Pensiamo di sapere tutto, o molto, sulla nascita di Roma. Ne abbiamo sentito parlare almeno tre volte a scuola, abbiamo letto i racconti degli storici e degli archeologi, l’abbiamo vista romanzata nella letteratura o nei film. Se siamo appassionati del tema, insomma, abbiamo a disposizione un materiale sterminato. Materiale a cui ora possiamo aggiungere un tassello. A ripercorrere la nascita dell’Urbe è Umberto Vincenti nel suo ultimo libro I primi Romani. La Roma senza città (Rogas Edizioni, 2023), che segue idealmente il precedente Il Palatino e il segreto del potere.

Nel volume, costruito come una sorta di “puzzle” in cui il lettore può scegliere un capitolo dal quale partire per poi aggiungere gli altri “pezzi”, l’autore si focalizza, con i pochi dati a disposizione e navigando fra miti, storiografia e scoperte archeologiche accumulate nei secoli, soprattutto sulla cultura e sui caratteri antropologici dei popoli che avrebbero presto costituito Roma. I primi Romani ci racconta di popoli guerrieri, agricoltori, pastori. Popoli che vivevano in capanne in cui vigeva una struttura familiare estremamente “patriarcale”, con il maschio anziano che godeva della proprietà sulle cose e sui figli, per non parlare delle mogli. Popoli, forse, non così “accoglienti” verso gli stranieri, come pure una certa storiografia oggi vorrebbe. Popoli, i Romani prima dei Romani, che non mancavano di suggestioni quasi “cabalistiche”. Quella del numero sette, ad esempio. Sette, come i colli, suggestivamente a specchio delle Pleiadi, eppure le alture romane erano (sono) di più. Sette, come i re che abbiamo imparato a conoscere a scuola, eppure furono, probabilmente, di più.

“Potremmo pensare”, ci dice Vincenti nella premessa, “a una lega progressivamente irrobustitasi ed estesasi ad assorbire i poteri locali e i reges dei montes fino a pervenire alla Città organica e al rex unico. La Roma degli esordi sarebbe così stata un’unione di uomini portatori di caratteri antropologici idonei a una grande impresa”. Un’impresa che ha superato Roma stessa, e con la sua cultura è arrivata fino a noi. D’altronde, se il periodo dell’Impero romano è oggi ancora dilagante nell’immaginario occidentale (come ci confermano i luoghi “per eccellenza” della contemporaneità, e cioè i social network), e se questa incessante attenzione attira la curiosità di storici, studiosi, divulgatori, è nei popoli che parteciparono alla fondazione di Roma che l’impero affonda le sue radici. Questo libro è un’occasione per conoscerli meglio.

Aldo Cazzullo: "L'Impero romano non cadrà mai. La sua eredità è in Musk e Zuckerberg, Star Wars e Star Trek"

di Adalgisa Marrocco

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Pensiamo di sapere tutto, o molto, sulla nascita di Roma. Ne abbiamo sentito parlare almeno tre volte a scuola, abbiamo letto i racconti degli storici e degli archeologi, l’abbiamo vista romanzata nella letteratura o nei film. Se siamo appassionati del tema, insomma, abbiamo a disposizione un materiale sterminato. Materiale a cui ora possiamo aggiungere un tassello. A ripercorrere la nascita dell’Urbe è Umberto Vincenti nel suo ultimo libro I primi Romani. La Roma senza città (Rogas Edizioni, 2023), che segue idealmente il precedente Il Palatino e il segreto del potere.

Nel volume, costruito come una sorta di “puzzle” in cui il lettore può scegliere un capitolo dal quale partire per poi aggiungere gli altri “pezzi”, l’autore si focalizza, con i pochi dati a disposizione e navigando fra miti, storiografia e scoperte archeologiche accumulate nei secoli, soprattutto sulla cultura e sui caratteri antropologici dei popoli che avrebbero presto costituito Roma. I primi Romani ci racconta di popoli guerrieri, agricoltori, pastori. Popoli che vivevano in capanne in cui vigeva una struttura familiare estremamente “patriarcale”, con il maschio anziano che godeva della proprietà sulle cose e sui figli, per non parlare delle mogli. Popoli, forse, non così “accoglienti” verso gli stranieri, come pure una certa storiografia oggi vorrebbe. Popoli, i Romani prima dei Romani, che non mancavano di suggestioni quasi “cabalistiche”. Quella del numero sette, ad esempio. Sette, come i colli, suggestivamente a specchio delle Pleiadi, eppure le alture romane erano (sono) di più. Sette, come i re che abbiamo imparato a conoscere a scuola, eppure furono, probabilmente, di più.

“Potremmo pensare”, ci dice Vincenti nella premessa, “a una lega progressivamente irrobustitasi ed estesasi ad assorbire i poteri locali e i reges dei montes fino a pervenire alla Città organica e al rex unico. La Roma degli esordi sarebbe così stata un’unione di uomini portatori di caratteri antropologici idonei a una grande impresa”. Un’impresa che ha superato Roma stessa, e con la sua cultura è arrivata fino a noi. D’altronde, se il periodo dell’Impero romano è oggi ancora dilagante nell’immaginario occidentale (come ci confermano i luoghi “per eccellenza” della contemporaneità, e cioè i social network), e se questa incessante attenzione attira la curiosità di storici, studiosi, divulgatori, è nei popoli che parteciparono alla fondazione di Roma che l’impero affonda le sue radici. Questo libro è un’occasione per conoscerli meglio.

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I Romani prima dei Romani

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11.12.2023

Pensiamo di sapere tutto, o molto, sulla nascita di Roma. Ne abbiamo sentito parlare almeno tre volte a scuola, abbiamo letto i racconti degli storici e degli archeologi, l’abbiamo vista romanzata nella letteratura o nei film. Se siamo appassionati del tema, insomma, abbiamo a disposizione un materiale sterminato. Materiale a cui ora possiamo aggiungere un tassello. A ripercorrere la nascita dell’Urbe è Umberto Vincenti nel suo ultimo libro I primi Romani. La Roma senza città (Rogas Edizioni, 2023), che segue idealmente il precedente Il Palatino e il segreto del potere.

Nel volume, costruito come una sorta di “puzzle” in cui il lettore può scegliere un capitolo dal quale partire per poi aggiungere gli altri “pezzi”, l’autore si focalizza, con i pochi dati a disposizione e navigando fra miti, storiografia e scoperte archeologiche accumulate nei secoli, soprattutto sulla cultura e sui caratteri antropologici dei popoli che avrebbero presto costituito Roma. I primi Romani ci racconta di popoli guerrieri, agricoltori, pastori. Popoli che vivevano in capanne in cui vigeva una struttura familiare estremamente “patriarcale”, con il maschio anziano che godeva della proprietà sulle cose e sui figli, per non parlare delle mogli. Popoli, forse, non così “accoglienti” verso gli stranieri, come pure una certa storiografia oggi........

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