suoi interventi a cominciare dal discorso di congedo dalla Banca centrale europea nell’ottobre del 2019, poi come presidente del Consiglio della nostra Repubblica, infine in varie dichiarazioni pubbliche. Mai enfatiche, sempre concrete, così come confermano adesso due episodi conseguenti all’incarico datogli dalla presidente von der Leyen.

Draghi: "Oggi incontro con l'industria, sono qui per ascoltare"

Industrie europee

Nei giorni scorsi Draghi ha incontrato a Milano e poi a Bruxelles i vertici dei maggiori gruppi industriali europei - e in particolare quelli aggregati nella European Round Table of Industry (ERT) che si stima fatturino 2.000 miliardi all’anno. Malgrado la riservatezza degli incontri, con riferimento ai quali Draghi ha precisato che la sua presenza fosse quella di ascoltatore, è intuibile (e anche noto) che il tema sia stato quello dell’ammodernamento del contesto normativo europeo per spingere l’innovazione e gli investimenti per affrontare le sfide competitive globali nelle quali Usa e Cina stanno staccando la Ue. Due superpotenze tecno-scientifiche che in sovrappiù fanno anche interventi quasi protezionistici come l’IRA americano. È bene sottolineare che Draghi non ha iniziato incontrando i banchieri, non solo perché conosce benissimo quelle realtà, ma perché ritengo sia consapevole che dalla supremazia della scienza sta arrivando quella che alcuni studiosi considerano la “quarta o la quinta rivoluzione industriale”. Per questo credo che le vecchie regole della concorrenza relative al mercato interno europeo unite a norme eccessivamente prescrittive su microtipologie produttive vadano ampiamente riviste a fronte di oligopoli che hanno dimensioni economiche pari a quelle di grandi stati europei.

Istituzioni europee

Venerdì in una riunione riservata con la Commissione europea presieduta da von der Leyen, Draghi ha ascoltato i commissari sul loro settore di competenza, manifestando, secondo quanto si è potuto cogliere, la sua preoccupazione per la fragilità dell'economia dell'Ue. Da notizie filtrate pare che Draghi abbia sottolineato "l'affacciarsi prepotente della transizione green nell'agenda di governi e organizzazioni, fino all'avvento, ben più veloce del previsto, dell'intelligenza artificiale". Ciò ha indebolito comparativamente l’economia europea che, confrontata anche dalla guerra in Ucraina, ha aggravato la propria fragilità sia interna che in termini di geopolitica. La dichiarazione conclusiva su questo incontro di von der Leyen è molto importate anche per la progettualità della prossima Commissione che, non dimentichiamolo, durerà 5 anni. La presidente ha detto che "abbiamo discusso di molte sfide e dimensioni politiche" e ha ringraziato Draghi "per l'eccellente scambio". Ha aggiunto che "attendo con impazienza la sua relazione per contribuire a portare avanti il dibattito su come rafforzare l'economia dell'Ue". È chiaro dunque che il Rapporto servirà anche alla prossima Commissione per definire le politiche da adottare in modo da rilanciare la competitività delle imprese europee. La mia deduzione è che von der Leyen si ricandiderà alla Presidenza delle Commissione, ma con la speranza che almeno nei primi due anni e mezzo (durata rinnovabile) di mandato la presidenza del Consiglio europeo vada a Mario Draghi. Sarebbe una combinazione eccellente per l'Ue e per l'area euro.

Ideali, politica, economia: Einaudi e Röpke

Poiché le personalità delle istituzioni economiche e politiche dovrebbero avere, come dissi per Delors, degli ideali uniti a capacità progettuali e concretezze attuative ci si può chiedere quali siano queste componenti per Draghi. La mia valutazione si fonda su alcuni elementi. Il primo è la sua formazione che egli attribuì pubblicamente in una conferenza ai Lincei a quattro economisti soci dell’Accademia: Federico Caffè e Sergio Steve, Franco Modigliani e Robert Solow (entrambi Premi Nobel). A mio avviso questo riferimento richiama il socialismo azionista italiano e il liberalismo progressista americano. Tutti maestri questi rigorosissimi nel seguire gli allievi nell’economia politica senza imporre scelte ideali o politiche. Per questo Draghi si caratterizza a mio avviso per un "solidarismo liberale europeo" di stampo einaudiano nel quale si combinano istituzioni, iniziativa privata, intervento pubblico. Dunque non il modello “pionieristico” degli Usa fatto di Stato e Mercato ma il modello “comunitario europeo” diverso, anche se compatibile, con quello del socialismo cristiano di Delors. Adesso, mentre spesso prevale il pragmatismo pasticcione e opportunista o il nazionalismo ricattatorio, bisognerebbe ritornare a chi avviò la costruzione europea e a chi la continuò. Draghi alla Presidenza del Consiglio europeo, almeno per due anni e mezzo, e von der Leyen alla Presidenza della Commissione per cinque anni potrebbero rilanciare non solo il Next Generation EU. Anche perché la presidente della Commissione ha l’impostazione della "economia sociale di mercato" che ebbe come capostipite Wilhelm Röpke. Un grande economista politico tedesco che con Einaudi ebbe dialoghi costanti e costruttivi finalizzati alla "identità della Democrazia europea".

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L'Unione europea si trova in uno stato difficile, o meglio di crescente disordine, alle soglie delle elezioni europee. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, scialba personalità, si candiderà al Parlamento europeo e quindi, se eletto, dovrà dimettersi dalla Presidenza entro la metà di luglio. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che certamente punta al rinnovo, naviga a vista per non farsi nemici, ma guarda a mio avviso anche lontano, come fece già in occasione del Next Generation EU, ora in difficoltà. In questa situazione l’accentuarsi della presenza di Mario Draghi, impegnato da settembre a elaborare un “Rapporto sul futuro della Competitività europea”, è una buona notizia.

Certo questo non basta a riconfigurare la politica europea in vista delle elezioni europee di giugno, con riferimento alle quali si combinano interessi di partiti politici europei con quelli dei singoli paesi. Infatti la situazione internazionale è crescentemente preoccupante e l'Ue la affronta senza una governance incisiva.

Von der Leyen e Draghi, oltre il Rapporto

Un buona notizia, come dicevo, è l’impegno di Draghi che per elaborare il Rapporto Competitività nei giorni scorsi ha incontrato prima una rappresentanza delle grandi industrie europee e poi la Commissione europea. Ciò dimostra la lungimiranza di Von der Leyen, quando in settembre, nella solennità del Parlamento europeo, pronunciando il Discorso sullo Stato dell’Unione, annunciò il conferimento a Draghi dell’incarico per preparare il "Rapporto sul futuro delle Competitività europea”. L’annuncio fu unito a espressioni di stima verso Draghi che andavano ben al di là della necessaria motivazione per l’incarico. Molti sottovalutano questo incarico, dimenticando che nella storia dell'Ue è da iniziative di questo tipo che sono originate innovazioni importanti. Cosa che sa bene Draghi, che ha accettato non per avere un “incarico”, ma perché è un europeista convinto, competente sia delle Istituzioni che dell’economia monetaria e reale.

Delors e Draghi, progettare per concretizzare

Il 26 marzo del 2020 scrissi su queste colonne un articolo spiegando che “Non serve un Piano Marshall, ma un Piano Delors/Draghi". Allora in molti citavano il Piano Marshall, che fu attuato dagli Usa per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Altri adesso prefigurano il Piano Mattei per lo sviluppo dell’Africa da parte dell’Italia e dell'Europa. Tutte citazioni fuorvianti rispetto al futuro della costruzione europea. Ben diverso è rifarsi a "Jacques Delors, "catechista" d’Europa": questo titolo un po' criptico, dato a un mio articolo del 5 gennaio, è spiegato nella sintesi del sottotitolo: "Il suo paradigma dovrebbe essere studiato sia da chi adesso “governa” la Ue e l’Eurozona, sia da chi ha ruoli politici negli Stati Ue; ebbe ideali forti, con capacità progettuali e con il coraggio della concretezza". Un paradigma che applicherei a Draghi per la sua presidenza della Bce, ma anche per la successiva progettualità europea nei suoi interventi a cominciare dal discorso di congedo dalla Banca centrale europea nell’ottobre del 2019, poi come presidente del Consiglio della nostra Repubblica, infine in varie dichiarazioni pubbliche. Mai enfatiche, sempre concrete, così come confermano adesso due episodi conseguenti all’incarico datogli dalla presidente von der Leyen.

Industrie europee

Nei giorni scorsi Draghi ha incontrato a Milano e poi a Bruxelles i vertici dei maggiori gruppi industriali europei - e in particolare quelli aggregati nella European Round Table of Industry (ERT) che si stima fatturino 2.000 miliardi all’anno. Malgrado la riservatezza degli incontri, con riferimento ai quali Draghi ha precisato che la sua presenza fosse quella di ascoltatore, è intuibile (e anche noto) che il tema sia stato quello dell’ammodernamento del contesto normativo europeo per spingere l’innovazione e gli investimenti per affrontare le sfide competitive globali nelle quali Usa e Cina stanno staccando la Ue. Due superpotenze tecno-scientifiche che in sovrappiù fanno anche interventi quasi protezionistici come l’IRA americano. È bene sottolineare che Draghi non ha iniziato incontrando i banchieri, non solo perché conosce benissimo quelle realtà, ma perché ritengo sia consapevole che dalla supremazia della scienza sta arrivando quella che alcuni studiosi considerano la “quarta o la quinta rivoluzione industriale”. Per questo credo che le vecchie regole della concorrenza relative al mercato interno europeo unite a norme eccessivamente prescrittive su microtipologie produttive vadano ampiamente riviste a fronte di oligopoli che hanno dimensioni economiche pari a quelle di grandi stati europei.

Istituzioni europee

Venerdì in una riunione riservata con la Commissione europea presieduta da von der Leyen, Draghi ha ascoltato i commissari sul loro settore di competenza, manifestando, secondo quanto si è potuto cogliere, la sua preoccupazione per la fragilità dell'economia dell'Ue. Da notizie filtrate pare che Draghi abbia sottolineato "l'affacciarsi prepotente della transizione green nell'agenda di governi e organizzazioni, fino all'avvento, ben più veloce del previsto, dell'intelligenza artificiale". Ciò ha indebolito comparativamente l’economia europea che, confrontata anche dalla guerra in Ucraina, ha aggravato la propria fragilità sia interna che in termini di geopolitica. La dichiarazione conclusiva su questo incontro di von der Leyen è molto importate anche per la progettualità della prossima Commissione che, non dimentichiamolo, durerà 5 anni. La presidente ha detto che "abbiamo discusso di molte sfide e dimensioni politiche" e ha ringraziato Draghi "per l'eccellente scambio". Ha aggiunto che "attendo con impazienza la sua relazione per contribuire a portare avanti il dibattito su come rafforzare l'economia dell'Ue". È chiaro dunque che il Rapporto servirà anche alla prossima Commissione per definire le politiche da adottare in modo da rilanciare la competitività delle imprese europee. La mia deduzione è che von der Leyen si ricandiderà alla Presidenza delle Commissione, ma con la speranza che almeno nei primi due anni e mezzo (durata rinnovabile) di mandato la presidenza del Consiglio europeo vada a Mario Draghi. Sarebbe una combinazione eccellente per l'Ue e per l'area euro.

Ideali, politica, economia: Einaudi e Röpke

Poiché le personalità delle istituzioni economiche e politiche dovrebbero avere, come dissi per Delors, degli ideali uniti a capacità progettuali e concretezze attuative ci si può chiedere quali siano queste componenti per Draghi. La mia valutazione si fonda su alcuni elementi. Il primo è la sua formazione che egli attribuì pubblicamente in una conferenza ai Lincei a quattro economisti soci dell’Accademia: Federico Caffè e Sergio Steve, Franco Modigliani e Robert Solow (entrambi Premi Nobel). A mio avviso questo riferimento richiama il socialismo azionista italiano e il liberalismo progressista americano. Tutti maestri questi rigorosissimi nel seguire gli allievi nell’economia politica senza imporre scelte ideali o politiche. Per questo Draghi si caratterizza a mio avviso per un "solidarismo liberale europeo" di stampo einaudiano nel quale si combinano istituzioni, iniziativa privata, intervento pubblico. Dunque non il modello “pionieristico” degli Usa fatto di Stato e Mercato ma il modello “comunitario europeo” diverso, anche se compatibile, con quello del socialismo cristiano di Delors. Adesso, mentre spesso prevale il pragmatismo pasticcione e opportunista o il nazionalismo ricattatorio, bisognerebbe ritornare a chi avviò la costruzione europea e a chi la continuò. Draghi alla Presidenza del Consiglio europeo, almeno per due anni e mezzo, e von der Leyen alla Presidenza della Commissione per cinque anni potrebbero rilanciare non solo il Next Generation EU. Anche perché la presidente della Commissione ha l’impostazione della "economia sociale di mercato" che ebbe come capostipite Wilhelm Röpke. Un grande economista politico tedesco che con Einaudi ebbe dialoghi costanti e costruttivi finalizzati alla "identità della Democrazia europea".

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Von der Leyen e Draghi, oltre il Rapporto per rianimare l'Europa

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14.01.2024

L'Unione europea si trova in uno stato difficile, o meglio di crescente disordine, alle soglie delle elezioni europee. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, scialba personalità, si candiderà al Parlamento europeo e quindi, se eletto, dovrà dimettersi dalla Presidenza entro la metà di luglio. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che certamente punta al rinnovo, naviga a vista per non farsi nemici, ma guarda a mio avviso anche lontano, come fece già in occasione del Next Generation EU, ora in difficoltà. In questa situazione l’accentuarsi della presenza di Mario Draghi, impegnato da settembre a elaborare un “Rapporto sul futuro della Competitività europea”, è una buona notizia.

Certo questo non basta a riconfigurare la politica europea in vista delle elezioni europee di giugno, con riferimento alle quali si combinano interessi di partiti politici europei con quelli dei singoli paesi. Infatti la situazione internazionale è crescentemente preoccupante e l'Ue la affronta senza una governance incisiva.

Von der Leyen e Draghi, oltre il Rapporto

Un buona notizia, come dicevo, è l’impegno di Draghi che per elaborare il Rapporto Competitività nei giorni scorsi ha incontrato prima una rappresentanza delle grandi industrie europee e poi la Commissione europea. Ciò dimostra la lungimiranza di Von der Leyen, quando in settembre, nella solennità del Parlamento europeo, pronunciando il Discorso sullo Stato dell’Unione, annunciò il conferimento a Draghi dell’incarico per preparare il "Rapporto sul futuro delle Competitività europea”. L’annuncio fu unito a espressioni di stima verso Draghi che andavano ben al di là della necessaria motivazione per l’incarico. Molti sottovalutano questo incarico, dimenticando che nella storia dell'Ue è da iniziative di questo tipo che sono originate innovazioni importanti. Cosa che sa bene Draghi, che ha accettato non per avere un “incarico”, ma perché è un europeista convinto, competente sia delle Istituzioni che dell’economia monetaria e reale.

Delors e Draghi, progettare per concretizzare

Il 26 marzo del 2020 scrissi su queste colonne un articolo spiegando che “Non serve un Piano Marshall, ma un Piano Delors/Draghi". Allora in molti citavano il Piano Marshall, che fu attuato dagli Usa per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Altri adesso prefigurano il Piano Mattei per lo sviluppo dell’Africa da parte dell’Italia e dell'Europa. Tutte citazioni fuorvianti rispetto al futuro della costruzione europea. Ben diverso è rifarsi a "Jacques Delors, "catechista" d’Europa": questo titolo un po' criptico, dato a un mio articolo del 5 gennaio, è spiegato nella sintesi del sottotitolo: "Il suo paradigma dovrebbe essere studiato sia da chi adesso “governa” la Ue e l’Eurozona, sia da chi ha ruoli politici negli Stati Ue; ebbe ideali forti, con capacità progettuali e con il coraggio della concretezza". Un paradigma che applicherei a Draghi per la sua presidenza della Bce, ma anche per la successiva progettualità europea nei suoi interventi a cominciare dal discorso di congedo dalla Banca centrale europea nell’ottobre del 2019, poi come presidente del Consiglio della nostra Repubblica, infine in varie dichiarazioni pubbliche. Mai enfatiche, sempre concrete, così come confermano adesso due episodi conseguenti all’incarico datogli dalla presidente von der Leyen.

Draghi: "Oggi incontro con l'industria, sono qui per ascoltare"

Industrie europee

Nei giorni scorsi Draghi ha incontrato a Milano e poi a Bruxelles i vertici dei maggiori gruppi industriali europei - e in particolare quelli aggregati nella European Round Table of Industry (ERT) che si stima fatturino 2.000 miliardi all’anno. Malgrado la riservatezza degli incontri, con riferimento ai quali Draghi ha precisato che la sua presenza fosse quella di ascoltatore, è intuibile (e anche noto) che il tema sia stato quello dell’ammodernamento del contesto normativo europeo per spingere l’innovazione e gli investimenti per affrontare le sfide competitive globali nelle quali Usa e Cina stanno staccando la Ue. Due superpotenze........

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