Viste dal drone, le immagini in bianco e nero sembrano quelle di un formicaio. Un formicaio impazzito su grosse briciole cadute all’improvviso, dopo una lunga carestia. Sì, i puntini neri che corrono e scappano e tornano, nell’imperturbabile sguardo del drone, proprio come formiche. Guardate come si ammassano attorno alle briciole, ai Tir carichi di viveri, come ci si arrampicano sopra o addirittura ci si piazzano davanti, a bloccarli. I Tir rallentano, si fermano, riprendono ad avanzare, qualche puntino viene trascinato o schiacciato. Ma ecco altri Tir, le formiche corrono e si accalcano di nuovo, li sommergono. La folla schiaccia, calpesta. Forse per dei colpi esplosi – in aria, o a altezza d’uomo? – i puntini si disperdono, ma subito tornano a arrampicarsi sui Tir. La disperazione della carestia a Gaza non è controllabile. E dal cielo il drone registra un’umanità ridotta a formiche pazze di fame. 110 morti, alla fine.

Ansa

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Quelle immagini ti restano negli occhi. Lo sciame di puntini neri ti ricorda, che cosa? La memoria, anarchica, per i suoi sentieri riporta a un giorno in montagna, da bambina. Stavo ore in ginocchio ad osservare le formiche che avevano un nido in cortile, sotto a un gradino. Mi meravigliava come non si fermavano mai, fino al tramonto, e come si consorziavano, solidali, per portare una briciola pesante. Ammiravo la misteriosa sapienza delle formiche.

D’improvviso quel giorno arrivò un ragazzino, che con una violenta pedata, ridendo, le schiacciò. Io, furiosa: “Ma perché?”. Il bambino: “Che te ne importa? Sono così piccole...” Avrei voluto picchiarlo, ma le bambine, mi avevano insegnato, non fanno a botte.

Rivedo l’impronta della scarpa sulla terra, le formiche moribonde. Una gran pena. (Piccole? In rapporto alle stelle, direi ora a quel ragazzo, la differenza fra le nostre dimensioni e quelle delle formiche è un nulla).

Dalle stanze segrete della memoria quel ricordo, come uno schiaffo. Il popolo di Gaza sul web è quasi identico a quel corteo calpestato da una pedata. Uomini come formiche. Nelle foto invece li vedi, sono padri e madri che hanno a casa figli alla fame. Si sono portati carretti tirati da scheletrici somari, perché è passata la voce, arrivano gli aiuti. E quando vedono i Tir capiscono che non ci sarà alcuna distribuzione, che solo i più forti porteranno a casa qualcosa. Nel tanfo dei diesel i grandi pneumatici girano ancora, ma già qualcuno ci si arrampica, qualcuno cade, altri gli passano sopra. Si buttano sul muso del gigante d’acciaio, per fermarlo. La fame acceca, la lotta per la sopravvivenza non ragiona. Perché, mi chiedo, quei Tir non erano fin dall’ingresso a Gaza scortati dall’esercito israeliano, per garantire una distribuzione pacifica?

110 morti. Nel parapiglia, dice Israele, i colpi solo sparati in aria. Dei testimoni smentiscono: spari ad altezza d’uomo. E il mondo, dagli Usa all’Italia, chiede spiegazioni a Israele.

Ciò che atterrisce di quel video è l’affannato correre, scappare, tornare, arrampicarsi dei puntini neri. Ciò che atterrisce è che quegli uomini sembrano un miserabile sciame di insetti.

Uomini e no, si domandava Primo Levi, scampato all’Olocausto. Anno 2024, uomini e formiche: oggi però le vittime sono palestinesi, e ad annientare Gaza sono gli israeliani, i discendenti degli ebrei scampati. Che le vittime si facciano aggressori, ci sconvolge. Sentite però cosa scriveva ad un amico nel 1943 l’ebrea Etty Hillesum, dal campo di raccolta di Westerbork, in Olanda: “Prendi quel nostro assistente. Lo vedo spesso nei miei pensieri. Mi colpisce il suo collo diritto e rigido. Odia i nostri persecutori con un odio che suppongo sia giustificato. Ma anche lui è un uomo crudele. Sarebbe perfetto come capo del campo”. La lucidità della giovanissima Etty Hillesum: tutti siamo capaci del male.

Il male che è stato perpetrato da Hamas il 7 ottobre scorso nei kibbutz è stato, occorre ricordarlo dentro a una strana amnesia, un male fuori dall’ordinario. Donne incinte sventrate, donne violentate e uccise, bambini bruciati. Non un qualunque male, ma “il” Male: contro gli ebrei, di nuovo.

La reazione viscerale e rabbiosa di Israele mi era comprensibile. Cinque mesi e trentamila morti dopo, però, la vendetta non può continuare. Che i vinti non siano ridotti a formiche, che i vincitori tornino uomini. (Uomini, che conoscono la pietà.)

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Carestia e disperazione A Gaza uomini come formiche

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01.03.2024

Viste dal drone, le immagini in bianco e nero sembrano quelle di un formicaio. Un formicaio impazzito su grosse briciole cadute all’improvviso, dopo una lunga carestia. Sì, i puntini neri che corrono e scappano e tornano, nell’imperturbabile sguardo del drone, proprio come formiche. Guardate come si ammassano attorno alle briciole, ai Tir carichi di viveri, come ci si arrampicano sopra o addirittura ci si piazzano davanti, a bloccarli. I Tir rallentano, si fermano, riprendono ad avanzare, qualche puntino viene trascinato o schiacciato. Ma ecco altri Tir, le formiche corrono e si accalcano di nuovo, li sommergono. La folla schiaccia, calpesta. Forse per dei colpi esplosi – in aria, o a altezza d’uomo? – i puntini si disperdono, ma subito tornano a arrampicarsi sui Tir. La disperazione della carestia a Gaza non è controllabile. E dal cielo il drone registra un’umanità ridotta a formiche pazze di fame. 110 morti, alla fine.

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Quelle immagini ti restano negli occhi. Lo sciame di puntini neri ti ricorda, che cosa? La memoria, anarchica, per i suoi sentieri riporta a un giorno in........

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